Lo stigma della “ragazza madre”. Ma in Islanda le madri single sono la normalità
Simone De Beauvoir: ” il matrimonio è il destino imposto per tradizione alla donna dalla società. Con il matrimonio la donna prende il suo nome (dell’uomo/marito) è associata al suo culto, integrata alla sua classe......
Lunedi, 19/08/2019 - Di DALE ZACCARIA
giornalista associata alla G.N.S. Press
Tessera stampa internazionale
Ufficio Stampa Associazione Federico nel cuore
www.federiconelcuore.com
CONSIDERAZIONI E PREMESSE
Marchiate fin dalla nascita, le donne, senza altre possibilità di scelta, si trovano a perpetuare il patriarcato attraverso il cognome maschile dei padri. Tutte, nessuna esclusa, nascono e vivono con il titolo imposto dall’etero-patriarcato. Le meno libere, le piu’ condizionate, tendono ad acquisire il doppio titolo del padre-marito. La loro identità non solo anagrafica, ma anche culturale e sociale, si rafforza nel doppio cognome, annullando completamente qualsiasi sviluppo di sé in quanto essere femminile, l’unica autodeterminazione possibile si realizza attraverso il potere maschile paterno e coniugale. Mantenendo anche solo l’appellativo dovuto all’unione coniugale come dice Simone De Beauvoir, già nel matrimonio stesso "la donna diventa una vassalla.”
Leggiamo ne Il secondo sesso: ” il matrimonio è il destino imposto per tradizione alla donna dalla società. Con il matrimonio la donna prende il suo nome ( dell’uomo/marito) è associata al suo culto, integrata alla sua classe, al suo ambiente, appartiene alla sua famiglia, diventa la sua “metà”. Con il matrimonio la donna diventa sua vassalla.”
Il cognome imposto dal patriarcato alle donne, le relega sin dalla nascita, a un compito doveroso, sono portatrici inconsapevoli e già scelte, del continuum patriarcale. Nulla può valere la scelta di un doppio cognome, ovvero quello materno, perché la linea materna, matriarcale è stata soppiantata da secoli, millenni, annullata, cancellata, dal Dio-Padre.
Le donne non solo acquisiscono senza scelta tutti i valori e le imposizioni patriarcali sin dalla nascita, ma anche il loro destino è già tracciato da tutti i vantaggi o svantaggi sociali propri delle famiglie in cui nascono, è il potere del Pater che influenzerà nel bene o nel male la vita delle figlie femmine. Essere figlia di un operaio o di un uomo facoltoso e di prestigio determina due sorti diverse.
Le regole e le imposizioni maschili sono state pensate senza poter dare via di fuga alle donne. Dal cognome paterno, a quello coniugale, al matrimonio, alla maternità, la donna, il femminile, non potrà mai realizzarsi autonomamente e in maniera indipendente, ma soltanto attraverso la relazione con il maschile. E’ l’uomo, il maschio che crea e detta le leggi, da sempre, il corpus femminile non può che eseguirle e con più o meno consapevolezza perpetuarle.
Per quanto le società contemporanee si mescolino di nuove libertà, l’emancipazione vera della donna almeno in Italia è una strada ancora tutta da costruire e da percorrere. Paese culturalmente arretrato e vecchio, è la donna stessa poco consapevole, della propria identità, come dello spazio che deve ancora conquistare per autodeterminarsi in maniera libera e indipendente.
Relegata e subalterna al maschile, si ritrova anche da un punto di vista politico a invischiarsi in ruoli di potere concessi non in qualità di Regina ma di ancella, sempre la Beauvoir” Non so bene cosa faranno le donne elette negli organi istituzionali se non essere delle donne-alibi, anche lì.” Lavorativamente mai a capo, ma braccio scelto dal datore di turno, sia esso un uomo pubblico, di successo, sia esso l’uomo comune. La subalternità delle donne in Italia è così evidente e palese, che le guerre intestine tra donne , sono il risultato forte di quanta incoscienza e inconsapevolezza e anche stupidità regni tra loro. Pronte ad annientare l’altra, ma mai pronte a unirsi in maniera determinata per cambiare il proprio stato di podestà al masculum potentia.
Ovviamente qualsiasi cambio culturale non può che passare da una presa di coscienza. E in Italia ciò che manca oltre ad un’ unione compatta femminile è proprio la presa di coscienza collettiva delle donne. Corrose anche da quella modernità liquida individualista e capitalista. Tenendo conto che il capitalismo non è che un’ evoluzione distruttiva e coloniale del patriarcato. Perché è sempre questo Potere a dettare le leggi del mercato, come a regolare e a modellare i corpi e le scelte delle donne.
