Inchiesta sulla Basilicata dei segreti di Stato. Dalle navi dei veleni all’omicidio di Ilaria Alpi, sotto l’ombra della massoneria e della malavita organizzata
Martedi, 19/07/2016 - La Basilicata è il mistero della sua bellezza, delle sue valli, del suo mare. E’ il paradosso del suo essere “terra di nessuno”. E’ il mistero dei pochi abitanti che l’abitano, di un popolo guerriero che ha dimenticato la propria identità, di un popolo generoso che continua ad alimentare l’Italia con petrolio e gas e che riceve quel tanto che basta per un pranzo e una cena. Il cui capoluogo non ha una ferrovia, unica in Europa, ma sarà Matera “Capitale della cultura 2019”. La Basilicata è in fondo alle classifiche d’Europa e in cima alle classifiche d’Europa per povertà e per straordinaria ricchezza. In Basilicata, insomma, nulla è come appare.
COM’E’ PROFONDO IL MAR. LE NAVI DEI VELENI. ILARIA
Delle navi dei veleni si conosce tutto. Il pentito di mafia Francesco Fonti ne ha parlato in maniera approfondita anche in un suo libro. Ne parlano altri pentiti, ne parla Francesco Schiavone, i loro racconti risultano per molti versi attendibili per altri meno. Di nave dei veleni se ne sono occupate le procure di Reggio Calabria col pm Neri e di Matera con Nicola Maria Pace più di vent’anni fa e già da allora emersero scenari inquietanti che coinvolgevano i più alti livelli istituzionali italiani e internazionali. Ma nessuna inchiesta giudiziaria ha mai consegnato la verità alla storia di questo paese, né i personaggi chiave di molte vicende sono mai stati accusati di nulla. Tutto archiviato o quasi.
Dopo l’assassinio del Capitano Natale De Grazia, ad esempio, nulla rimase del pool del magistrato Francesco Neri e di quella breve e miracolosa indagine, da cui emersero fatti, episodi, personaggi e verità incredibili.
Sembrò che qualche “nave dei veleni” venisse a galla, come la Cunsky descritta proprio da Fonti, dal mare di Cetraro nel 2009. Con 120 fusti pieni di rifiuti tossici. Ma come il gioco delle tre carte, sparì.
O come la motonave Rigel su cui indagava il capitano De Grazia, il cui riferimento fu ritrovato in un appunto nell’ufficio di Giorgio Comerio. L’ultima volta che De Grazia sentì il dott. Pace fu proprio per dirgli che aveva individuato il punto esatto in cui era affondata la Rigel.
Pace s’interfacciò con la procura di Reggio mentre indagava sull’Itrec di Rotondella e sul traffico e la gestione delle scorie nucleari in Italia in cui probabilmente era coinvolta l’Enea. “Si trattava di un impianto che per trent’anni era stato mascherato come centro di ricerca” lo dice lui stesso alla commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti nel marzo 2005.
Dei veleni che inquinano la pancia dei lucani sapevano le più alte istituzioni. Nicola Maria Pace informò alla presenza del Segretario generale Gifuni, Il Capo dello Stato che “ci ringraziò dicendoci di informare il Presidente del Consiglio Dini, il quale informò il Sottosegretario Cardia di seguire la vicenda al quale io riferii”, si legge nella stessa, dopo l’ennesimo incidente all’interno dell’Enea di Rotondella nell’aprile del ’94.
Un segreto di stato? perché mai segreto. Lo sapevano tutti. Lo sanno i lucani che con i veleni convivono dagli anni ’50. Forse. Perché oggi del lavoro ineccepibile del dott. Pace e della sua eredità non rimane quasi nulla.
Probabilmente Ilaria Alpi incrociò la pista delle navi dei veleni e delle armi che proseguiva fino all’estremo sud, verso la pattumiera dei traffici internazionali, la Somalia, come la Basilicata, come la Calabria. Già ventidue anni fa.
Le carrette di mare per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, che venivano fatte colare a picco nei mari del sud, è un’idea geniale nella sua drammaticità. Poco costose, poco visibili, difficilmente identificabili con le giuste coperture. Ma per pianificare un progetto così ben congegnato c’è bisogno di protezioni altissime più che dei capi boss della ‘ndrangheta e politici locali corrotti.
