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Bianco, rosso, verde e rosa: Le Garibaldine

Bianco, rosso, verde e rosa: Le Garibaldine

Audaci, generose, risolute...e invisibili. Donne del Risorgimento.

Giovedi, 17/03/2011 - La punta avanzata delle patriote è costituita dalle "garibaldine", spesso coinvolte nella lotta politica per amore di un uomo, ma

poi protagoniste convinte delle loro battaglie:-come Colomba Antonietti che al fianco del marito il conte Luigi Porzi combattè, vestita da

bersagliere, per la Repubblica Romana, e morì sotto il fuoco francese a Porta San Pancrazio. Sepolta nel Mausoleo

Garibaldino sul Gianicolo, fu celebrata da Carducci e da Alexandre Dumas padre.

O come Enrichetta Di Lorenzo,compagna di Carlo Pisacane, anch'essa a fianco del suo uomo durante la Repubblica Romana, in cui non solo fu nominata dal triumvirato "direttrice dell’ambulanza" e assistette i feriti insieme a Cristina di Belgiojoso , ma partecipò il 30 aprile 1849 ai combattimenti contro i francesi a San Pancrazio.

Per la Repubblica Romana combattè anche Rosa Strozzi, moglie del capitano garibaldino Vincenzo Santini.Seguì poi Garibaldi in Sicilia, nel 1860, guadagnandosi una medaglia al valore.

Ufficialmente una sola donna partecipò alla Spedizione del Mille: Rose (Rosalia) Montmasson, 35enne, allora moglie del riberese Francesco Crispi, lavandaia e stiratrice savoiarda che aveva conosciuto Crispi mentre era rifugiato in Piemonte dopo i moti del 1848. Quando Crispi dovette lasciare anche il Piemonte per Malta, Rose lo seguì e divenne sua moglie, condividendo con lui una vita di cospirazioni, fughe e pericoli:da Malta alla Francia, a Londra, poi ancora in Italia per collaborare allo sbarco in Sicilia. Imbarcatasi sul "Piemonte" in abiti maschili, si distinse nell’attività di infermiera –Calatafimi, Vita, Alcamo, Salemi-ma partecipò anche ad azioni militari. Furono proprio i giovani siciliani, ammirati da questa insolita e generosa figura di donna, a ribattezzarla “Rosalia” quasi che questo nome la identificasse come loro conterranea.La storia di Rosalia ha un epilogo triste.

Dopo l’unità d’Italia, Crispi abbandona le idee repubblicane per passare ai monarchici, viene eletto deputato e ripudia Rosalia, per sposare addirittura la discendente di un ramo borbonico, Lina Barbagallo, dichiarando non valido il matrimonio contratto a Malta. Il fatto costituì uno scandalo per l’epoca. La regina Margherita di Savoia, che aveva avuto modo di visionare la copia dell'atto di matrimonio maltese, dimostrò una moderna solidarietà femminile per Rosalia, rifiutandosi,in un'occasione ufficiale, di stringere la mano a Crispi. Il matrimonio era in effetti valido, ma, durante il processo per bigamia nei confronti di Crispi, fu dichiarato nullo perché celebrato da un prete sospeso a divinis per la sua attività patriottica. Rosalia morì nel 1904 in povertà, dimenticata da tutti, e fu sepolta al Verano a spese del Comune di Roma. Una targa ne ricorda l’attività patriottica in Sicilia, ma si trova a Firenze, nella casa in via della Scala dove abitò con Crispi. In Sicilia non c’è niente che la ricordi.

Rose Montmasson però non è l’unica “garibaldina”. Alla seconda spedizione di volontari, capitanata dal generale Giacomo Medici, che raggiunse Garibaldi in Sicilia nel luglio del 1860, si era aggregata, -anche lei affiancando il marito Alberto Mario-, l’inglese Jessie White, che sotto l’aspetto fragile nascondeva un temperamento deciso e ribelle, tanto da meritarsi l’appellativo di “Hurricane Jessie”-, Jessie l’ Uragano.