Ma se in Italia viviamo in un sistema così arretrato, poco più a nord, in Islanda, è la legge delle donne che conquista parità e libertà. Dalla parità di genere, a quella lavorativa e politica, l’Islanda non è solo l’isola delle Signore o una delle poche realtà felici femministe, è anche il paese dove essere una ragazza madre o una donna single con figli è la normalità. “ Un segno di questo egualitarismo è l’atteggiamento islandese verso la maternità, sostenuta da ampi aiuti statali, come nove mesi di congedo retribuito (sia per le donne sia per gli uomini), e da scuole a prezzi accessibili. Forse anche per questo l’Islanda registra il più alto tasso di nascite fuori dal matrimonio al mondo: i due terzi dei bambini nascono da donne non sposate.“ (1)
LO STIGMA DELLA RAGAZZA MADRE
Lo stigma della “ragazza madre” proprio dei paesi meno sviluppati come l’Italia e oggi ancora presente in molte altre Nazioni, pensiamo solo alla Tunisia è un chiaro dispositivo patriarcale. E’ il rifiuto dell’uomo che determina lo scarto sociale della donna e della madre. E’ il mancato riconoscimento dell’Istituzione maschile che la marchia. E in questo le donne si sentono chiare vittime rifiutate, perché anche la loro maternità deve passare dal riconoscimento maschile. Oggi in Italia da esperienza diretta ho sentito giovani donne dire “ io un figlio senza un uomo non lo faccio” ed è qui che a mio parere il nostro Paese si palesa in tutta la sua arretratezza culturale e sociale, ed è qui a mio parere che la donna italiana è molto piu’ corresponsabile della sua situazione in quanto ancora troppo immatura, poco libera e consapevole. Già Simone de Beauvoir nel Secondo Sesso diceva “ una donna già matura e indipendente può volere un figlio che appartenga solo a lei. Mentre la donna infantile e timida avrà il bisogno urgente di avere un appoggio maschile.”
La ragazza-madre agli occhi della società è stata sempre considerata con vergogna, come i figli nati fuori dal matrimonio, perché è proprio il matrimonio l’ Istituzione massima del patriarcato, che legittima qualsiasi autorità dell’uomo-marito sulla donna. Il suo rifiuto, il rifiuto di non riconoscere il figlio o di non sposarla, la porta ad essere un’emarginata, declassata dal ruolo di moglie-schiava-suddita, a quella di scarto sociale e culturale.
Oggi le donne single in Cina che hanno figli da non sposate vengono multate, e non possono godere dell’assicurazione riproduttiva pagata dallo Stato. In Tunisia solo agli uomini spetta la potestà sui figli, e tenere un figlio fuori dal matrimonio per molte donne tunisine equivale ad essere ripudiate e cacciate di casa. (2) In Marocco le donne che decidono di tenere un figlio concepito fuori dal matrimonio possono scontare anche fino a un anno di prigione.(3)
L’ISLANDA: l’ISOLA DEI DIRITTI DELLE DONNE
L’Islanda ribalta la situazione di tanti Paesi, spazzando via ogni stigma e tabù: ” è la Nazione con il più alto tasso di madri single al mondo: quasi due terzi dei bambini nascono da mamme senza un compagno. La prevalenza e l’accettazione della monogenitorialità, unita a una solida rete di sicurezza sociale e ai benefici collegati, possono spiegare perché in Islanda, diversamente da quanto accade in altri Paesi, le madri single godono possono contare su maggiore supporto e indipendenza nel cercare la soddisfazione personale, professionale o nel proseguire gli studi.” (4)
Cio’ che rende l’Islanda un paese così femminista e avanzato è la forza, la determinazione, la consapevolezza delle donne stesse: le donne hanno diritti sul proprio corpo e la propria immagine, l’aborto è legale , gli strip club sono proibiti, gli abusi sulle donne vengono severamente puniti, i casi di violenza domestica quasi sempre denunciati, è reato pagare di meno le donne rispetto agli uomini, la donna in Islanda può decidere di essere una madre single, crescere un figlio senza un compagno, sposarsi con un’ altra donna e adottare figli, vivere una relazione perfettamente senza questa usanza del matrimonio, essere semplicemente se stessa, libera, in tutte le forme e i modi che meglio la definiscono. L’Islanda riconosce anche un terzo genere la “X” transgender, lasciando liberi i futuri cittadini di domani di definirsi sessualmente e come identità come meglio loro sentono. Senza che i genitori dalla nascita definiscano il bambino maschio o la bambina femmina attraverso un imposizione binaria etero-patriarcale.
L’ARRETRATEZZA CULTURALE E SOCIALE ITALIANA
In Italia, al contrario, essere una madre single equivale a vivere nell’assistenzialismo e anche se dal 1983 il numero di madri sole con figli è raddoppiato, secondo i dati Istat molte sono a rischio povertà.
