BeFree, la Scuola estiva sull'amore e la violenza alle donne - a cura di Tiziana Bartolini
"Seduzioni d'amore per una narrazione non convenzionale della violenza contro le donne". E' la scuola estiva di BeFree: dal 30 agosto al 4 settembre a San Martino al Cimino (Viterbo)
Domenica, 09/06/2013 - BeFree è una cooperativa specializzata in attività di contrasto alla violenza di genere. Le sue operatrici ruotano - anche su orari h 24 - presso varie strutture della Capitale (lo sportello donna nel Pronto Soccorso dell’ospedale San Camillo di Roma e lo sportello SOS Donna, lo sportello all’interno del Cie di Ponte Galeria, nella sezione femminile per donne vittime di tratta e/o sfruttamento lavorativo e lo sportello “Coming out dalla violenza” per donne lesbiche che subiscono violenza) dove le donne che subiscono violenza possono rivolgersi, trovando competenze, professionalità e comprensione. Una vasta e lunga esperienza ha permesso loro di incontrare e riconoscere i tanti aspetti e volti della violenza sessuata. Partendo da questa esperienza per il terzo anno consecutivo BeFree organizza una Scuola estiva di politiche di genere, e dal 30 agosto al 4 settembre 2013 a San Martino al Cimino (Viterbo) con e autorevoli interventi (tra gli altri: Umberto Galimberti, Claudia Mancina, Fiorenza Taricone, Lea Melandri, Giorgia Serughetti, Francesca Brezzi, Sandro Bellassai, Stefano Ciccone) ruoteranno intorno al titolo "Seduzioni d'amore per una narrazione non convenzionale della violenza contro le donne".
Domandiamo a Antonella Petricone, vice presidente di BeFree: quali sentimenti e quali ragionamenti avete seguito per organizzare i contenuti della Scuola e quali obiettivi vi ponete con questa iniziativa?
I sentimenti e i ragionamenti che ci hanno attraversato nel voler intraprendere questo viaggio nella storia dell’amore nascono da una pratica politica che si è radicata e consolidata sempre più fortemente in questi anni di lavoro e di formazione dedicata ai temi della violenza contro le donne. Una pratica che nasce sia dal lavoro frontale nei servizi antiviolenza che gestiamo con passione, cura e professionalità e una pratica che si è rafforzata dal confronto costante tra noi ed altre donne che ha portato a condividere e mettere insieme suggestioni, paure, idee, sensazioni e deduzioni che hanno a che fare con il concetto di amore e con tutto ciò che ruota intorno ad esso. Ci siamo rese conto di quanto l’amore pervada a più livelli, la narrazione di moltissime donne incontrate all’interno dei nostri spazi d’ascolto e di come sia, pertanto, necessario, partire dalla sua definizione, dal sistema che lo sottintende, dalle forme che lo descrivono per poter comprendere appieno la storia personale, soggettiva, emotiva di una donna che coraggiosamente decide di elaborare la sua storia di violenza. Le donne si raccontano ponendo l’amore al centro della loro esistenza, al centro di una progettualità relazionale con il partner violento dal quale è impensabile separare ciò che hanno provato, in termini di affezione da ciò che hanno poi vissuto in termini di violazione. È un incastro imprescindibile con cui bisogna fare i conti, altrimenti si rischia di vedere solo una parte del vischioso fenomeno della violenza senza mettere al centro la donna e la sua infinita complessità, di stati d’animo, di sentimenti, di ambivalenze, di resistenze, di fantasie, di cui l’amore rappresenta appunto un motore importantissimo.
Sono previsti numerosi e autorevoli interventi di docenti, esperti, scrittori e scrittrici, ricercatori e ricercatrici. Qual è il fil rouge che le relazioni seguiranno?
Gli interventi che abbiamo pensato, immaginato, sono tutti estremamente poliedrici, differenti e ricchissimi di stimoli diversi perché diverse sono le competenze e le specificità delle esperte, degli esperti, che li proporranno. Pensiamo che un filo conduttore possa essere quello di affrontare il tema dell’amore in maniera trasversale interpellando i punti di vista e le interpretazioni che la storia, la filosofia, la psicologia, la politica ci offrono e in tal modo, provare ad andare nel profondo dell’amore, considerandolo un concetto potente che attira, attualizza e perpetua contenuti arcaici frammentandone le valenze in una serie di significanti e di effetti - tra i quali i comportamenti di sopraffazione maschili e l’attitudine a subirli ed a soffrirne femminili, ma con l’intenzione di decostruire tali significati e provare a restituirne degli altri, con parole, concetti e contenuti nuovi.
Ci si può azzardare a dire che la violenza è iscritta nei rapporti sentimentali, che il rapporto di “coppia”, per come è venuto strutturandosi nel corso della storia delle relazioni, la renda sistemica per il semplice fatto che è proprio là, dentro la coppia, ed è li che si manifesta?
