rappresento il movimento ecofemminista che risale all’inizio del novecento.ci pare pericoloso il ricorso all’identità di genere che è il centro, la grossa novità, del ddl 2005. Cancellando i corpi sessuati fa anche sparire noi donne con un colpo d
Venerdi, 18/06/2021 - Memoria dell’audizione di Laura Cima, ecofemminismo e sostenibilità, 15/6/2021
Presidente, senatrici e senatori, vi ringrazio per averci invitate ad esprimere il nostro parere sui ddl 2005 e 2205.
Riteniamo fondamentale che si riapra un confronto dei legislatori con la società civile. Io rappresento un movimento che risale all’inizio del novecento. L’utopia “herland” di una delle grandi studiose e suffragiste come Charlotte Perkins Gilman è proseguita nei principi costituzionali che dobbiamo alle nostre 21 madri costituenti e che nessuno finora ha osato toccare (art 2 e 3 in particolare), con ecologiste come Rachel Carson che con un libro, “la primavera silenziosa”, negli anni ‘60 seppe costringere il mondo ad abbandonare il primo pesticida chimico diffuso e dannoso come il DDT. La nostra precursora Françoise d’Eubonne in” femminismo o morte” lanciò negli anni ‘70 il movimento ecofemminista denunciando come il patriarcato fosse predatore del corpo delle donne e delle risorse naturali e sostenne che la lotta di liberazione doveva agire su due piani contemporaneamente, pena la nostra stessa sopravvivenza. Petra Kelly, non violenta ed ecofem, fondò nel decennio successivo i Grunen e fu vittima di un femminicidio. Il nostro movimento si è sempre battuto per trovare un’armonia con tutti gli umani, gli altri esseri viventi e anche la Terra che ci ospita. La nostra esperienza è contraddistinta, come in realtà quella di tutte le donne, da cura per il proprio corpo, per chi ha bisogno e per tutti i viventi, per le generazioni future perché essendo madri, naturalmente le donne sono molto più attente a cosa succede. Siamo un movimento diffuso, radicale e sempre contrastato in modo diverso dai partiti ottocenteschi, sopravvissuti nel novecento ma che ormai hanno perso le loro radici. Non hanno lasciato spazio a considerazioni ed esperienze che oggi sono di estrema attualità perché stiamo parlando, in epoca di pandemia e catastrofi climatiche, di ddl di contrasto della discriminazione o violenza per sesso, genere o disabilità. Quindi di sessualità, di corpi, di relazioni e di socialità. Di vita e di vite. Di speranza del futuro che questo sistema insostenibile sta togliendo a figli e nipoti sulle cui spalle abbiamo lasciato un mondo depredato da codici patriarcali, che hanno indotto guerre e violenze, a partire dai corpi di noi donne, ma anche di tutte le minoranze. Ne parliamo rispetto ad una norma penale che dovrà avere la chiarezza raccomandata dalla Corte Costituzionale e dal Magistrato che è intervenuto qui all’inizio.
Impariamo dalle comunità indigene i saperi di chi ha conservato il rispetto per gli ecosistemi in cui vive e ha dovuto subire nei secoli colonizzatori e predatori e oggi multinazionali e gruppi di potere che per la ricchezza ormai concentrata nelle mani di pochi hanno condotto, anche noi donne, in condizioni difficili, come a parole tutti sanno, ma nei fatti dimenticano. Esperienze molto concrete e per nulla ideologiche che ci aiutano a lottare responsabilmente per essere protagoniste. Per tutto ciò ci pare pericoloso il ricorso all’identità di genere che è il centro, la grossa novità del ddl 2005, come ha ben spiegato la prof. Moresi che mi ha preceduta. Come formulata nell’art. 1 lettera D, è piuttosto ambigua con il rischio di originare confusione, conflitti e difficoltà di interpretazione: per questo la Gran Bretagna ci ha ripensato, e così Spagna, Germania, Svezia, Finlandia e Giappone. Cancellando i corpi sessuati fa anche sparire noi donne con un colpo di spugna e ci ripiomba nel neutro maschile da cui con difficoltà ci siamo differenziate e nel linguaggio del pater familias che faticosamente cerchiamo di modificare. L’operazione di usare l’ideologia di genere molto, troppo, diffusa anche dalle accademiche, che noi riteniamo prodotto di codici e linguaggi patriarcali, ha già reso marginali molte affermazioni e conquiste del movimento delle donne, non rende evidente che siamo la maggioranza, che abbiamo maturato un paradigma della cura, dell’emotività e delle passioni buone ben articolato nei suoi libri da una filosofa molto nota anche a livello internazionale, Elena Pulcini, attiva anche nel nostro laboratorio ma che purtroppo il Covid ci ha portata via. Si torni quindi a parlare di sessi, si riconosca la realtà di sesso biologico e si rispettino le differenze sessuali. Il Ddl Zan parla di sesso solo per introdurci come minoranza in un gioco tra misoginia (che il movimento delle donne non ha mai chiesto di punire penalmente perché va affossato tutto il sistema che neanche sa prevenire i femminicidi) e misandria che non esiste se non in qualche mente strana. Si parli apertamente di transizione come la legge 164/82 e la sentenza della Consulta del 2017 definiscono.