Il numero maggiore di ragazze-madri le troviamo al Sud-Italia in testa la Sicilia, seguita da Puglia e Campania, molte di queste madri sono giovani adolescenti tra i 15 e i 19 anni.
” Per anni avere un figlio in età pre-matrimoniale è stato considerato uno scandalo. La maggior parte dei genitori ripudiavano le figlie incinte che, con o senza fidanzato, erano oggetti di maldicenze paesane e venivano comunemente chiamate “ragazze madri”. Per tutta la vita pagavano a caro prezzo l’essere diventate madri nel momento sbagliato e con il tempo le colpe ricadevano anche sui figli, considerati illegittimi.”(5)
Rispetto all’Islanda i diritti delle donne in Italia, quelli conquistati, come la legge sull’aborto sono sempre a rischio. I medici obiettori sono più del 65%. La disparità di genere colloca l’Italia tra gli ultimi paesi Europei e all’82° posto su scala mondiale. Meno pagate, ma più istruite le donne italiane rischiano licenziamenti a causa della maternità, questo è un dato emerso anche dallo sportello di ascolto della Cisl. Essere una madre single o separata, non rende migliore la vita alle donne italiane, a rischio povertà secondo i dati Istat non sono solo le ragazze madri, ma anche le tante donne che decidono di separarsi. Se l’Islanda ha avuto una passata Primo Ministro donna e omosessuale, Jóhanna Sigurðardóttir, e oggi una giovane donna ambientalista, Katrín Jakobsdóttir, nessuna donna in Italia dalla nascita della Repubblica ad oggi ha ricoperto il ruolo di Premier, meno che mai di Presidente della Repubblica. Se le donne omosessuali in Italia vivono costantemente nell’invisibilità, accontentandosi di Unioni Civili, ma non avendo né il matrimonio egualitario né la possibilità di adottare bambini, l’Islanda consente sia il matrimonio che l’adozione, e si colloca tra i paesi più gayfriendly al mondo, dove l’omosessualità è libera ed accettata mentre l’Italia si colloca solo al 26° posto tra la Namibia e il Brasile. La violenza sulle donne non è severamente punita come nell’isola nordica, come possiamo leggere continuamente dai moltissimi casi di cronaca, gli aguzzini si trovano spesso a scontare pochi anni di pena o agli arresti domiciliari per stupri. Le violenze domestiche non vengono così spesso denunciate, 8 donne su 10 preferiscono tacere. Ma l’Islanda è un Paese anche con un tasso bassissimo di criminalità e che non possiede un esercito. E se i locali di strip che mercificano la donna sono vietati, in Italia ne abbiamo di tutti gusti e colori. E per finire con la musica, come rap/trap che qui in Italia annovera cantanti con testi fortemente sessisti e violenti, in Islanda, la bravissima Bijork attacca i giornalisti con una lettera postata sul suo profilo facebook, tacciandoli di sessismo, e di prendere in considerazione la musica attraverso stereotipi di genere. Concludendo questo piccolo excursus, non può che mancare un’altra piccola considerazione. L’Islanda non è solo l’Isola dei diritti delle donne come citato sopra, è anche uno dei Paesi più meritocratici con a capo la Finlandia seguita dalla Danimarca, mentre l’Italia anche qui si colloca all’ultimo posto. E se l’Italia è già fortemente maschilista, patriarcale, pensiamo solo che l’essere così poco meritocratica in un mondo dove il Potere è esclusiva maschile, non può che discriminare doppiamente la donna, che farà ancora più fatica rispetto agli uomini in tutti gli ambiti e settori, a meno che sia essa stessa avvantaggiata o raccomandata da qualche spinta di
masculum potentia, ma come detto per la politica, mai Regina, se non ancella, o fedele collaboratrice oppressa perché citando sempre la Simone De Beauvoir: “l’oppressore non sarebbe così potente se non trovasse fedeli collaboratrici tra le oppresse.”
Conclusioni
Credo che sia molto piu’ urgente in Italia parlare alle donne, renderle piu’ libere e consapevoli. Il cambio culturale non può che passare per loro. Ma senza libertà, coraggio e assoluta consapevolezza, il femminile resterà, come lo è ormai da secoli, una costola del patriarcato, e le donne e le madri non potranno che continuare a perpetuare le leggi dell’etero-patriarcato con le loro norme, vincoli, e mancate libertà. Il cambio culturale passa per il femminile. Ma in Italia c’è tantissimo lavoro che le donne devono fare, ancor prima di contrastare la violenza e il potere maschile, su loro stesse.
(1) Essere Madre in Islanda articolo di Internazionale
(2) Essere ragazza madre in Tunisia: tra condanna sociale ed emarginazione – opiniojuris
(3) Marocco: se sei una ragazza madre vai in prigione – giornalettismo
(4) Dove la madre single non è tabù – pagina99
(5) Ragazze madri, boom nel Sud Italia – quimamme
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