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Bambine d'avorio nel continente nero

Bambine d'avorio nel continente nero

Africa - In Africa nascere bianchi di colore, cioè albini da genitori di pelle nera, è una dannazione. 'Ombra bianca' (ed Ota Benga), il libro di Cristiano Gentili

Di Pietro Maria Elisa Domenica, 01/12/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2013

Corpi d’avorio, capelli di platino, pelle d’oro e sangue come ambrosia. Nelle quotazioni del cruento mercato degli albini africani, un neonato vale quanto una zanna d’elefante. L’albinismo è un’anomalia genetica presente in tutto il mondo, a prescindere da genere ed etnia, più diffusa in Africa Orientale (1:2.000) che altrove (1:20.000). Dove la carnagione scura prevale, nascere bianchi di colore, cioè albini da genitori di pelle nera, è una dannazione. Più visibili e vulnerabili, sono scomodi, ultimi tra gli ultimi. L’ignoranza desta pregiudizi. Temuti come spiriti, semidei o dèmoni immortali, per tradizione portano bene o male, nel dubbio sono immolati in sacrifici rituali per ottenere potere, denaro, amore e figli. Guaritori e stregoni, aiutati da cacciatori bianchi e di colore, gestiscono un sistema sostenuto da avidità, superstizione e turisti patiti di macabri souvenir. Gli albini sono braccati, catturati, sgozzati, seviziati, scuoiati e mutilati nel segreto della selva in notti di luna piena, con la convinzione che più urlino, più efficaci siano amuleti e pozioni che si ricavano. Le bare sono nascoste sotto il letto o cementate in profondità per impedire il trafugamento.

Le femmine sono più ricercate e stuprate: si crede che fare sesso con loro e berne il sangue prevenga o curi l’aids, mammelle, genitali e capelli sono ambite garanzie di successo. Legare capelli o arti amputati alle reti assicurerebbe pesca in abbondanza. In Camerun una maga pretese i capelli di un’albina eletta miss, mentre politici e carrieristi le offrirono una fortuna per fare sesso.

Alla nascita gli albini sono eliminati sistematicamente o venduti. I genitori li rinnegano, la gente li marchia con epiteti dispregiativi: nessuno, patata sbucciata, lebbroso, ombra, spettro, animale, straniero. I Masai sottopongono i neonati a un’ordalia: li posano davanti al recinto dei buoi, che li massacrano se sono maledetti. La gente li evita, se li vede sputano a terra per annullare il malocchio. Esiliati dalla comunità, se privi di parenti pietosi, finiscono in istituti per orfani, non vedenti e subnormali dove i diritti fondamentali sono negati. La scuola dovrebbe aiutarli e proteggerli, invece li ignora e li maltratta. Stanno rinchiusi in aula per il terrore di essere rapiti. L’ipovisione di cui sono affetti ne riduce l’apprendimento, ma gli insegnanti li giudicano ritardati o indolenti e li relegano all’ultimo banco, costringendoli a leggere e scrivere col naso attaccato ai fogli, senza occhiali né libri a caratteri grandi. Così crescono consapevoli di essere inferiori, con problemi d’identità e personalità.

Sorte amara anche per le madri e le congiunte, che i medici consigliano di abortire per non generare albini. Le donne sputano sul ventre di chi partorisce albini per annientare il maleficio. Le madri sono ripudiate da marito e famiglia, espulse o emarginate dalla comunità, accusate di adulterio oppure di aver dormito all’aperto o in luoghi proibiti. L’albino è detto figlio del demonio se si sospetta che il padre sia un missionario, spesso l’unico bianco nei paraggi.

Clima tropicale ed esposizione al sole causano danni invalidanti che pregiudicare qualità e possibilità di vita. Senza cure i difetti visivi diventano cronici, le bruciature s’infettano, il derma s’ispessisce, i bimbi grattano le piaghe come rogna. Solo il 2% arriva ai 40 anni. In Tanzania la speranza vita media è di 32. L’80% muore di cancro alla pelle, che in area subsahariana è la prima causa di morte sotto i 30.

Una volta difesi dall’ambiente, devono cercare rifugio, lavoro e rinunciare alla vita affettiva. La povertà li opprime, lavorano nei campi senza aspirare ad altre occupazioni, poiché di rado conseguono la licenza elementare. I datori di lavoro respingono anche i più istruiti per evitare guai, costringendoli all’esodo. Trovare un partner è difficile, ancor più per le femmine, perché anche i maschi albini preferiscono donne nere.