Credo che oggi pandemie e catastrofi climatiche comprovino l’importanza del nostro impegno dalla tragedia di Chernobyl, quando entrammo in Parlamento presentando un nuovo paradigma basato sulla coscienza del limite che Peccei ci ha insegnato e l’elogio della mitezza a cui il mio concittadino Bobbio ci raccomandava. Promuovemmo importanti leggi e referendum, che trovate negli archivi del Parlamento. Oggi proseguiamo con il laboratorio sostenibilità di Dallastessaparte, insieme agli altri su salute, economia, diritti, lavoro e scuola, ed abbiamo appena pubblicato il nostro lavoro. Non siamo per schieramenti ma per il rispetto delle differenze, delle radici comuni e delle identità e molti uomini in transito o no, soprattutto delle giovani generazioni, stanno prendendo coscienza di quanto abbiamo saputo innovare la politica. Anche la senatrice Cirinnà ha cominciato con noi alla fine degli anni ‘80 a ragionare politicamente su corpi, sessualità, maternità quando con Madre Provetta abbiamo affrontato il nuovo problema dell’artificialità della nascita, la fecondazione artificiale e l’utero in affitto come li chiamammo nella nostra proposta di legge senza mascherarli, come è successo poi, e non vorremmo che ora si creino le condizioni per facilitare processi che sono giustamente vietati.
Ci preoccupa molto il clima che si è venuto a creare intorno a questo ddl dove chi ha la volontà dichiarata di contrastare discriminazioni e odio sul piano penale nei confronti di chi non sta nelle caste sessuali e di potere che il patriarcato ci impone, in realtà ha facilitato senza rendersene conto un clima di aggressioni non solo in rete, proprio da parte di chi usa metodi che dice di voler contrastare. Abbiamo condiviso documenti e proposte di emendamenti che chiedono modifiche alla legge per eliminare ambiguità pericolose ma questa è la nostra preoccupazione di fondo e sappiamo che la Camera alta saprà considerare il tutto con attenzione per assicurare maggiore serenità anche alle generazioni sulle cui spalle abbiamo messo pesi insostenibili distruggendo le speranze di un futuro felice. Siamo al fianco del legislatore che vuole realmente cambiare il paradigma predatorio di violenza e odio nei confronti di chi è minoranza diversa dalla maggioranza che guida il mondo ma l’art 7 quello relativo alla scuola, che prevede l’intervento di esperti esterni all’attività formativa, addirittura nella scuola dell’infanzia, va riconsiderato. Se non c’è la conoscenza delle radici in cui affondano violenza e degrado attuale, non si riconoscono le differenze di esperienza e di modi di combatterli, come si fa ad affrontare il malessere delle nuove generazioni per cui in UE stiamo stanziando miliardi e indebitandoci, come si fa a spiegare veramente quali sono i fondamenti della vita, il rispetto necessario e le differenze da tenere in considerazione come ricchezza per liberarci da questo odio insostenibile, da questa situazione di aggressione continua, dallo schierarsi l’uno contro l’altro e mai cercare di capirsi? Siamo naturalmente a fianco dei promotori del ddl Zan che hanno considerato prioritariamente un argomento fondamentale per la vita e i rapporti come la sessualità, ma occorre cautela per intervenire con bambini e adolescenti. Se maestre e insegnanti non sono abbastanza coscienti prevediamo formazione formatori, corsi di aggiornamento e confronti aperti ma non interventi estemporanei che introducono argomenti poi difficili da gestire. Noi pensiamo che quello che si prevede in questo articolo non porti benessere e chiarezza a questi ragazzi che oggi soffrono le restrizioni e le conseguenze della pandemia. Anoressia e bulimia, depressione, tentativi di suicidio, impoverimento nelle relazioni e nelle possibilità sono il segno di un malessere profondo: introdurre le tematiche previste in modo non adeguato e senza tener conto della complessità provoca una situazione in cui c’è rischio di colonialismo culturale, di propaganda anziché di formazione
E’ un percorso urgente e difficile ma non abbiamo alternative e dobbiamo scegliere da che parte stare liberandoci da ideologie e settarismi che intralciano il nostro percorso di autodeterminazione e riprendendoci tutte e tutti libertà di pensiero, di parola e di azione. Disponibili a fornire documenti, chiarimenti e appoggio contro discriminazioni e odio su cui, come sapete siamo esperte. Buon lavoro a tutte e tutti noi.
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