PICCOLI STEREOTIPI CRESCONO/5 - Quaranta anni di lavoro sull’infanzia nel privato, nella scuola, in Tribunale. La testimonianza di Maria Rosa Dominici sul “corpo depositario della memoria, archivio dei fatti che vogliamo dimenticare” e sul progetto
Camilla Ghedini Domenica, 23/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2014
Maria Rosa Dominici, psicoterapeuta/vittimologia, già Giudice Onorario del Tribunale dei Minori di Bologna e Consigliere Onorario presso la Corte d’Appello di Bologna, Sezione Minori, e membro del Cda della Onlus milanese Intervita, non è che una che ha peli sulla lingua. Non ama i fronzoli, la retorica e le celebrazioni. Ha dedicato gran parte della sua vita professionale ai minori, ai loro abusi e soprusi, alla loro tutela, all’affermazione dei loro diritti, alla ricerca della loro felicità. L’8 marzo non le piace, “perché la donna esiste 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, e non si deve giustificare, non deve entrare in nessuna competizione”. Non le piace perché il 9 marzo, di norma, i riflettori dei mass media e l’impegno delle istituzioni sono già rivolti ad altro. Non le piace perché tante donne, “soprattutto le giovani non conoscono neppure la storia dell’8 marzo, non hanno una vaga idea del concetto di forza, dignità e rispetto che sta alla base di questa ricorrenza” e pensano che tutto si riduca a una serata in libertà con le amiche e al ricevimento di un mazzo di mimose da parte dei colleghi E allora Dominici prova rabbia. Perché lei ricorda bene che il senso di questa festa glielo ha spiegato Margherita, la sarta che lavorava per la sua famiglia, quando Maria Rosa era piccola, aveva meno di 10 anni e viveva a Pordenone. Ricorda bene che Margherita “mi leggeva a voce alta Noi Donne. Era così orgogliosa. Dal tono della voce traspariva passione, partecipazione, commozione. Mi spiegava gli articoli. Aveva fiducia in me, che da grande avrei potuto studiare, difendermi, realizzarmi”. E lì, con Margherita, che vicino all’ago, al filo e alle forbici teneva Noi Donne, Maria Rosa ha capito che sono i bambini e le bambine gli scrigni di un futuro migliore affinché date come il 25 novembre, Giornata Mondiale contro la violenza alle donne, e l’8 marzo, siano da festeggiare per i traguardi raggiunti sul lavoro e nella vita, non per continuare a rammentare quelli ancora da compiere. A Intervita, come ai congressi mondiali cui continuamente partecipa, credendo più che mai nella divulgazione delle idee, Dominici porta un’esperienza quarantennale di lavori eseguiti sull’infanzia, nella sua attività privata, nella scuola, nel Tribunale. Il presupposto da cui parte è chiaro: il corpo è il depositario della memoria, è l’archivio dei fatti che vogliamo dimenticare, perché soprattutto da piccoli non siamo in grado di rubricarli come buoni, cattivi, giusti, ingiusti, meritati, subìti. E così rimangono lì, sotto l’epidermide, pronti a risvegliarsi quando meno ce lo aspettiamo, spesso da adulti, quando intorno a noi si verificano episodi che, quasi inspiegabilmente, ci prendono le viscere. E allora il corpo ci parla e se siamo in grado di ascoltarlo, se abbiamo gli strumenti per farlo, ci racconta. Con questa profonda convinzione, Dominici ha dato vita nel 1996 a Psicantropos, un progetto a impostazione psicosomatica pensato per i bambini e calibrato sulla collaborazione tra insegnanti e genitori, giudicato d’eccellenza anche al Forum Europeo Urban Security di Saragoza del 2006. Affinato nel tempo e in varie scuole di ordine e grado, ha di fatto anticipato ciò che l’attuale Garante per i Minori e l’Adolescenza richiede. “Io confido nella famiglia, ma anche nella scuola, in cui confluiscono minori italiani, stranieri, portatori di handicap. I bambini devono essere abituati ad esternare le loro emozioni, a ‘disegnare’ il loro mondo, così da darci l’opportunità di cogliere nei loro segni situazioni di affettività ordinaria e, anche, di degrado straordinario. Solo così possiamo educarli al rispetto del loro e dell’altrui corpo e delle loro e delle altrui prerogative”. Dominici tiene conto di un aspetto fondamentale. I piccoli non sanno giudicare i fatti, non sanno giudicare che una violenza, un maltrattamento, un abuso, uno sfottò, una derisione, un’umiliazione sono tali, soprattutto se certi comportamenti li vedono in casa. Per questo è fondamentale che acquisiscano capacità critica verso il contesto sociale che li circonda. Ma serve, sempre e comunque, “informazione, prevenzione, formazione”. Solo così non si avranno adulti maschi convinti che discriminare e prevaricare una donna sia giusto, sia sul lavoro che in privato. E solo così non si avranno femmine per le quali è ‘doveroso’ essere sempre al massimo, anche fisicamente. E solo così si cesserà un braccio di ferro tra ‘generi’ che non ha motivo di continuare. L’8 marzo che vorrebbe la Dominici è quello in cui accendendo la tv non ci si imbatte in veline dal fisico mozzafiato che puntano sulla loro fisicità. O in programmi tv in cui sono gli uomini a parlare dei diritti delle donne, in un atteggiamento quasi concessivo. O in cui le donne, per fare valere i propri diritti, rischiano di diventare una brutta emulazione degli uomini. Lei vorrebbe un 8 marzo in cui sullo schermo compaiono volti rassicuranti e ordinari come quello di Margherita, che leggeva Noi Donne sperando in un mondo migliore. Che imbastendo le stoffe investiva in un mondo in cui esistere senza dover chiedere il permesso.
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