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Beirut, I love you

Beirut, I love you

Conversazione con Zena el Khlail - Una città viscerale, una generazione che si racconta tra guerra e voglia di vivere. Ne parliamo con la giovane artista e scrittrice libanese

Antonelli Barbara Lunedi, 28/03/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2011

“Beirut, un giorno o l’altro, mi restituirà tutto l’amore che le ho dato”. Così scrive Zena el Khalil nel suo libro, “Beirut I love you”. Il racconto di una donna, di una generazione vissuta tra passione e disillusione, tra conservatorismo e contaminazioni dall’Occidente. La storia delle persone in una Beirut viscerale: che per Zena el Khalil non è solo una città ma “un’entità dotata di vita propria”. Una città incredibile con cui Zena intrattiene una relazione quasi conflittuale. “Avrei potuto scegliere di vivere all’estero - mi racconta in un caffè nel centro di Roma, dove è venuta per un tour del libro edito in Italia da Donzelli - ho un passaporto britannico, eppure sento di avere dentro di me una responsabilità. Quello che chiedo indietro da Beirut è un po’ d’amore. Vorrei che Beirut mi dicesse 'non posso cambiare, ma apprezzo quello che fai'”. Zena viene da una famiglia drusa libanese, è nata a Londra nel 1976, ha vissuto in Nigeria, Libano, Stati Uniti, a Londra. Artista riconosciuta a livello internazionale, utilizza varie forme di espressione: pittura, performance, installazioni. Alla fine il richiamo di Beirut è stato più forte, e vi è tornata.

Non era nella capitale del paese dei Cedri durante la guerra civile, ma c’era nel 2006 quando l’esercito israeliano ha cominciato i 34 giorni di bombardamenti: Zena decide di raccontare quello che sta accadendo in quei giorni. Le sue prime timide e disperate e-mail diventano un blog, scoperto da quotidiani internazionali, tra cui The Guardian e El Pais, che cominciano a ripubblicare i suoi flussi di parole sotto le bombe. Da lì è nato “Beirut I love you” una storia in cui è difficile districare Zena da quello che Beirut rappresenta per lei. Una città in cui nonostante il permanente stato di tensione un’intera generazione del dopo-guerra civile ha dovuto fare i conti con la voglia di vivere.



Che cosa ti ha portato a scrivere la prima mail, quelle notte a Beirut?


Il lavoro che porto avanti come artista visuale ha a che fare con il ‘Qui e Ora’: in Libano abbiamo la tendenza a dimenticare in fretta, anche la guerra. Noi libanesi viviamo una vita veloce, quasi aggressiva, senza sapere cosa accadrà domani, non abbiamo mai avuto un vero e proprio processo di riconciliazione dopo la guerra, ci sono famiglie i cui cari sono scomparsi e non ne hanno mai più avuto notizia. Il mio lavoro si concentra sul registrare una storia, tante storie. La scrittura ha rappresentato qualcosa di simile al modo in cui utilizzo l’arte. A livello emotivo, pensavo che sarei morta in quei giorni e volevo che le persone sapessero come ero stata uccisa. In 24 ore l’aeroporto di Beirut, le strade, gli edifici, tutto venne bombardato. C’è stato qualcosa di egoistico nello scrivere: non volevo essere un’altra vittima senza nome. Da lì è nato il blog. Il terzo giorno qualcuno ha inoltrato i miei pensieri al Guardian e loro mi hanno chiesto il permesso di ripubblicarli. La scrittura è un mezzo di sopravvivenza: più scrivevo, più persone entravano in contatto con me e mi sentivo al sicuro, una specie di bolla di protezione, che è anche il modo in cui uso la mia arte. Trasformare la guerra, la violenza in qualcosa di docile, che non fa più male.



La sua arte è provocatoria. Basta guardare il suo biglietto da visita, un uomo in slip con un kalashnikov a tracolla rosa shocking e il volto mascherato da una kefiah. Simboli tradizionali decontestualizzati. Vivace e creativa, Zena usa le armi di arte e scrittura, come strumenti di sopravvivenza in un paese nella costante minaccia della guerra. In un Medio Oriente - come scrive lei nelle prime pagine del libro - “che non è cambiato molto negli ultimi 200 anni. Combattiamo ancora le stesse guerre ma le chiamiamo in un altro modo.”

Il blog che racconta l’assedio del Libano del 2006 è all’indirizzo beirutupdate.blogspot.com



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