17 ragazze / - Vietato ai minori il film delle sorelle Coulin sulle 17 adolescenti che rimangono incinte tutte insieme. Unidicesima edizione del RIFF-Rome Independent Film Festival
Colla Elisabetta Martedi, 17/04/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2012
“Son sei sorelle, son tutte belle, son tutte belle per far l’amor…”, così recita un noto ritornello dall’opera La Gatta Cenerentola, perfettamente in linea con i temi del francesissimo film 17 ragazze (17 Filles), selezionato a Cannes nella Semaine de la Critique e divenuto un vero caso in Francia, con la sola differenza che qui le giovani sono 17, tutte rigorosamente belle, ardenti, vitali, indipendenti e … incinte! Le registe Delphine e Muriel Coulin, già documentariste, traspongono un fatto vero avvenuto in Massachusetts nel 2008 - dove un nutrito gruppo di ragazze decise di attuare una gravidanza collettiva - sulle sterminate spiagge di Lorient, una cittadina della Bretagna dove le stesse filmmaker sono cresciute e dove scarseggiano stimoli e prospettive per tanti giovani pieni di energia, potenziale e voglia di vivere. “Abbiamo letto su Libération la notizia che alcune ragazze della stessa scuola, in USA, avevano deciso di rimanere incinte tutte contemporaneamente - spiega Muriel - ed abbiamo pensato che questo sarebbe potuto accadere anche a Lorient, dove le condizioni socio-economiche sono decadute, con lo svanire delle speranze degli anni Cinquanta, la chiusura delle fabbriche e la crisi del porto e dell’arsenale. Genitori, insegnanti ed istituzioni non hanno trovato il modo di offrire uno sbocco alle giovani generazioni, il cui futuro è segnato: diploma, lavoro, matrimonio e figli. Ma le protagoniste del film sono pronte a capovolgere quest’ordine, vogliono tutto e in una volta sola”. Come capita in molte storie, anche quelle vere, tutto inizia da un evento-chiave, la giovane Camille che rimane incinta per sbaglio: decidendo di tenere il bambino e di mostrare orgogliosamente la sua gravidanza in classe e in paese, la ragazza diviene il manifesto di una trasgressione collettiva, che cerca nell’amicizia delle coetanee comprensione e sostegno, laddove i genitori e le altre figure adulte vengono sentite lontanissime dalle proprie aspirazioni, sogni, modi di pensare. La madre di Camille, infatti, una single egoista e poco accudente verso i figli, dà subito in escandescenze alla notizia della gravidanza. Le amiche, allora, fanno un patto di sangue: ‘più siamo, più forti diventiamo’, ed iniziano a rimanere incinte una dopo l’altra, sperando in futuro di crescere i loro neonati insieme, in un appartamento/microcosmo senza genitori né regole, una sorta di ‘comune’ del 21° secolo. Ma la realtà, come spesso accade, si rivelerà più cruda ed imprevedibile degli ideali giovanili e la stagione delle maternità, una primavera in cui milioni di coccinelle vengono spinte dal vento sulla spiaggia, si concluderà con una nota di malinconia. “Gli adulti del film sono sconvolti e impotenti di fronte al crescente numero di gravidanze nella scuola - continua Muriel - e cercano di bloccare le ragazze, di allontanare Camille, ma non ci sono mezzi per contenere questa esplosione di potenza ed energia, le ragazze sono forti e decise, creano quasi una microsocietà. Per finire il film abbiamo scelto l’espediente della figura carismatica che scompare all’improvviso, perché tutti abbiamo avuto amici così. Queste ragazze scelgono una strada diversa, di rottura con le convenzioni, ma il film, specialmente nel finale, avverte che la gravidanza non è la strada giusta e che gli adulti, dal canto loro, devono offrire altri strumenti”. Dunque la gravidanza come atto di ribellione: siamo così lontani dagli anni Settanta, quando la ribellione consisteva nel lottare per la legge sull’aborto? Forse, o forse non tanto, se pensiamo che il film è stato vietato, solo nel nostro Paese, ai minori di 14 anni per gli elementi di “estrema trasgressione” che vi sarebbero presenti (spinelli, guida e gravidanza ‘spericolata’). “Crediamo che il film non sia stato ben capito - commentano le registe - e ci sembra strano che questa censura sia avvenuta in un Paese in cui il Presidente del Consiglio si è fatto ‘regalare’ una minorenne per il compleanno; è chiaro che c’è sempre una responsabilità nel parlare di questi argomenti ma accusarci di ‘apologia della gravidanza collettiva’ ci è sembrato davvero assurdo. Nello scrivere la sceneggiatura siamo state molto attente ed abbiamo scelto un finale non troppo positivo, per non creare miti o emulazioni in questo senso, ma neppure troppo negativo, perché comunque nascono dei bambini e perché la vitalità delle adolescenti è incontenibile. La frase finale del film lo dice: on peut rien contre une fille qui rêve”. Premio Speciale della Giuria al 29° Torino Film Festival (ex-aequo), prodotto da Denis Freyd, il produttore dei fratelli Dardenne, il film si appoggia ai corpi flessuosi ed ai dolci volti di attrici giovanissime, fra cui Louise Grinberg (La classe), Roxane Duran (Il nastro bianco) e Esther Garrel (L’Apollonide – Souvenirs de la Maison Close).