Giornalista e patriota, nata a Portsmouth nel 1832, aveva studiato filosofia alla Sorbonne; aveva conosciuto anche Mazzini, e aveva iniziato a collaborare con articoli e con raccolte di fondi. Nel 1857 conobbe il patriota Albeto Mario. I due si sposarono e iniziarono insieme una fervida attività di propaganda per la causa italiana, a Londra e a New York. Tornati in Italia, dopo vari arresti ed espulsioni,parteciparono all’impresa di Garibaldi imbarcandosi con la nave "Washington". Anche Jessie come Rosalia svolse attività di infermiera e organizzatrice delle ambulanze divenendo subito popolare per la sua sensibilità e per la capacità di infondere fiducia. Nella battaglia del Volturno, Jessie uscì allo scoperto quattordici volte sotto il fuoco borbonico, sfidando la morte per portare soccorso ai garibaldini feriti. Partecipò a tutte le battaglie di Garibaldi fino al 1870; le furono consegnate due medaglie d’oro, e ad Aspromonte assistè il medico Zanotti durante l’intervento sulla ferita del Generale.

Famosa come giornalista sia in Europa che in America (era tra l'altro corrispondente del noto giornale inglese Morning Star), contribuì con i suoi articoli alla popolarità di Garibaldi in entrambi i continenti. Si dedicò poi agli studi, scrisse articoli in particolare su temi di igiene sociale e medicina e sui problemi del Meridione, memorie, una biografia di Garibaldi. Morto il marito nel 1883, Jessie visse in modeste condizioni economiche insegnando inglese, in mezzo ai suoi ricordi. Il libro che forse, dato il successo avuto, l’avrebbe resa ricca, “Nascita dell’Italia moderna”, uscì postumo nel 1909. Jessie era morta da 3 anni. Si dice che negli ultimi tempi girasse per casa in mezzo ai cimeli, alle foto, alle medaglie, indossando la camicia rossa degli anni eroici. Ma il suo mito resistè al passare del tempo: ai suoi funerali assistettero migliaia di persone, e 100 ragazze sparsero petali di rose al passaggio del carro funebre.

Altre “garibaldine” sono la veneta Tonina Marinelli, citata nella discussa opera di Garibaldi “I Mille” col nome di battaglia di “Lina”, e la romana “Marzia” di cui è ignota l’identità. Tonina Marinelli, combattente coraggiosa, fu decorata sul campo di battaglia. Morì a Firenze nel 1862 e le sue gesta furono cantate da Francesco dell’Ongaro.

Lina e Marzia sono esaltate da Garibaldi per il loro coraggio: “Nel turbinio dell'assalto, della fuga, e della persecuzione, io vidi avvolgersi sempre fra i primi le due incantevoli creature”, così egli narra.

E’ da ricordare poi Lia, ragazza di Palermo, compagna del giovane capo dei picciotti palermitani, il barone palermitano Narciso Cozzo, morto a Capua per salvare un suo commilitone e sepolto nella Chiesa di San Domenico a Palermo.Definita da Garibaldi “la graziosa contadina dell'Agro Palermitano”, “la bella fanciulla dall’occhio nero e fulgidissimo come quello dell’aquila”,.la siciliana Lia è un personaggio che è rimasto impresso nella memoria e nel cuore dell’Eroe dei due Mondi.

Garibaldi ne descrive l’abnegazione nello stare accanto al suo uomo, e nel momento del dolore, davanti al compagno mortalmente ferito nell’ospedale di Caserta, Lia svela tutta la sua capacità di dolcezza e tenerezza, commuovendo Garibaldi,

che ne fissa i drammatici momenti in questa poetica descrizione:

“Essa procurava di sorridere al suo caro, quando gli occhi loro s’incontravano; ma poi, da lui non vista, struggevasi in dirottissimo pianto.”

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