Partiamo da questo interrogativo e parliamo della violenza di genere, del maltrattamento in famiglia, dei femminicidi, delle violenze fisiche, sessuali, psicologiche, economiche, spirituali, ma anche delle omissioni, delle bugie, dei tradimenti, delle disattenzioni, delle sciatterie, delle dimenticanze, delle ridicolizzazioni, delle ironie pesanti, di tutto ciò che manifesta l’espressione della mancanza di rispetto nei confronti di un genere, quello femminile, che è alla base di tutto il fenomeno. Entrare in questo meccanismo e provare a comprenderne l’ingranaggio sociale e culturale, entro cui si legittima ancora oggi un sistema di potere tra i sessi, è l ‘obiettivo che la scuola si pone.
Di violenza di genere e di femminicidio si sta parlando, anche attraverso i grandi media. Secondo lei se ne parla nel modo corretto?
Ritengo che parlare di un fenomeno come la violenza contro le donne, sia una responsabilità politica e civile di grande rilevanza, nella misura in cui i media possano diventare un ulteriore mezzo di informazione e di sensibilizzazione rispetto alla violenza di genere e nella misura in cui i media possano diventare ulteriori veicoli di diffusione dei numeri antiviolenza a cui le donne possono rivolgersi in caso di difficoltà. Purtroppo, in questo preciso momento storico, ci troviamo di fronte ad una esagerata, distorta e malsana informazione in materia di violenza che va in tutt’altra direzione.
Non di rado infatti, sono inconsapevoli, superficiali ed irritanti i toni con cui moltissime persone, tra cui anche i media, trattano di femminicidio e di violenza contro le donne, facendone una narrazione convenzionale deterministica e vittimizzante, indicando questi fenomeni come "emergenziali", non riuscendo a collocarli invece all’interno di una cornice sistematica e strutturale, propria della violenza e della sua specificità. Rischio, questo, che comporta un aumento della stessa violenza e una recriminazione che produce l’effetto opposto, diventando un ulteriore fattore di discriminazione per le donne che non solo non si vedono riconosciute in ciò che vivono e subiscono, ma si sentono rese ancora più invisibili.
Si sta sviluppando una delirante tendenza a parlare di femminicidio come di quella violenza estrema che le donne subiscono e che trova nella morte la sua massima forma di espressione, ma sempre meno ci si ferma a raccontare da dove abbia origine tale violenza e quale sia l’anticamera di una morte su cui tutti puntano i riflettori. Sarebbe molto più utile sottolineare come il femminicidio abbia inizio nella quotidiana violenza che una donna subisce ogni giorno della sua esistenza dentro le mura della sua casa o nel contesto in cui abbia inizio il maltrattamento, provando a far emergere come tale maltrattamento sia un sopruso e una violazione continua, perenne, che getta la donna in uno stato di paura crescente, che le fa perdere il controllo di se stessa, della propria capacità di scelta, della propria libertà di pensiero e di azione e che per questo rappresenta uno stato di annullamento incessante che può arrivare alla morte fisica vera e propria. Di questo non si parla mai o non sufficientemente. Perché bisognerebbe parlare di tutto ciò che non viene fatto per evitarlo.
La violenza di genere potrà essere un giorno debellata?
Non saprei rispondere a questa domanda, anche se lo vorrei con tutta me stessa e vorrei poter dire di si. Non so se la violenza contro le donne verrà mai debellata, so per certo che la si può prevenire, e che possiamo tutte e tutti fare molto per contribuire in tal senso, attraverso un lavoro di corretta informazione da parte dei media, un lavoro assiduo e costante nelle scuole elementari e negli istituti superiori in cui è necessario inserire la storia delle donne nella storia cosiddetta universale maschile facendola diventare parte integrante del programma di studio e organizzando con i ragazzi e le ragazze, momenti di riflessione e laboratori sulle relazioni tra i sessi, perché si trasmetta una cultura della parità e del rispetto. È necessario che le istituzioni si prendano carico del fenomeno riconoscendolo nella sua gravità e in tutta la sua complessità, proponendo politiche adeguate e risorse necessarie affinché ci siano più centri e più servizi antiviolenza per le donne. È necessario che ci siano più risorse perché il ruolo e il lavoro delle operatrici antiviolenza sia maggiormente riconosciuto non solo economicamente ma anche e soprattutto professionalmente, è necessario costruire reti e momenti di confronto in modo che si possa diffondere una corretta narrazione della violenza contro le donne e che sia l’esperienza e la competenza a riempire di senso e valore ciò che oggi appare solo impoverito e svuotato e raccontato da chi non ha tale competenza per farlo. Tutto questo ora deve ancora essere realizzato, ma sono ottimista e credo che si possa insieme fare una battaglia culturale e politica di valore. Con la scuola estiva, Befree vuole provare a gettare i semi di questa grande ambizione e tentare di aprire un dialogo per favorire l’emergere di un dibattito che possa aprire a nuove forme di riflessioni e quindi a nuove forme del nostro agire.
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