RIFF 2012: Documentari al femminile dal mondo nuovo
La sezione dei documentari e dei diritti umani del RIFF-Rome Independent Film Festival, quest’anno all’XI edizione, ha visto protagoniste molte donne registe, in particolare straniere ma non solo, con pellicole di ambiti molto diversi, ove singoli o gruppi si oppongono a violenza, guerra, povertà e discriminazione sociale, o all’indifferenza ed omologazione in ogni campo della vita civile, attraverso l’arte e l’attivismo creativo, promuovendo pratiche di resistenza pacifica, equità e sviluppo, senza perdere la speranza in un futuro migliore. Fra i titoli italiani, presentati alla casa del Cinema di Roma, grande successo ha ottenuto “Melkam Zena” (Buone Notizie), debutto alla regia della brava attrice Valentina Carnelutti, racconto del lavoro svolto dall’ONG Action Aid nella poverissima zona rurale di Ankober in Etiopia. Tante le documentariste delle opere internazionali (presentate al Nuovo Cinema Aquila): sul fronte europeo Yasmina Adi, con “Here we drown Algerians - October 17th, 1961 (Ici on noie les algériens - 17 octobre 1961)”(Francia), che racconta con immagini di repertorio e testimonianze la manifestazione pacifica del 17 ottobre 1961, repressa con violenza dalla polizia, quando migliaia di algerini residenti a Parigi e dintorni marciarono per protestare contro il coprifuoco imposto loro dalle autorità francesi; Gabriëlle Provaas e Rob Schrödercon “Meet the Fokkens” (The Netherlands), affresco sulla vita di Louise e Martine Fokkens due gemelle che per oltre 40 anni hanno lavorato come prostitute nel quartiere a luci rosse di Amsterdam, fondando un sindacato informale;Bettina Borgfeld e David Bernet, registi di “Raising Resistance” (Germania/Svizzera), sulla lotta dei campesinos del Paraguay contro l’aggressiva e massiccia espansione di produzioni di soia geneticamente modificata nel Paese. Dal mondo extraeuropeo:“Cultures of Resistance” (USA), di Iara Lee, sul viaggio intrapreso dalla regista in un mondo segnato dal conflitto e sull’incontro con persone che lottano pacificamente per un cambiamento: dai monaci non-violenti in Birmania, ai musicisti del Brasile che trasformano fucili in chitarre, fino ai campi Palestinesi in Libano, dove musica, cinema e fotografia danno voce a quelli che ne sono privi; “Broken Memory, Shining Dust” (India), di Nilosree Biswas, sulle donne del Kashmir che, ‘in attesa’ dei loro cari dispersi negli ultimi due decenni a causa dei conflitti nella valle del Kashmir, hanno costituito un movimento di resistenza, trasformando rabbia ed impotenza in speranza e determinazione; “Girls of Hope (Umudun Kizlari)” (Turchia), di Aysegul Selenga Taskent (presente al RIFF), girato a Van, nella Turchia dell’Est, che ritrae la lotta contro l’analfabetismo di molte ragazze (tra le donne quasi il 45%) che cercano di ottenere un’istruzione, malgrado l’opposizione dei fratelli ed altri ostacoli, aiutate dalle Ong e dal Governo.
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