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BARCAMP /Storia di Amina. Due volte migrante

BARCAMP /Storia di Amina. Due volte migrante

"...In Italia bisogna lottare per qualsiasi cosa, anche le italiane stesse. La società e le istituzioni sono organizzate per grandi famiglie. Economiche, politiche o per standard sociale.."

Mercoledi, 30/05/2012 - Ogni due mesi Amina prende l’aereo per Parigi. Abita in Italia da quattro anni. Lavora come account manager in una multinazionale. Ogni due mesi si ricongiunge alla sua famiglia emigrata in Francia dal Marocco. Amina è cresciuta a Saint Remis Les Chevreuse, mezz’ora di metrò dalla capitale. Ha frequentato scuole e università francesi. Si è fidanzata con un militare belga e quando la storia è finita ha accettato di trasferirsi in Italia. "Lavoravo a Parigi da appena due anni quando mi hanno offerto un posto a Roma. C’era bisogno di qualcuno che parlasse l’arabo. Ho deciso di accettare anche per motivi personali. Avevo appena finito una storia d’amore e volevo andarmene. La mia famiglia è rimasta a Parigi, ma io ogni due mesi la raggiungo. E’ difficile vivere senza la profondità degli affetti. E’ una questione sottile, i miei parlano francese e arabo classico, ma sono le sfumature che mi mancano, quel modo di chiamarci a tavola che ha mia madre, quel chiamare gli oggetti o vezzeggiare il mio nipotino nel dialetto di Rabat".



Come hai vissuto questi continui trasferimenti?

In realtà bene. In Marocco ho fatto solo la scuola primaria, il resto a Saint Remis les Chevreuse. Tutti gli anni per le vacanze di Pentecoste i miei mi portavano a Rabat. Rivedevo nonni e cugini, sentivo gli odori di quand’ero piccola, e stavo bene, ora ci manco da un po’, magari l’anno prossimo …



Trasferirsi in Francia e poi in Italia ti ha dato la possibilità di osservare le differenze tra due paesi europei, che esperienza ne hai tratto?

In apparenza sembra tutto diverso. Il Marocco è una monarchia, le donne sono abbastanza libere, anche se però dipende da dove sei nata e in che famiglia vivi. Se i tuoi sono laici o credenti. Colti o ignoranti. Da un punto di vista politico molti sistemi presenti in Marocco sono gli stessi dell’Europa. Alludo alla corruzione che da noi è frequente come da voi. O alla mancanza di lealtà e trasparenza da parte di chi maneggia la cosa pubblica. Alla difficoltà per le donne di fare carriera. Alla scarsità di aiuti per le donne sole.



E tra Francia e Italia che bilancio?

Per le tradizioni culturali: il carattere della gente, il disordine, l’incuria e, lasciami dire, la maleducazione, Roma è più simile al Marocco. Io lavoro all’Eur ma ci sono quartieri che sembrano del terzo mondo. In Francia è diverso. Si respira la cultura del nord Europa con i vantaggi dell’estroversione mediterranea. C’è maggiore civiltà e attenzione per l’altro e per la cosa pubblica. Si rispettano le file. Le persone sono gentili, magari sarà anche una forma di ipocrisia, ma c’è meno aggressività e prevaricazione. La giustizia funziona, il lavoro se si è qualificati si trova. Complessivamente a Parigi si vive meglio e con meno stress.



In che senso?

Ti faccio un esempio, a Parigi andavo sempre in bicicletta, a Roma ho difficoltà anche a prendere la macchina. Come sbagli o ti fermi un po’ ti dicono le parole o iniziano a clacsonare. Nessuno si mette in fila e tutti cercano di fregarti. Per me è uno stress. Così come quando le persone si meravigliano che non faccio la colf. Che vesto normalmente e porto le stesse borsette delle italiane. Anche questa è una forma di razzismo.



A proposito di razzismo, come ti hanno accolto?

A Parigi ero una di loro. Ci sono donne di colore che guidano i Bus, i treni, che fanno lavori di responsabilità e guadagnano molti soldi. All’università il corso di filosofia era tenuto da un’algerina. Molti medici sono donne provenienti dal Maghreb. Per via delle colonie, ma anche per una apertura mentale che in Italia ancora non c’è.



A Roma non ti senti integrata?

Non fraintendermi, Roma mi piace tantissimo. Posso mangiare come a casa mia, ho un ottimo lavoro. Esco la sera. Con i colleghi vado d’accordo, ma è come se mi sentissi sempre un’estranea. Non dipende dal fatto che sono qui da poco, è lo sguardo delle persone che è diverso. Sono stata in Olanda diverse volte e subito mi son sentita a casa. Credo dipenda anche dalle istituzioni e dal modo con cui si fa rete tra donne. E’ tutto più naturale. In Italia bisogna lottare per qualsiasi cosa, anche le italiane stesse. La società e le istituzioni sono organizzate per grandi famiglie. Economiche, politiche o per standard sociale. Si vive e si lavora per “gruppi”, come nei clan africani.

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