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Bambine e bambini, potenziale per la società del domani? Penso che ...

Bambine e bambini, potenziale per la società del domani? Penso che ...

Sondaggio di giugno -

Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2007

Le risposte di lettrici e lettori si sono polarizzate su due opzioni: il 56% sostiene che la società non si prende sufficientemente a carico infanzia e adolescenza, il 30% afferma che le numerose violenze registrate evidenziano la necessità di intervenire prontamente per un domani sereno. Ciò che troppo spesso la cronaca ci presenta sembra sottolineare “una famiglia in grande difficoltà”, mancando” un’etica condivisa”; “stiamo distruggendo, mancando di rispetto al nostro corpo.. così da non rispettare gli altri e soprattutto i bambini”. La superficialità appare essere predominante, e sale lo sconcerto di fronte ad un nuovo sistema di valori che non si sente proprio, la percezione che “ci sia solo cattiveria” e che la società presenti un livello di degrado non più sopportabile. Forse è cresciuta una certa “mancanza di attenzione”, il ruolo di genitore-educatore sembra andato in crisi e la tecnologia (specialmente la televisione e il computer) ha preso il posto di una silente baby-sitter. Scuola e servizi della comunità, oltre a fornire sempre minori coperture agli accresciuti fabbisogni individuali, non sono più all’altezza. Un maggior ruolo dei padri risulta necessario, visto che “ora la legge prevede i congedi parentali anche per loro”. Nelle risposte emerge il ruolo importante che si riconosce alle istituzioni ma anche tutti i limiti presenti: “da sole non possono modificare la mentalità di una comunità“ oppure “non bastano i convegni per addetti ai lavori, bisogna agire sulla società, sui media, soprattutto sulla televisione”. Ma ancor più si evidenzia una critica verso una politica di immagine e poco di sostanza: “troppi seminari, troppi convegni e poche concretizzazioni”, si parla di infanzia “solo per farsi propaganda”. E le domande che emergono vanno tutte in un’unica direzione: “cosa si aspetta ad investire sull’infanzia, su insegnati preparati?” oppure “nessuno definisce percorsi che vincoli i programmi scolastici..” ad occuparsene attraverso prevenzione e sostegno. Rispetto al passato molto è cambiato. Indipendentemente dall’età sembra comunque che in pochi anni molte situazioni siano mutate: “ricordo le porte aperte del pianerottolo e noi bambini che correvamo per le scale e potevamo infilarci in qualsiasi casa, avere la merenda e magari anche una sgridata da una mamma o da una nonna “, mentre ora “la necessità di muoversi in spazi organizzati crea nuovi individui con competenze diverse, più stabili ma con minore capacità di reazione di fronte alle difficoltà e agli imprevisti”. Quello che manca è “il senso di fiducia nel prossimo, oggi pensi che tutti vogliano fregarti!”, “c’è troppo consumismo”, “tutto è commerciale, globalizzato”. Quello che nel ricordo dell’infanzia emerge molto spesso nei commenti, è che ti avevano insegnato “a dividere quel poco che avevi con chi aveva meno” e se una volta “era l’autoritarismo” il problema, oggi è stato sostituito “dal lassismo...vedo i genitori riempire di oggetti i figli. Scegliere l’avere rispetto all’essere”. Così “le relazioni sociali sono più difficili, i bambini sono sempre più soli”. L’Unicef afferma che la violenza sui bambini si verifica ovunque: in ogni nazione, società, gruppo sociale. I casi efferati possono fare notizia, ma sono gli stessi bambini ad affermare che anche piccoli e ripetuti atti di violenza ed abuso commessi su base quotidiana provocano loro sofferenza, intaccando la loro autostima, serenità e senso di fiducia nel prossimo. Sebbene alcune violenze si verifichino in modo imprevedibile e isolato, la maggior parte di quelle sui bambini sono commesse da persone in cui dovrebbero poter riporre la loro fiducia: genitori, sposi o partner, compagni di scuola, maestri e datori di lavoro.
Il grosso delle violenze sui bambini rimane nascosto; i bambini sottoposti a violenze, così come quelli che vi assistono, spesso restano in silenzio, per timore di punizioni e a causa della riprovazione sociale che la violenza comporta tanto per chi la subisce quanto per chi la commette.
Molte persone, e tra queste i bambini, accettano la violenza come un aspetto inevitabile della vita. Spesso, i bambini che hanno subito violenze o che ne sono a conoscenza restano in silenzio, perché non ci sono modi sicuri o affidabili per denunciarle o per chiedere aiuto.

(17 luglio 2007)

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