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Percorsi Cooperativi - La cooperativa 29 Giugno, a maggioranza femminile, e l’inserimento lavorativo delle fasce deboli. Intervista alla Presidente Emanuela Bugitti

Maria Fabbricatore Lunedi, 27/01/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2014

Emanuela Bugitti è Presidente della Cooperativa 29 giugno servizi e Direttore della 29 Giugno onlus nata nel 1984. La Cooperativa si occupa dell’inserimento lavorativo di detenuti, ex detenuti, disabili fisici e psichici e più in generale delle persone appartenenti alle fasce deboli della società: dai senza fissa dimora alle vittime della tratta agli immigrati.



Ci può parlare della storia della vostra Cooperativa?

La 29 giugno ONLUS è una cooperativa che nasce dall’esperienza fatta nel carcere di Rebibbia nel 1984, quando per la prima volta in Europa organizzò, insieme ai detenuti, il primo convegno-spettacolo in carcere. Antigone il titolo dello spettacolo, che fu un pretesto per riflettere sulla pena e sul cambiamento delle persone nella società civile, per riflettere sul rapporto con il territorio, individuando nel lavoro cooperativo una maggiore democrazia, come lo è anche adesso. Questo progetto fu ripreso e rilanciato da articoli di Pietro Ingrao e Miriam Mafai usciti sull’Unità che innescarono un dibattito nella società. Per noi fu importante trovare una via alternativa alla mera detenzione, che senza la parte risocializzante non ha, ancora oggi, molto senso. Da lì cominciammo un dibattito che portò alla legge di riforma dell’ordinamento penitenziario.



È cominciato tutto con una scommessa…

È sempre stata una scommessa, però noi abbiamo avuto l’appoggio della società civile e non solo, abbiamo avuto un grosso aiuto dalle centrali cooperative. E poi ci fu anche la riflessione sulla pena. Non ha senso tenere per vent’anni una persona in carcere senza prevedere, alla sua uscita, le condizioni per non dovere delinquere più. Questa era la scommessa che pensiamo di avere onorato in tutti questi anni.



Qual è lo scopo della vostra Cooperativa?

Offriamo possibilità lavorative a chi sta in carcere, questo è il nostro scopo. Quando un detenuto ha la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione, quindi godere del beneficio della semi-libertà, noi gli offriamo il lavoro. All’inizio lavoravamo solo con i detenuti, poi abbiamo allargato anche al DSM (dipartimento di salute mentale) e in seguito da noi sono arrivate donne vittime di tratta.



Quale lavoro svolgono i vostri soci e in particolare i detenuti?

Ci occupiamo di manutenzione del verde. L’intero comprensorio dell’Eur a Roma, ad esempio, lo curiamo noi, oppure il parco di Colle Oppio al centro della Capitale, siamo noi che lo manuteniamo. I ragazzi che lavorano su quell’area sono della nostra cooperativa, sono tuttora in carcere o sono ex detenuti, continuano a lavorare con noi, anche se hanno finito di scontare la pena. Insomma ci occupiamo di persone che hanno difficoltà a trovare lavoro.



È la forma cooperativa che vi permette di fare tutto questo?

Sì, anche perché una persona condannata può avere l’interdizione di cinque anni o perpetua. Invece il nostro statuto prevede che “può” essere escluso il socio che è interdetto, noi su questa “possibilità” abbiamo fatto diventare soci tutti. Tutti partecipano alla vita della cooperativa, tutti beneficiano dei ristorni, e poi c’è il legame associativo personale, che è amicale e diventa fondamentale.



Come regge la crisi economica la cooperativa rispetto alle aziende o alle imprese?

Secondo me la cooperativa è più duttile e quindi meno rigida rispetto agli orari di lavoro, oppure più flessibile rispetto ad un appalto che non è molto remunerativo: se tutti approvano lo si porta avanti comunque, in un’impresa è difficile chiedere di aumentare i ritmi di lavoro o di sobbarcarsi di responsabilità diverse dai propri compiti, in cooperativa si fa di tutto e di più perché si è soci, è un rapporto diverso con il lavoro, si è più solidali.



Sono molte le donne che collaborano con la vostra cooperativa?

Nella 29 giugno servizi le donne sono in numero maggiore, nella 29 giugno onlus siamo pari. Abbiamo rivisto tutta la nostra organizzazione con la responsabile per le pari opportunità, per permettere orari flessibili eliminando le strutture che avrebbero potuto ostacolare. Perché se la sera il socio deve rientrare in carcere o non può lavorare per motivi familiari non è possibile discriminare. Legacoop nazionale ha fatto uno studio sulla condizione delle donne nelle cooperative: la prima fase ha riguardato lo studio e l’indagine, la seconda fase è stata di sensibilizzazione e di non discriminazione delle donne all’interno per poi favorire il più possibile il capitale umano femminile.