Giorgio Comerio entra nell’inchiesta del pm Neri. Superfaccendiere, massone, che resta a diposizione dei servizi segreti di mezzo mondo. Gestisce grossi affari per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi con il progetto ODM (Oceanic disposal management). Che possiede certificato di morte di Ilaria Alpi nella sua agenda. Che trovò il Capitano Natale De Grazia in una perquisizione nella sua casa, nei mesi precedenti alla sua morte. Forse. Le prove non ci sono. I documenti sono spariti da uno dei faldoni manomessi a Reggio Calabria, così dimostrò il pm Neri. I procedimenti a carico di Giorgio Comerio sono archiviati.
L’OMBRA DELLA MASSONERIA
Le indagini di Nicola Maria Pace si allargarono ad altre regioni, tra queste la Puglia e su Giovanni Pluchino, proprietario e personaggio chiave nel ritrovamento nell’ex Cemerad di Statte di migliaia di fusti con sostanze altamente radioattive. Presidente dell’ordine dei chimici di Taranto, massone della potentissima loggia Pitagora in rapporti con Enea. Tra i rapporti commerciali della Cemerad anche la Setri di Chianese, mente dei traffici di rifiuti dei Casalesi, secondo la Dda di Napoli, legata a Licio Gelli.
Nel 2006 il pm Woodcock nell’inchiesta Somaliagate incrocia Massimo Pizza l’agente dei servizi segreti, nome in codice Polifemo, così dice lui. Sulla massoneria potentina racconta”Sono due, le gran logge d’Italia. Una in Calabria l’altra in Basilicata. Se lei va a vedere i componenti per esempio della loggia, della gran di Calabria e va indietro, ricostruisce esattamente una parte di rapporti italiani che ci sono stati, ma ricostruisce la trasformazione organica della criminalità organizzata calabrese all’interno delle istituzioni. La famiglia De Stefano, gli Araniti, i Piromalli di e i Mazzaferro ebbero l’accordo generale di poter entrare in massoneria con il famoso Macrì.(…), ma attenzione perché la massoneria ha bisogno pure del braccio armato e chi lo fa il braccio armato della massoneria? la criminalità organizzata” “Il centro di potere in Basilicata si finanzia con i soldi in nero (…) con il petrolio e l’acqua. Diciamo che il centro di potere che viene finanziato in Basilicata che a sua volta finanzia mezza Italia è esattamente questo” Sui rifiuti dice: il “traffico di uranio e l’internamento di scorie radioattive che sono state fatte in uno dei siti scelti (…) che poi sono stati trasferiti anche in Somalia dalle navi fantasma”.
ROTONDELLA. URANIO E BOMBE ATOMICHE
Una città bellissima, che sembra il ritratto della torre di Babele. Costruita a spirale, con panorama mozzafiato, in forma conica e tonda che sembra voler arrivare in cielo quasi a sfidare Dio, come fu per la famosa Torre. Forse per questo è stata condannata, ma dagli uomini però, che hanno frainteso il senso della sua bellezza. E chi penserebbe di sfidare Dio?
Un terreno friabile, soggetto a terremoti di media e alta intensità e ad alluvioni, contiene le barre lasciate in Basilicata dagli Usa nell’Itrec di Rotondella. Si tratta di 84 barre di uranio torio giunte a Rotondella negli anni dal 1969/’71 per l’operazione di riprocessamento e recupero, realizzato solo per 20 delle 84, le altre 64 sono custodite in una piscina che fa da schermo per la radioattività.
Nicola Maria Pace fu il primo ad indagare rinviando a giudizio 5 dirigenti dell’Enea, di cui uno solo fu condannato a 15 giorni di carcere.
Perché si scelse la Basilicata? Chi lo permise? Perché un territorio così altamente sconsigliabile? Perché le barre sono ancora in attesa di essere trasferite? Cosa rende così segreto un atto dovuto?
Un luogo strategico per tutti coloro che erano interessati a costruire bombe atomiche agli inizi degli anni ’70 come terroristi o iracheni? Iracheni e pachistani frequentavano assiduamente l’Itrec secondo le indagini di Nicola Maria Pace.
