Venerdi, 20/01/2023 - A trent’anni dalla scomparsa dell'attrice, una pellicola ne ripercorre la vicenda terrena.
Audrey Hepburn vinse il suo primo Academy Award a 24 anni, divenendo una delle attrici più amate al mondo, grazie al suo talento ed alla sua bellezza unici, davvero indimenticabili.
Audrey Kathleen Ruston, il suo vero nome, era nata nel 1929 nei pressi di Bruxelles dall'inglese Joseph Anthony Ruston e dalla sua seconda moglie, un'aristocratica olandese, la baronessa Ella van Heemstra e morì a Tolochenaz, nella Suisse Romande, la Svizzera francese, nel 1993.
Malnutrita da bambina - donde, in realtà, la sua proverbiale magrezza - abbandonata da suo padre, non amata in maniera cònsona dalla madre e cresciuta durante l’occupazione nazista in Olanda, la Hepburn lottò per tutta la vita con i traumi vissuti in gioventù. Anche la sua vita affettiva non fu, in seguito, molto serena ed appagante come narra il documentario "Audrey", diretto da Helena Coan, da oggi visibile sulle piattaforme, a trent’anni dalla morte dell’attrice. In esso viene rivelata non solo la carriera della Hepburn, ma anche e, soprattutto, la donna e la sua esistenza, vissuta non sempre felicemente.
AUDREY fra CINEMA, DANZA e MODA
Dal film emerge una personalità complessa, divisa tra fragilità e forza. Lei avrebbe voluto essere amata, ma, nonostante la popolarità, la vita le riservò più che altro varie delusioni affettive. Alla fine della carriera e della sua esistenza, seppe ritrovare la pace interiore usando la sua popolarità come ambasciatrice globale per l’UNICEF e chiudendo così un cerchio: prima vittima di guerra, poi fonte di sollievo per milioni di persone.
La pellicola è composta da un mix di rare registrazioni d’archivio a cui fa da contrappunto la voce della stessa Hepburn, interviste ad amici e familiari e sequenze di danza, il primo grande amore dell’attrice, nelle quali Audrey è interpretata, nei diversi momenti della sua vita, da Francesca Hayward (prima ballerina del Royal Ballet) che ne veste i panni all’apice della sua carriera, e dall’italiana 'étoile' Alessandra Ferri (una delle tredici danzatrici ad avere ottenuto il titolo di ‘prima ballerina assoluta’) che impersona invece Audrey nei suoi ultimi anni di vita.
Ma va ricordato anche un altro dei suoi talenti ‘naturali’, tra quelli ‘dovuti’ alla sua lieve ed eterea eleganza, quello riferito alla Moda, ormai anch’essa una delle Musae Geminae dell’Arte in generale: il suo esser divenuta ‘testimonial’ per eccellenza, per sua scelta personale, di uno degli stilisti più iconici del secolo scorso, Hubert de Givenchy – Il Dio dell’eleganza.
Dopo aver studiato all’Ecôle des Beaux Arts di Parigi e lavorato nell’atelier di Elsa Schiaparelli (nonna dell'attrice e modella Marisa Berenson), un altro mito della Moda italiana ed internazionale, nel 1952 Givenchy lancia il suo marchio.
Tra i suoi ispiratori un altro pezzo di Storia della Moda, lo spagnolo, Cristobal Balenciaga, ‘Maestro di tutti i couturiers’.
Molti i riconoscimenti che gli verranno tributati, il primo è forse quello destinato a restare nella leggenda ed a dargli la fama: già nel 1953, quando ancora stava lavorando alla sua prima collezione, lo stilista ricevette la visita di Audrey Hepburn nel suo laboratorio, in cerca di un vestito per il suo ruolo in "Sabrina"(la nonna dell’attrice e modella Marisa Berenson), di Billy Wilder. La diva non scelse solo un abito, ma fece proprio lo stile Givenchy, pretendendo da lì in poi che fosse sempre Hubert a vestirla, in qualsiasi film da lei interpretato.
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