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Bread and Roses: presentato a Cannes un documentario sulla lotta delle donne afghane

Bread and Roses: presentato a Cannes un documentario sulla lotta delle donne afghane

La regista Sahra Mani segue un gruppo di attiviste pronte a tutto per i diritti delle donne, che organizzano azioni di protesta per chiedere ‘lavoro’, ‘salario’, ‘libertà’

Martedi, 23/05/2023 - Sul palco della sala Agnès Varda, alla presentazione del documentario ‘Bread and Roses’ - il titolo è parafrasato dall’omonimo film di Ken Loach - selezionato al 76° Festival di Cannes come Proiezione Speciale e dedicato alla lotta di un gruppo di coraggiose attiviste afghane che lavorano nell’ombra, soprattutto a Kabul, contro i talebani, per far sì che le donne possano tornare a lavorare ed a riacquisire i propri diritti, sale una delle protagoniste del docu-film, una dentista di professione che ha dovuto chiudere il suo studio e che è stata imprigionata e torturata.

“Non ci si rende conto nei vostri Paesi di cosa succeda in Afghanistan alle donne - racconta la testimone e protagonista del film – è troppo lontano da voi, vi sembrerà impossibile, ma vi preghiamo di non dimenticare la nostra battaglia e di tenere viva la nostra storia, in nome di tutte le donne che lottano per riconquistare i diritti, o che sono in prigione o scomparse”. Aggiunge la regista, Sarah Mani: “Siamo venute a qui a presentare un film a Cannes, provenienti dal Paese in cui è vietato fare film, a donne e uomini, e questo è un paradosso. Ciò che conta è che il film possa circolare, per mantenere viva la nostra lotta e per non farci sentire sole: il film è dedicato a tutte le donne afghane”.

Già nel 2018, Sahra Mani nel suo ‘A Thousand Girls Like Me’ aveva documentato la storia di una giovane donna afgana vittima di incesto nella sua ricerca di giustizia. In ‘Bread and Roses’, la regista afghana fa luce su come le donne di Kabul si sono viste strappare, a poco a poco, dopo l’arrivo dei talebani nel 2021, i propri diritti.

Si tratta davvero di una proiezione speciale, che conduce lo spettatore nelle profondità dell'abisso della vita sotto i talebani, in particolare per le donne, aprendo una finestra sul disastro provocato, a livello di diritti ma anche di sussistenza economica (le donne non percepiscono più un salario). Il film segue tre donne, in tempo reale, che lottano per recuperare la propria autonomia. La regista cattura lo spirito e la resilienza delle donne afghane attraverso una rappresentazione cruda e intima della loro straziante situazione.

“Non è stato un film facile da realizzare - racconta la regista - Ora che le donne non possono più uscire di casa senza il velo, ho pensato che dovevo raccontare le loro storie, le storie di donne straordinarie che vivono sotto il dominio teocratico dei talebani. La sicurezza della troupe cinematografica e delle persone che abbiamo filmato era la nostra priorità. Il pericolo era ovunque e purtroppo ci sono stati alcuni arresti. Le protagoniste sono tre donne moderne che vivono in una comunità dove non possono tornare a lavorare o studiare. Se vogliamo costruire un futuro in Afghanistan, avremo bisogno di donne istruite in grado di sfruttare i propri talenti per una società migliore. Il modo in cui le loro vite sono cambiate sotto i talebani è per noi una realtà quotidiana, è la vita sotto una dittatura, una realtà crudele che non possiamo ignorare.”

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