Quali sono gli strumenti concreti per le donne?

Gli strumenti importanti sono quelli della conciliazione e delle parità salariali. Tutti siamo assunti con lo stesso contratto di lavoro, poi però cambia in una parte che è detta “variabile”, nelle aziende le parti variabili sono più alte nei salari degli uomini, è questa una delle ragioni per le quali all’interno delle aziende, che sono impostati con modelli maschili e competitivi, troviamo disparità. Bisogna eliminare le barriere che impediscono a tutti di accedere allo stesso livello di trattamento.



Facciamo degli esempi concreti..

Se la riunione viene convocata dopo l’orario di lavoro chi interviene sono per la maggioranza gli uomini, così come il sabato. Insomma ci sono una serie di misure da mettere in atto nelle aziende che oggettivamente frenano. Per quello che riguarda le cooperative essendo composte di soci si possono favorire tutti questi processi, quando si incontrano degli ostacoli si fa in modo di superarli.



Cosa vi ha permesso di arrivare a mille dipendenti e diventare una realtà italiana così importante?

Il fatto di esserci sempre alleati con gli altri. All’inizio eravamo l’unica cooperativa a Rebibbia, dopo ne sono venute per fortuna tante altre. Per un detenuto il lavoro associato è l’unico possibile, perché si acquista uno status che è quello di lavoratore e questo dà fiducia e stima in sé stessi. Il movimento cooperativo ci ha aiutato moltissimo, abbiamo fatto una partnership con cooperative romagnole, da loro abbiamo imparato a strutturarci, senza di loro non ci saremmo strutturati così bene. La cooperativa è in qualche modo uno strumento di prevenzione. Nel nostro caso in particolare la recidiva è molto bassa: è inferiore all’1%, e ciò significa che è pochissima la gente che torna a delinquere. Ma c’è anche l’aspetto della corresponsabilità: da socio cambia il rapporto che hai con gli altri. È un modo per aiutare i giovani a trovare il lavoro, perché con pochissimi mezzi si mette in piedi la cooperativa. Per fare un’impresa ci vogliono tantissimi soldi, e poi questo è un lavoro collettivo, siamo pari. La sintesi collettiva, per me, dà un senso a tutto.



Una volta che iniziano con voi non rientrano in carcere?

Di solito rimangono con noi. I detenuti, che sono circa 120, sono totalmente integrati.



Le donne detenute in che tipo di lavoro si sono integrate?

Qualcuna nelle amministrazioni, qualcuna nelle pulizie. Altre donne che avevano commesso reati di mafia sono state reintegrate, fuori dal contesto di origine, in varie attività.







Un altro modo di guardare il lavoro

Riportiamo alcuni elementi pubblicati nel sito: http://www.cooperativa29giugno.it/index.php: “Pur mantenendo come punto di riferimento il sociale, i soci della Cooperativa 29 Giugno hanno scelto di cogliere la sfida del libero mercato puntando sul rapporto qualità/ prezzo del servizio fornito, attivando:

• un’analisi di costi e benefici

• l’inserimento di diverse professionalità in forma fissa nell’organico aziendale

• una organizzazione basata sul rapporto funzionale dei diversi ruoli

• l’adeguamento delle procedure aziendali a quanto prescritto dalla norma ISO 9001, BS OHSAS 18001, ISO 14001 l’ottenimento delle relative certificazioni

• L’aggiornamento continuo del parco mezzi ed attrezzature

• L’aggiornamento continuo del personale

• Una oculata attività di marketing, basata sia sull’esplorazione di nuovi mercati sia sull’attivazione di sinergie aziendali.

La mission

• Promuovere diritti di cittadinanza, vantaggi per i soci, benefici sotto forma di produzione di ricchezza ed integrazione sociale.

• Mirare ad accrescere le capacità di tutti, valutando le persone per quello che realizzano.

• Produrre la necessaria innovazione nelle tecniche, nei processi, nell’organizzazione, nella formazione e crescita dei soci e dei lavoratori.

• Impegnarsi perché la cooperativa contribuisca al miglioramento dell’ambiente urbano e naturale, nello stesso modo in cui persegue il miglioramento di quello sociale.

• Valorizzare un’idea del lavoro che si misuri col mercato e con i vantaggi sociali che produce.”

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