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Bambini in ospedale. Un progetto di alleanza educativa

Bambini in ospedale. Un progetto di alleanza educativa

Parliamo di bioetica - Occorre ‘uscire dalla’ - o meglio ‘non entrare nella’ - spirale perversa della malattia totalizzante

Lugaro Chiara Lunedi, 21/06/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2010

Parlare di “Educazione alla salute globale ed al benessere” significa riferirsi a una nuova e vantaggiosa proposta educativa fondata sulla consapevolezza della necessità di proporre una visione della condizione di benessere psicofisico che, pur non escludendo la presenza di malattie o altre forme di disagio, consente a ciascun soggetto di riconoscersi capace di rispondere in maniera adeguata alle situazioni quotidiane comuni e non, nonché di attingere alle proprie risorse personali e di partecipare a quelle della comunità. Questa prospettiva ha trovato realizzazione operativa nel reparto di Oncologia ed Ematologia Pediatrica dell’Istituto G. Gaslini di Genova, dove lavora da alcuni anni un’equipe di educatori professionali, laureati e opportunamente formati all’attività abilitativa e riabilitativa psicosociale nella malattia organica, oncoematologica in particolare, coordinati dalla dott. Daniela Zarri.

Partendo dalla considerazione che le paure dei bambini sono quasi sempre direttamente proporzionali a quelle del genitore e che i traumi, compresi quelli dell’ospedalizzazione e dell’isolamento, debbono essere elaborati dall’intero nucleo familiare affinché l’efficacia duri nel tempo e consenta una vera guarigione, nel 1998, grazie anche all’avvio della convenzione con la Facoltà di Scienze dell’Educazione, fu possibile intraprendere una serie di lavori di ricerca attraverso l’attività dei tirocinanti. Con loro si sono variamente sviluppati diversi tentativi di condurre pazienti e familiari a riconoscere che la malattia, per quanto grave, per quanto potenzialmente letale e invalidante, non poteva totalizzare le loro vite, che esistevano spazi di relazione e affettività che comunque erano indenni e che, attraverso questi spazi, il loro tempo si poteva nuovamente dilatare e accogliere, fornire vita sana, non solo “parti sane”. Ciò che si è rivelato più funzionale per giungere a quest’obiettivo, è stato innanzitutto il riequilibrare il rapporto parentale, orientandolo nuovamente, e a volte ex novo, all’accudimento piuttosto che al prolungamento del ruolo infermieristico e di controllo sanitario. Accadeva spesso, infatti, che i genitori si trasformassero in preoccupati sanitari e che non lasciassero spazio a giochi o coccole se non per consolare o placare i figli, privando questi ultimi e loro stessi di una dimensione essenziale per la crescita serena. Attraverso il gioco della trasformazione di oggetti destinati alla pattumiera emerge la metafora per cui tutto al mondo può avere nuova vita, simile o meno a quella che ha trascorsa, ma comunque dignitosa, fantasiosa, piena e potenziale. I bambini ammalati si percepiscono “da buttare”, credono sempre che la loro malattia li renda sgradevoli e questa sensazione è acuita proprio da quel cambiamento di ruolo e di rapporto, da genitore accudente a genitore infermiere; i piccoli pensano anche che questa condizione sia una sorta di castigo per una colpa che hanno commesso, anche se non sanno quale o, ancor peggio, identificano in eventi banali

sui quali diventano omertosi. Nel costruire oggetti di trasformazione con i genitori e sotto la guida di un educatore formato a cogliere i messaggi, i bambini possono esprimere timori e aspettative e possono ricevere risposte e suggerimenti convenienti con una modalità capace di sdrammatizzare senza banalizzare e, soprattutto, condividendola con i genitori.

Dalle attività prodotte in Oncoematologia sotto il nome di “Progetto benessere in Qualità di Vita”, dal 2003 ad oggi si è aperta una collaborazione con l’AISP, Associazione Italiana Sindrome di Poland, che raccoglie soggetti portatori di questa condizione malformativa e genitori. L’Associazione ha inizialmente concentrato le energie nel cercare di favorire la nascita di un centro di eccellenza a valenza prettamente medica e in cui l’equipe multidisciplinare comprendeva chirurghi, ortopedici, genetisti e riabilitatori. Divenne ben presto evidente che occorrevano anche figure che fossero in grado di abilitare pazienti e genitori a una forma mentale che consentisse non solo di sfruttare al meglio quanto gli altri professionisti offrivano come correzione, ma anche di “uscire dalla” - o meglio, “non entrare nella” - spirale perversa della malattia totalizzante. Il programma, avviato nel 2003 con l’utilizzo della metodologia ludico educativa della trasformazione è cresciuto nel corso dei convegni annuali dell’associazione, man mano che risultavano più evidenti le necessità specifiche di bambini e adulti. Dall’iniziale priorità data alle attività prassiche che consentissero di verificare che le malformazioni della mano non impedivano lo sviluppo di attività di fine manualità, in un tempo successivo sono state affrontate le problematiche estetiche con attività di acquaticità, psicomotricità e animazione musicale, per arrivare poi ad aggiungere i laboratori di autonarrazione e di teatro che hanno permesso buone drammatizzazioni e divertimento e gli incontri di sostegno alla genitorialità.

Con la costituzione della cooperativa sociale “Lo Sfero”, che offre “interventi abilitativi e riabilitativi life span”, dal 2006 gli interventi hanno potuto essere esportati anche nelle scuole con un progetto il cui scopo è quello di favorire l’acquisizione del concetto di “salute globale”: si tratta di un percorso di accettazione di sé, diretto ai bambini e alle loro famiglie, che si sviluppa attraverso la modalità ludico-educativa della trasformazione per porre in evidenza come salute e benessere non siano condizioni antinomiche e conflittuali bensì si configurino come “stati dell’essere”.

Infine, nel 2009, si è realizzata una vera e propria “alleanza educativa” con l’associazione di genitori A.Ge. per proporre analoghe attività alla popolazione “normale” che, nel nostro pensiero, è la popolazione tutta cui può accadere, in modo assolutamente normale, di incappare in quella disabilità nella quale l’odierna società può gettarti un intervento di educazione alla salute globale ed al benessere. L’Associazione Genitori, da sempre impegnata sul piano pedagogico al sostegno e alla valorizzazione delle risorse della famiglia e alla prevenzione del disagio, con il progetto “Scuola Genitori” offre alle famiglie un sostegno educativo “leggero” con l’intento di aumentare sia la capacità di riconoscere quelli che sono “elementi disabilitanti” nelle prassi educative quotidiane, che spesso si danno per scontate, sia la consapevolezza della propria capacità creativa nell’immaginare e valorizzare strategie alternative ed espressioni divergenti. Se bambini e genitori sono oggi inadeguati rispetto alle richieste di efficienza e di efficacia dell’ambiente e della società, è importante identificare con chiarezza quali situazioni e condizioni siano di fatto “disabilitanti”, in quanto non permettono di esprimere e conoscere le dimensioni umane della fragilità e della complessità.

Attraverso la costituzione di un’equipe di educatori alla “salute globale ed al benessere” i genitori, in piccoli gruppi, potranno essere accompagnati a rivedere il significato della salute e della malattia, il significato del gioco come ponte di comunicazione di messaggi positivi e a sperimentarlo con i propri figli.



Chiara Lugaro*

Istituto Italiano di Bioetica

www.istitutobioetica.org



(21 giugno 2010)

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