Venerdi, 26/09/2014 - In effetti è così, proprio come riporta sinteticamente Nadia Somma nel suo articolo odierno su “Il fatto quotidiano”. La legge sul cognome dei figli, che a scrutinio segreto è stata approvata giorni addietro alla Camera e che dovrà passare ora al vaglio del Senato, non è in realtà la migliore delle leggi possibili in materia.
Due i suoi difetti sostanziali.
Limita al massimo la libertà dei figli e delle figlie maggiorenni, riducendola a una semplice possibilità di aggiunta, nel caso sia stato loro attribuito un solo cognome, ma non permette l’inversione dei due cognomi ricevuti (come prevede l’ultima legge spagnola, non ancora in vigore), né consente la soppressione di uno di essi. Tutti casi, questi, da me contemplati in entrambe le mie petizioni, presentate anche alla Camera e al Senato.
Inoltre, con il ricorso all’ordine alfabetico in caso di scelte discordanti dei genitori, rimuove quella verità della vita, che ho definito come “prossimità neonatale”. Si è partoriti da un corpo di donna, da quel corpo che ci ha accolti e nutriti per ben nove mesi, col quale siamo dunque in relazione al tempo della nascita e col quale continuiamo a relazionarci anche per un tempo successivo, scandito quasi sempre dall’allattamento al seno oltre che da preminenti cure materne.
Poiché la relazione del neonato è unicamente con la madre al tempo in cui avviene la registrazione anagrafica, è naturale e logico che il primo dei due cognomi sia per regola quello materno - salvo diverso desiderio univocamente espresso dai genitori - e che non si ricorra ad un qualche artificio per stabilire un ordine fasullo.
Affidarsi ad altri sistemi, siano ordini alfabetici o sorteggi, è un atto di rimozione culturale, un omaggio alla società patriarcale che pertanto non viene interamente superata.
Lo avevo scritto nelle mie due petizioni e ciò collimava con la posizione assunta dalla deputata Marisa Nicchi con la sua proposta di legge e col suo successivo emendamento al tempo della discussione in Commissione Giustizia.
Reputo dunque l’appena approvato Ddl 360 - proposto dall’on. Laura Garavini e di cui è stata relatrice l’on. Michela Marzano - un compromesso, onorevole sì, ma un compromesso.
E tuttavia, considerata la presenza iniziale di proposte ben meno avanzate e dato il clima reazionario che ha contraddistinto la discussione in Assemblea, è probabile che una legge siffatta costituisca concretamente il massimo che sia possibile ottenere oggi da questo Parlamento.
È per tale ragione che invito tutte e tutti coloro che ci credono a sostenere l’iter parlamentare che dovrà ancora compiersi, affinché l’Italia abbia dopo anni e anni di lotte una legge in materia di cognomi.
Ricordo infine alle donne che la scomparsa del vergognoso 143bis, che prevede ancor oggi l’aggiunta del cognome maritale per le donne coniugate ma non ha mai previsto il caso inverso, FINALMENTE uscirà di scena definitivamente dal momento dell’entrata in vigore di questa legge. E non si tratta di un dato secondario, sul quale sia opportuno sorvolare.
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