Reportage da Londra - Vivere in barca a Londra, tra moda e necessità. Una scelta obbligata se non si è milionari e si vuole comprare casa
Emanuela Irace Lunedi, 31/08/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2015
Una città nella città, oltre duemila miglia di canali navigabili tra Inghilterra e Galles. Un reticolato di corsi d’acqua che mappano il territorio come arterie e vene. In cinque anni il sistema fluviale britannico ha più che raddoppiato la propria densità abitativa. L’antica rete viaria per trasportare uomini e merci - nata con la rivoluzione industriale e potenziata in epoca vittoriana - si è rapidamente trasformata nell’ultima frontiera possibile per far fronte all’emergenza abitativa. Dalla City londinese a Paddinghton, da Gloucester docks a Birmingham canal, i bacini fluviali del Regno unito sono diventati eleganti aree residenziali alla portata di tutti, o quasi.
A Little Venice, centro di Londra, il colpo d’occhio è da cartone animato. Immerse nella natura tra papere e gabbiani scivolano coloratissime sui canali, sono le case dei boats-peaple. Velocità di crociera poco più di una camminata a passo svelto. Strette e lunghe come chiatte costano tra le 70.000 e le 100.000 sterline ma c’è anche un ricco mercato dell’usato. Se fino a ieri vivere in barca era una scelta oggi è diventata una necessità per chi ha pochi soldi e vuole vivere al centro.
Un fenomeno cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi cinque anni. L’impennata dei prezzi delle case ha spostato la domanda abitativa sull’uso quasi stanziale della navigazione. La legge infatti prevede che a fronte di una licenza non si possa sostare per più di due settimane nello stesso attracco. Basta spostarsi per una ventina di km e poi ritornare da dove si era partiti. Oppure mollare gli ormeggi ogni 14 giorni. Una vita itinerante col vantaggio di svegliarsi la mattina sempre con un panorama diverso. “Vivo in barca da sei anni e non è soltanto una questione economica. Sono libera di scegliere dove voglio vivere. Non avrei mai potuto vedere Londra in quartieri eleganti così come faccio oggi con la mia barca”. Lana Joinson ha 48 anni. Insegna in una scuola del centro e mi invita a entrare nella sua casa, insieme percorriamo un tratto di canale. “Ogni due tre settimane bisogna riempire le cisterne per l’acqua, serve per la doccia, cucinare e altre piccole necessità. I vestiti li porto in lavanderia. Adesso devo andare al molo per svuotare i liquami. Si fa tutto manualmente e non è certo divertente ma non cambierei mai la mia vita, in un appartamento mi sentirei subito vecchia”. La Canal & River Trust è la società che si occupa di fornire licenze e gestire i servizi a Little Venice. Terry Prestone e Kevin Welfare lavorano come volontari: “a Londra e in tutta la Gran Bretagna ci sono diverse compagnie e diversi tipi di licenze. Si possono comprare o affittare barche anche solo per una festa. Qui hanno girato diversi film. Le barche si chiamano narrowboats perché come vedi sono strette e lunghe, a bordo hanno generatore a batterie per l’elettricità, bagno e doccia ma le pompe per l’approvvigionamento e altri servizi li diamo noi qui in banchina”.
Complessivamente nei canali di Londra ci sono all’incirca 3000 barche. Una città nella città. Con i suoi riti e la sua accoglienza. “Tra di noi diamo tutti una mano, dice Leo, Non c’è bisogno che qualcuno chieda, se vediamo che c’è un problema perché magari si è incastrata la cima o si è rotto qualcosa anche se in quel momento non c’è il proprietario chi se ne accorge se ne occupa. Io vivo in barca da quasi un anno”. Leo Simmonds ha 38 anni e lavora in un wine bar. ”Mi è costata 18.750 sterline, l’ho comprata usata, mediamente spendo 100 sterline al mese, escluso il cibo. Non potrei permettermi una soluzione abitativa diversa. I problemi nascono quando si rompe qualcosa, i pezzi di ricambio del generatore costano. Questa vita mi piace, ma voi italiani non vivete in barca? ho visto un reportage in tv su Venezia e mi aspettavo di vedere tante barche nei canali e invece niente, perché?”.
Sorrido, pensando che dopotutto in Italia i prezzi delle case non sono proibitivi come a Londra, e poi c’è la questione del carattere, inventarsi una vita autonoma e un po’ nomade, fuori dagli schemi non è certo facile in un paese centrato sulla famiglia. Lo sa bene Sandra Reddin, bellissima 57enne mollata dal compagno dopo 30 di convivenza, due figli ormai grandi. “Il mio ex compagno è project manager in una multinazionale petrolifera. Abbiamo girato il mondo. Grandi alberghi e grandi case. Mi sono sempre occupata di lui, dei rapporti sociali e della famiglia. Non ho mai pensato a costruirmi una carriera. Quando mi ha lasciata due anni fa non ho potuto far altro che comprarmi questa barca, 80.000 sterline, di più non ne avevo. Ho impiegato un anno ad abituarmi a questa vita. È durissima e non mi piace. Ma posso esplorare i canali e ho molto tempo libero. I miei figli abitano a Londra e così posso vederli. E poi mi sono inventata un lavoro, faccio la fotografa, la natura vista dai fiumi è strepitosa, vieni su che ti offro una birra”.
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