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Autodifesa o rivoluzione culturale?

Autodifesa o rivoluzione culturale?

Idee - "La negazione da parte delle donne delle propri potenzialità aggressive le condanna spesso a rifugiarsi nel vittimismo e a rinchiudersi nella paura più paralizzante e in un rassegnato torpore"

Iori Catia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2009

Pullulano ovunque corsi di autodifesa per le donne. L’obiettivo è presto detto: superare ogni ragionamento giustizialista, far passare in termini culturali un’immagine non vittimista e bisognosa di interventi paternalisti.



Ho tra le mani un opuscolo di autodifesa che combinando psicologia e biologia dell’aggressività propone un collage armonico di poche tecniche, sicure ed efficaci ma apprese alla perfezione. La risposta della donna attaccata deve essere fulminea, esplosiva, istintuale. Fondamentale capire che il ruolo di vittima e quello di aggressore sono complementari. Che l’aggressore si manifesta solo in presenza di una vittima adeguata e conveniente. Che il mito della donna debole e vulnerabile è un prodotto culturale, non un fatto naturale. L’inferiorità fisica è un mito coltivato dagli uomini per legittimare la discriminazione tra i sessi e del quale non poche donne si sono compiaciute per trarne indulgenza sociale e protezione gratuita. La negazione da parte delle donne delle propri potenzialità aggressive le condanna spesso a rifugiarsi nel vittimismo e a rinchiudersi nella paura più paralizzante e in un rassegnato torpore. E’ ovvio che posto in questi termini c’è anche un fine didattico, se vogliamo, e cioè acquisire la consapevolezza di quei confini, non solo fisici ma anche psicologici, valicati i quali un intruso può considerarsi implicitamente autorizzato ad accampare delle pretese. Io credo che corsi di autodifesa femminile di questi tempi siano davvero utili. Epperò il fatto che si debba arrivare a tanto impone una riflessione. Che idea coltiva della donna la nostra società? Se siamo costrette a usare le arti marziali vuol dire che in un’epoca arida e banale la nostra anima sta sfiorendo. Alla faccia del taoismo che insegna a noi tutte che in ogni donna riposa la dea che ciascuna crea in se stessa. E pensare che una civiltà è tale se rispetta antropologicamente la donna, fonte della vita e ne protegge la specie. Forse sarebbe meglio ripartire da questo elementare e ancestrale mistero per capire che quando un uomo annienta anche senza stupro e violenza fisica la magia femminile, violenta il mondo intero. Uccide il senso stesso della vita. E inaridisce l’anima di noi tutti, lui compreso.







(16 marzo 2009)

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