Politica/ Quote rosa al Senato - La ripresa della “Dato-Amato”, e l’incontro a Roma tra senatrici e associazioni, sono le prossime azioni concrete contro la nuova legge elettorale
Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2005
Una donna ogni quattro sarebbe già stata una ben misera conquista e neppure quella la Camera dei Deputati ha concesso lo scorso 13 ottobre con la bocciatura dell'emendamento (proposto dalla stessa maggioranza) sulla rappresentanza femminile nella riforma elettorale. Tante le voci di protesta che si sono levate circa la “democrazia dimezzata ed incompiuta” che l’Italia continua ad avere o la lesione grave inferta ai diritti e alla dignità delle donne italiane, senza dimenticare l’affronto per le norme costituzionali.
La questione è tutta aperta ora sul fronte del Senato, dove intanto una battaglia è stata vinta ottenendo che la proposta Dato-Amato fosse calendarizzata. Il disegno di legge n. 1732 presentato nel 2002 prevede che nelle candidature nessun sesso possa essere rappresentato per oltre i due terzi del totale (ogni sesso deve essere presente almeno per il 33%). La proposta ha ottenuto consensi trasversali, oltre all’esplicito sostegno della Ministra Prestigiacomo, la sua approvazione rappresenterebbe una importante vittoria sul piano della maggiore partecipazione delle donne alla politica e alle istituzioni. "E' una riforma - osserva la senatrice Cinzia Dato della Margherita - davvero bipartisan che tiene conto delle diverse sensibilità di entrambi gli schieramenti facendo proprie le raccomandazioni dell'Unione europea. Siamo forse vicini ad una vittoria della democrazia ottenuta con l'apporto di tutti senza che nessuno se ne debba sentire escluso".
L’iter in Senato sarà supportato da un movimento d’opinione che sta mobilitando singole donne ed associazioni di varia ispirazione politica. Anna Maria Mauro Pastorino, presidente nazionale del CIF, ha chiesto al Presidente della Repubblica di non firmare la legge approvata dalla Camera registrando “con rammarico” a proposito della riforma elettorale che elimina i collegi uninominali “che i partiti politici, che dovrebbero essere sensori attenti delle esigenze del territorio, diventano monadi chiuse alla comunicazione con la società civile”.
Sulla stessa scia la valutazione delle donne dell’UDI di La Spezia che, mentre rilevano “una giusta indignazione in una fetta del mondo delle istituzioni” e ribadiscono lo squallore per “l'immagine di un Parlamento italiano tutto al maschile che si arroga il diritto di legiferare sul corpo e sulla mente delle donne” si soffermano anche un altro aspetto che implica l’atto del Parlamento riguardo ai rapporti con la società civile: “Ancora una volta si è sancita una 'istituzionale' impossibilità di comunicazione tra le due componenti della società e la solita arrogante e del tutto ingiustificata volontà di controllo di una parte sull'altra, forte di pregiudizi mai veramente sopiti nella nostra cultura”.
La risposta a questa situazione, secondo l’UDI nazionale, deve essere una mobilitazione per chiedere da subito ai partiti che alla Camera “hanno manifestato una vera volontà di andare verso una rappresentanza paritaria un gesto e una dichiarazione: donne in testa a tutte le liste, alle prossime elezioni”. Questa potrebbe essere infatti la soluzione alla questione che si pone in concreto relativamente al meccanismo previsto dalla legge elettorale che, se resterà quello approvato alla Camera, richiederà risposte adeguate se si vorrà sostenere fattivamente il tentativo di incrementare la presenza femminile nel futuro Parlamento.
Intanto Rita Capponi, Presidente del Comitato di Pressione per le Leggi Paritarie chiama in causa le mogli dei segretari dei partiti nel rivolgere un appello al Presidente Ciampi, quale garante dei diritti di cittadine e cittadini, volto a sottolineare gli aspetti legati alla violazione delle norme costituzionali e osserva che “l'art. 51 della Costituzione stabilisce che la repubblica deve promuovere, con appositi provvedimenti, le pari opportunità tra donne e uomini. La legge per la riforma del sistema elettorale, invece, non contiene nessuna indicazione in tal senso. Anzi, gli emendamenti in linea con il dettato costituzionale presentati dalle varie forze politiche, che avrebbero permesso una maggiore rappresentanza femminile in Parlamento, sono stati tutti bocciati a grande maggioranza. Ne consegue che la nuova legge elettorale si pone in palese contrasto con gli articoli 3 e 51 della nostra Carta costituzionale”.
Su un altro fronte Arcidonna ha richiesto, insieme ad altre associazioni, un'audizione alla Commissione Affari Costituzionali del Senato allo scopo di ottenere “l'unica norma antidiscriminatoria efficace, cioè capace di produrre un incremento reale della presenza delle donne nel nostro parlamento, coerente con l'articolo 51 della Costituzione: l'alternanza uomo-donna nelle liste, dal momento che non è possibile esprimere voti di preferenza”. Qualsiasi altra soluzione, secondo Arcidonna sarebbe “assolutamente inadeguata a garantire una presenza soddisfacente di donne nelle nostre assemblee elettive, attualmente composte per il 90% di uomini”.
Accanto a questo il Comitato “Siamo più della metà”, promosso dalle partecipanti al corso ‘Donne, politica e Istituzioni’ dell’Università Roma Tre, propone nell’immediato “di raccogliere l'associazionismo femminile, sindacale e la presenza delle istituzioni di parità decentrate affinché il Parlamento assicuri la coerenza della legge con l'Articolo 51 della Costituzione e che si attenga alle modalità di presenza nelle istituzioni definite per gli organismi internazionali e illustrate nella Piattaforma di Pechino e successive revisioni”.
L’appello è stato accolto ancor prima di essere stato lanciato, se è vero che per esempio dall’Emilia Romagna alcune realtà associative e istituzionali hanno messo nero su bianco le loro intenzioni scrivendo alla Ministra Prestigiacomo e ai Senatori tutti che sono “pronte a costituire una lobby trasversale per promuovere la legittima presenza femminile all’interno delle Istituzioni, delle liste elettorali e del Parlamento, per evitare che queste situazioni portino ad un allontanamento delle donne dalla partecipazione al voto”.
La stessa Consigliera nazionale di Parità Isabella Rauti ha sollecitato tutte le consigliere, regionali e provinciali, a prendere posizione osservando che dopo il voto alla Camera la rappresentanza femminile nelle istituzioni è destinata a diminuire “aggravando il deficit di democrazia”. La Ministra Prestigiacomo continua a lavorare all’interno della maggioranza per ‘riparare’ l’affronto subito alla Camera e, lacrime o non lacrime, dovrà impegnarsi a fondo se è vero che il Ministro Pisanu ha dichiarato la sua contrarietà alla ghettizzazione che le quote secondo lui rappresentano per le stesse donne. Nell’immediato futuro l’agenda prevede per martedì 22 novembre che le Senatrici incontrino a Roma (Sala Lelio Basso) le associazioni italiane per conoscere le loro posizioni e concordare gli interventi da mettere in atto.
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