Nel 1995 il teste “Bylli”, pseudonimo di ingegner Carlo Giglio, che aveva prestato servizio presso l’Enea, riferì al pm Neri di una presunta attività clandestina dell’Enea finalizzata a rifornire tecnologia e materiale nucleare all’Irak. Parlò delle reazioni de servizi americani e dei servizi segreti israeliani.
Parlò dei presunti rapporti di Giorgio Comerio con l’Enea che cercava di smaltire scorie e materiali tossici.
Succede qualcosa in una notte buia e senza stelle di tre anni fa. Un grande camion, che sembra destinato al trasporto di materiale speciale, esce dall’Itrec di Rotondella fino all’aeroporto militare di Gioia del Colle seguito da centinaia di agenti che ne coprono il tragitto. Ma questa volta i testimoni ci sono, due giornalisti dell’Indipendente lucano scattano foto e filmano tutto. Sembrano inequivocabili le intenzioni per lo spostamento delle barre. Perché tentare di farlo di nascosto? in fondo è quello che ci si aspetta da anni. I terroristi potrebbero accaparrarsi l’uranio per costruire bombe atomiche, dice qualcuno. Dopo interpellanze parlamentari si viene a sapere che erano “solo” scorie radioattive.
La Sogin per bocca del responsabile del Sud Italia Corrado Alfieri afferma: le barre? Non c’è ancora accordo sul trasferimento.
Tutti sapevano. Tutti sanno. Ma sono tutti segreti di Stato.
IL PETROLIO. GEMELLI
“Siccome il petrolio si è sempre incrociato con il commercio delle armi e con la criminalità organizzata, tutti i Grandi Stati, sia per ragioni difensive e offensive, sia per capire le implicazioni di certe transazioni, hanno sempre interferito”. E’ una dichiarazione dell’ex ministro Rino Formica che apre “Lo Stato Parallelo” inchiesta su Eni scritto a quattro mani da Greco e Oddo per Chiarelettere.
Il petrolio è la maledizione della Basilicata. La sua ricchezza, la sua afflizione. Il più grande giacimento onshore d’Europa occidentale. E’ la più grande riserva petrolifera italiana, si estraggono il 70% del petrolio e il 14% del gas. Tra il 2012/’14 Eni e Shell hanno versato 500milioni di euro in royalty alla regione. La disoccupazione è al 14%, quello della media italiana all’11%. Stiamo sulla soglia di povertà. L’emigrazione dei giovani lucani non si è mai fermata. Il posti di lavoro che le compagnie offrono sono quelli per operai meno specializzati per il controllo dei tubi o per controllo degli impianti. Gli ingegneri e operai specializzati vengono da fuori.
La terra è malata come l’acqua. Basta scavare poco per trovare materiale inquinante. O leggere le cronache locali per leggere di animali morti in modo inspiegabile, come le galline più di recente. O nei casi più eclatanti dei pesci morti nel lago del Pertusillo. O leggere le ultime ordinanze della procura di Potenza: “Dispiace rilevare che per risparmiare denaro ci si riduca ad avvelenare un territorio con meccanismi truffaldini” scrive il Gip nell’ordinanza “Rifiuti speciali pericolosi” qualificati da Eni “in maniera arbitraria e illecita”.
Gianluca Gemelli compagno dell’ex ministra Guidi, al centro dell’inchiesta, nelle intercettazioni se la ride “non ti preoccupare, tanto non inquina” dice a Giuseppe Cobianchi supermanager di Total Basilicata.
Ride sempre Gianluca Gemelli anche quando parlando con Alfredo Leto che gli aveva riferito di aver appena scaricato quell’“imbarcazione” Gemelli gli risponde “Si oggi mi sono lamentato col Mise… le navi dei veleni ve le mettete dove sapete voi, no ad Augusta” … (ride) dice “ma non ne sapevo niente “… “ ecco informati e fagli fare … e finiamola co sto bordello …” (ride). Gli investigatori ci diranno cosa intendesse Gemelli con quell’affermazione, se navi pieni di rifiuti tossici oppure navi sgradite.
Ma è lecito chiedersi, come fa Don Marcello Cozzi della segreteria nazionale Libera: “A quali navi fa riferimento Gemelli. Di che veleni parla? quando si parla di navi dei veleni si riaprono vecchie ferite”.
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