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Beverly Pepper - La materia e la forma

Beverly Pepper - La materia e la forma

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Flavia Matitti Venerdi, 30/01/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2015

“Spesso mi dicono che le mie sculture hanno un’anima, ma io realizzo forme, non ci metto un significato. Quando inizio un lavoro, non so come sarà. Lavoro finché non sento che c’è qualcosa nella mia opera, allora mi fermo. È l’opera stessa a dirmi quando è compiuta e alla fine mi deve sorprendere”. A parlare così è la celebre scultrice americana Beverly Pepper (Brooklyn, 1922), che lo scorso 28 ottobre ha illustrato il proprio lavoro in un’intervista pubblica condotta dai bravi Alberto Dambruoso e Guglielmo Gigliotti, in un incontro organizzato a Roma dall’Associazione culturale “I Martedì Critici”. “A Roma - prosegue - sono nata come artista e ho conosciuto mio marito. Roma è piena di monumenti, ma a me non interessa narrare delle storie, mi interessa la monumentalità, che è un fatto di proporzioni”.

Beverly Pepper vive tra New York e Todi (Perugia), ma a suggellare il lungo rapporto con Roma, città alla quale è legata fin dai primi anni ’50, interviene ora una mostra affascinante intitolata Beverly Pepper all’Ara Pacis (fino al 15 marzo 2015, catalogo Gli Ori). Curata da Roberta Semeraro, l’esposizione presenta all’esterno del Museo dell’Ara Pacis quattro grandi sculture in acciaio corten e all’interno cinque sculture in ferro, di piccole dimensioni, esposte proprio accanto all’altare dedicato da Augusto alla Pace nel 9 a.C.



Le gigantesche forme concentriche poste all’esterno instaurano un dialogo serrato e vitale con il variegato contesto urbano e paesaggistico, che spazia dalle rovine e dai cipressi del Mausoleo di Augusto alla chiesa barocca e neoclassica di San Rocco, dal moderno Museo dell’Ara Pacis, opera dell’architetto statunitense Richard Meier, ai platani del Lungotevere. E poi naturalmente c’è l’Ara Pacis Augustae, uno dei monumenti più importanti di Roma, perché celebra l’equilibrio raggiunto da Augusto nei quarant’anni del suo principato. “Io spero - dice l’artista - che il mio lavoro trasmetta una sensazione di sicurezza, ma oggi solo dentro se stessi è possibile trovare un senso di pace, non si può averlo dall’esterno”. Formatasi come designer, Beverly al termine della seconda guerra mondiale si trasferisce a Parigi, dove studia pittura con Léger e Lhote e frequenta gli scultori Zadkine e Brancusi. Durante questo periodo visita l’Italia e a Roma incontra lo scrittore e giornalista Curtis Bill Pepper (1917-2014), che sposa a Parigi. La coppia va poi a vivere a Roma, dove nel 1952 Beverly tiene, da pittrice, la sua prima mostra personale, presentata da Carlo Levi, alla Galleria dello Zodiaco di Linda Chittaro. Nel 1954 nasce a Roma il secondo figlio della coppia, John Randolph Pepper, futuro fotografo e regista, mentre la primogenita Jorie Graham, poetessa, era nata a New York nel 1950.



Beverly frequenta gli artisti del Gruppo Forma, conosce Scialoja, Guttuso, incontra esponenti del mondo del cinema come Anna Magnani, Fellini, Antonioni, Pontecorvo, poeti, fotografi, critici d’arte. È ancora pittrice, finché nel 1960 compie un viaggio in Cambogia e resta folgorata dal tempio di Angkor Wat ricoperto dalla vegetazione. “Sentivo - ricorda - che c’era qualcosa che mancava nel mio mondo ed era la dimensione fisica. A me piace il combattimento e nei quadri non c’era abbastanza”. Decide allora di dedicarsi alla scultura.

Nel 1961 espone per la prima volta come scultrice a New York e poi a Roma, alla Galleria Pogliani, presentata da Argan. Il direttore artistico del Festival dei Due Mondi, Giovanni Carandente, la invita per l’anno dopo a esporre a Spoleto in una mostra all’aperto. Beverly va quindi a lavorare nello stabilimento siderurgico dell’Italsider, a Piombino, per imparare dagli operai a saldare i metalli. Tra le sculture realizzate nel 1962, Il dono di Icaro si trova ancora oggi presso l’ingresso sud della città di Spoleto. Tutto il successivo lavoro dell’artista si misurerà con il contesto urbano o con il paesaggio, sviluppando e declinando in vario modo la sua vocazione all’arte ambientale. Nel 1968, per esempio, colloca 22 sculture monumentali in acciaio inox lungo l’Appia Antica. Negli anni a venire le sue installazioni en-plein-air verranno esposte in molteplici spazi urbani, da Parigi a New York, da Barcellona a Zurigo, da Vilnius ad Assisi.



Nel 1972 espone alla XXXVI Biennale di Venezia e nel 1977 a Kassel, alla mostra Documenta 6. Nel 1974 esegue per il quartier generale dell’AT&T in New Jersey una delle sue prime opere di land art: l’Amphisculpture. Nel 1992 inaugura nella Fattoria di Celle (Pistoia), nel parco della Villa del grande collezionista Giuliano Gori, lo Spazio Teatro Celle, che sfrutta un ampio terreno degradante ad anfiteatro per creare un’opera d’arte ambientale che è anche un teatro funzionante per spettacoli all’aperto. Ancora una scultura a forma di teatro sarà realizzata dall’artista nel 2016 a L’Aquila, presso la Basilica di Collemaggio, come dono alla città. “Quando non lavoro - conclude - sono stanca, ma quando lavoro non c’è fatica”.

 

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