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Bennato e Yunus, qual è il legame?

Bennato e Yunus, qual è il legame?

Di canzoni che amano le donne e tasse che le odiano.

Venerdi, 19/03/2010 - Davanti a me ho il testo dell’ultimo singolo di Edoardo Bennato: È lei.

Edoardo è un artista di avanguardia: impegnato, progressista, meridionale, attento alle problematiche sociali. Non per niente è nato e cresciuto all’ombra dell’Italsider, storica acciaieria in quel di Bagnoli di Napoli. La sua tesi in Architettura verteva proprio sul recupero dell’area, sita dopo Coroglio, una delle più belle baie della Campania (mio padre ci andava in vacanza tantissimi anni fa), il cui mare brilla al sole con scie di stelline, scempiata dai residui industriali.

L’ultimo suo singolo parla della nascita di una bambina nel posto più povero della terra, laddove questa sua condizione la porterà ad essere vincente perché meno condizionata da ipocrisie capitalistiche e più coraggiosa, non avendo niente da perdere. È chiaramente identificabile anche la dedica ad una palestinese, quando canta “Lei che passa di qua/in un mondo confuso dalla sua civiltà/tra chi invoca i diritti/sulla terra promessa/e chi giura vendetta/contro chi gliel’ha tolta.”

Il motivo è intrigante (come quasi tutti i brani di Bennato) e si chiude con un messaggio di speranza, … forse il peggio è passato/e un futuro diverso/forse è già cominciato! … alludendo alla convinzione – sempre più comune – che le donne, e le modalità di relazioni femminili, salveranno il mondo.

Anche molti economisti ne sono convinti, compreso Yunus (Nobel) con le sue teorie sul micro-credito. Ed è forse proprio ad una donna così che Edoardo dedica la frase “Lei che parte da zero”.

In Italia, però, diversamente da Bennato, esistono altri messaggi, di segno opposto, contro le donne. Non solo dal punto di vista mediatico, bensì anche sotto il profilo economico e sociale. Altro che Yunus.

La chiamano “quoziente famigliare” l’ultima invenzione lessicale per nascondere un’altra ruberia proveniente da Nottingham. La faccenda è materia fiscale (un ginepraio tra deduzioni, detrazioni, sconti, splitting e tassazioni cumulate), ma in soldoni si tratta di questo: le tasse odiano le donne.

Cioè, la politica fiscale attuale, dichiarando di dare sostegno alle famiglie (i teo-dem e la Chiesa hanno pure plaudito. Mica sono esperti fiscali, loro!), premia le coppie matrimoniali monoreddito, specialmente quelle ricche con figli (in cui la donna non lavora), mentre discrimina pesantemente quelle a reddito basso (peggio ancora se lavora anche la donna, magari con uno stipendio bassissimo o da part-time), alle quali i figli costano in proporzione di più. C’è tutto un sistema diabolico di scorpori e scaglioni, che alla fine, sommando i due redditi coniugali (laddove ce ne siano), diminuisce le tasse al reddito del marito, aumentandole (per compensazione, ma la definiscono equità orizzontale, che originali!) a quello basso (sempre quello della moglie). In questo modo, anche un reddito maritale altissimo risparmia - in proporzione - più di uno basso, scaricando il peso dello scaglione IRPEF sul reddito della moglie. Insomma, il risparmio che si ottiene avendo una unica ed cospicua fonte di entrate è maggiore del vantaggio di avere due stipendi miseri. Alle donne, quindi, conviene non lavorare (addio Lisbona), specialmente se il marito guadagna molto. Non solo, il quoziente famigliare avvantaggia i mariti e svantaggia le mogli, perché il marito ha più convenienza a sposarsi perché risparmia sulle tasse, mentre la moglie pagherà di più.

E lo chiamano sostegno alle famiglie: questa è una fregatura.

A Yunus hanno dato un Nobel per l’Economia per le sue teorie economiche a favore delle donne nei Paesi in via di sviluppo. A queste volpi del fisco famigliare italico che daremo mai? Io una proposta ce l’avrei…



Marika Borrelli

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