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Benazir Bhutto, la svolta negata

Benazir Bhutto, la svolta negata

Pakistan - Leader del Partito Popolare e prima donna eletta alla guida di un paese islamico è stata assassinata il 27 dicembre scorso alla vigilia di nuove elezioni che la vedevano protagonista. Il ricordo di Lilli Gruber, Margherita Boniver e Luisa Morg

Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008

Lilli Gruber
“Siamo sempre così pieni di stereotipi, quando parliamo di donne e di Islam, che dimentichiamo che Benazir Bhutto è stata, a trentacinque anni, nel 1988, la prima donna del mondo musulmano ad avere un ruolo di rilievo: Primo Ministro, democraticamente eletta. La sua personalità e la sua storia, complessa ed affascinante, scaturiscono da alcuni eventi che l’hanno segnata: proviene da una delle più grandi dinastie politiche del mondo. Suo padre è stato il primo presidente eletto democraticamente in Pakistan nel 1975, imprigionato dal dittatore Zia e condannato a morte per impiccagione nel 1979. E’ stata incarcerata dal regime; ha passato quasi cinque anni in prigione, in isolamento, in condizioni molto dure; ed è in questo momento che si è convinta che doveva seguire il destino familiare e rendere onore a questa eredità pesante. Si dice che all’inizio lei era abbastanza recalcitrante rispetto alla possibilità di seguire una carriera politica, che si sentiva obbligata dagli eventi. Ma non c’è dubbio che per fare ciò che ha fatto doveva avere una vera passione politica. Altro elemento determinante è stato fare i suoi studi all’estero nelle due più prestigiose università occidentali: Oxford in Gran Bretagna e Harward negli Stati Uniti. Il suo ultimo rientro in Pakistan è stato sostenuto dall’occidente per il quale la Bhutto rappresentava una svolta nella strategia tenuta fino a quel momento; l’America ha obbligato Musharraf a farla rientrare, con un’amnistia, e a dividere, in qualche modo, il potere con lei; questo avrebbe portato dei cambiamenti importanti perché Benazir aveva una posizione chiarissima contro l’estremismo islamico. Ora il Pakistan è un paese sull’orlo del precipizio. Non c’è nessuno che come lei rappresenti il forte dissenso verso la dittatura di Musharraf e fare una previsione è estremamente difficile. E’ compito dell’occidente, in vista delle elezioni di febbraio, chiarire che sta dalla parte delle regole e della democrazia e fare pressione perché le consultazioni siano pulite. Il problema è che noi continuiamo a sostenere dei regimi dittatoriali e la società civile si sente abbandonata”.

Margherita Boniver
“Ho conosciuto Benazir Bhutto a Islamabad verso la fine degli anni ottanta, quando era Primo Ministro, e ho avuto poi modo di rivederla nuovamente in riunioni e conferenze internazionali almeno in altre tre occasioni. Ho un ricordo molto vivido di lei; era una persona appassionata e di grande coraggio fisico. Mi rendo conto che questa affermazione può sembrare ovvia adesso che questo coraggio l’ha condotta fino alla morte, ma la sua forza era sempre stata percepibile. Era una donna che colpiva molto per la sua strepitosa bellezza ed eleganza, unita a dei modi diretti ed aperti. Benazir Bhutto diceva chiaramente cose che i politici del suo paese non si sarebbero mai sognati di dire; la sua preparazione politica era indiscutibile proprio perché proveniva da una dinastia che nella pratica del governo si era sempre sperimentata.
Il suo ultimo rientro in Pakistan è stato, come sappiamo, frutto di un accordo con gli americani e, appena arrivata, lei dichiarò la ragione di questo ritorno che adesso possiamo leggere come il suo testamento politico: ‘Sono tornata nel mio paese per combattere il terrorismo e ristabilire la democrazia’. La situazione del Pakistan appare ora più critica che mai. Questo grande paese di matrice islamica, che è sempre stato laico, sta attraversando il suo momento più difficile e si trova sull’orlo di un abisso se non verrà trovato un punto di equilibrio. La verità è che nessuno potrà riempire un vuoto così grande”.

Luisa Morgantini
“Ostinata, intelligente e colta, bella, erede di una dinastia in cui molti hanno pagato con la vita il loro essere al potere. Sicura di sè e del suo ruolo. Difficile restare insensibili e lucide di fronte al suo fascino e alla sua vita.
Coraggiosa, sapeva di rischiare tornando in Pakistan eppure è tornata, alcuni sostengono che si è fidata troppo dell'accordo con gli americani e Musharraf. Benazir Bhutto ha pagato con la vita un'attività politica controversa ma che l'ha portata ad essere di fatto la prima donna per ben due volte alla guida di un Paese dichiaratamente islamico.
Non c'è dubbio che il suo assassinio, nell'attentato dello scorso 27 dicembre rivendicato successivamente da Al Qaeda, ma che lascia molte oscurità, sia un avvenimento devastante per il Pakistan, sconvolto anche in questi giorni da nuovi attentati. Ma per quel paese capire le contraddizioni legate alla vicenda Bhutto è certamente più proficuo che non la creazione di un mito al quale comunque non si sfuggirà.
Benazir Bhutto, capo dell'opposizione e del PPP -Partito Popolare del Pakistan- è stata travolta più volte durante i suoi due governi nel 1988 e nel 1993 dalle accuse di corruzione e di violazione dei diritti umani, basta vedere le relazioni di Amnesty International. Il suo secondo premierato, ad esempio, ha segnato l'epoca in cui il Pakistan ha creato e finanziato la nascita dei Talebani che hanno conquistato Kabul nel 1996. Entrambi i governi della Bhutto non furono esenti da autocrazia e corruzione, all'insegna di un filo-americanismo latifondista spalleggiato da una parte del PPP, sostenitrice degli interessi conservatori dei grandi proprietari terrieri ai danni del progresso dell'intera società pakistana. Anche se molte delle donne e degli uomini del suo partito che ho incontrato in Pakistan rappresentavano certamente il bisogno di democrazia e di giustizia sociale di cui avrebbe tanto bisogno la popolazione pakistana.
Benazir Bhutto ha pagato con la morte, in una società sempre più insicura che vede crescere le forze fondamentaliste, la sua volontà e determinazione di tornare al potere con una agenda forse più democratica di quella dell'attuale presidente ma pur sempre elitaria. Democrazia sì, ma all'interno di una classe dirigente che si perpetua per legami di sangue e ancora feudale e gerarchica. La strada per la democrazia e lo stato di diritto in Pakistan è ancora molto tortuosa. L'assassinio di Benazir l'ha resa ancora più difficile”.

* a cura di

(12 febbraio 2008)

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