Nel 2006 incontrai per la prima volta un’albina africana, ma non conoscevo il fenomeno e non ne ebbi percezione. Ero in Madagascar, che per comune ammissione non è Africa, ma un’isola che non conosce discriminazioni: il popolo malgascio è nato dall’incontro tra etnie africane, asiatiche ed europee in epoche di pirateria, colonizzazione e migrazione. Nel resto del continente gli albini venivano sterminati. Nel 2008 l’escalation. Dati ufficiali: 28 omicidi in 12 stati, 173 indagati, poliziotti e autorità complici, solo 5 casi finora giudicati, incertezze su crimini emersi altrove. Una risoluzione del Parlamento Europeo chiese misure decisive. Il Presidente della Tanzania istituì il censimento, la scorta per albini e designò Al Shaymaa J. Kwegyir, la prima parlamentare albina con un incarico di tutela estesa ai disabili. Benché di famiglia albina (3 fratelli su 9) è una donna forte, non ha subito stigmi, vanta studi superiori e carriera lavorativa. Oggi controlla gli affidamenti degli albini e ha adottato due orfane, di cui una resa muta da un’atroce mutilazione.

Nel 2009 il clamore mondiale. CRI e UNICEF lanciarono l’allarme in Burundi, Uganda e Tanzania. Fu premiato In my genes, un documentario sulla vita degli albini africani, ideato e realizzato a soli 23 anni dalla keniota Lupita Nyong'o. Il Premio Coraggio nel Giornalismo 2010 fu conferito a Viky Ntetema, la reporter tanzaniana della BBC World che denunciò il racket. Lavora tuttora sotto protezione e dirige una ong a favore degli albini.

I dati attuali hanno le proporzioni di un genocidio, soprattutto nella Regione dei Grandi Laghi, dove la Tanzania è più colpita. Le credenze determinano i comportamenti, perciò Vidiadhar Surajprasad Naipaul, Premio Nobel della Letteratura 2001, sostiene che la realtà africana sia comprensibile indagandone le radici religiose e culturali. Nel libro La maschera dell'Africa (2010) ha pubblicato un’inchiesta accurata svolta in loco. Dubitava che la stregoneria persistesse, ma ammette di aver dovuto ricredersi. L’Africa ha potenzialità e risorse, ma un’accozzaglia indefinita di modernità, primitivismo e arretratezza ne ostacola lo sviluppo. L’africano medio soffre di una schizofrenia profonda: da un lato desidera entrare nell’attualità del mondo moderno, dall’altro la tradizione lo riporta a un passato da cui non riesce a staccarsi.

C’è molto da fare per dimostrare che l’albinismo è una diversità con cui si può convivere. Attivisti albini e non, promuovono campagne di sensibilizzazione, divulgazione scientifica ed educazione, dispensano accorgimenti igienicosanitari (cappelli, occhiali, creme protettive) e cure, rivendicano la formazione e l’aumento di operatori sociosanitari e insegnanti specializzati. La Fondation Salif Keita, dell’omonimo musicista albino, ha convinto l’OMS a riconoscere l’albinismo come handicap di natura dermatologica e oftalmologica; il Sudafrica è il primo e unico paese africano che ha istituito politiche sanitarie ad hoc; in Tanzania operano équipe internazionali di specialisti della prevenzione. La soluzione è garantire ovunque parità di accesso all’assistenza sanitaria gratuita di qualità, protezione sociale e giuridica, istruzione, politiche di inclusione sociale, non-discriminazione e repressione giudiziale dei reati.



La storia di un’albina africana

Nel libro di recente pubblicazione ‘Ombra bianca’ (ed. Ota Benga, pagg 319, € 10) Cristiano Gentili, un giovane impegnato nella cooperazione allo sviluppo e nell’emergenza umanitaria, narra la storia romanzata di un’albina africana per svelare le dinamiche di una caccia insensata. La trama si basa su fatti reali, appresi e vissuti dall’autore in Tanzania nel 2011. La pubblicazione, che ha già ricevuto premi e consensi, è innovativa anche nel formato, su carta ecologica e in e-book accessibile a ipovedenti, non vedenti e dislessici. In vendita in libreria e on line, con devoluzione dei proventi alla causa degli albini africani. Per informazioni e iniziative visitate il sito www.ombrabianca.com

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