Venerdi, 07/04/2017 - Londra, Mercoledì 22 Marzo 2017, attacco Westminster.
Attentatore si lancia sul ponte facendo strage di civili, poi scende dall’auto e accoltella Keith Palmer, un vigile disarmato.
All’interno del palazzo, il terrore!
Craig Mackey, capo di Scotland Yard, è il primo a scappare da Westminster, seguito da Teresa May, Primo Ministro. Di contro, il deputato Tobias Ellwood è l’unico a uscire dal palazzo e prodigarsi con massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca per salvare l’agente, che muore dissanguato nonostante i suoi sforzi.
L’attentatore Khalid Masood, estremista islamico, viene freddato dalla polizia. Era un cittadino britannico.
L’ISIS rivendica l’attentato.
Nel frastuono, nel trambusto dell’evento omicida, coinvolta, per caso, una ragazza. Si trova a passare, col velo islamico, sul ponte tra morti e feriti.
Sgomenta “devastata”, come dirà poi alla stampa, si stringe entro l’impermeabile, cerca un familiare al cellulare per avere soccorso, non guarda né a destra né a sinistra per non svenire. Intuisce che si tratta di un atto terroristico di matrice jihaidista e ha paura. Il velo rivela la sua appartenenza e teme il furore di chi la considera complice perché islamica.
La ragazza viene immortalata col cellulare in mano da un fotografo, mentre percorre il ponte con un atteggiamento che appare indifferente. Nel giudizio di chi vede la foto, la ragazza musulmana sembra disinteressarsi dei feriti, della strage di Westminster. La foto scatena sul web un’ondata di odio islamofobo.
Ecco, allora, le donne musulmane di Londra prendere l’iniziativa. Con coraggio, semplicità, tenendosi per mano, formano una catena umana lungo tutto il ponte di Westminster. In silenzio, velate, in piedi, mano nella mano, manifestano la loro diversità da chi semina il terrore, il loro rifiuto verso chi usa la loro religione per seminare il terrore. La loro presenza a Westminster dà un significato diverso al valore di quanto accaduto sul ponte: no alla paura, no ai muri, no alla violenza.
Tacciono in raccoglimento le donne velate, ma il loro silenzio è un grido, e ci dice che la loro religione non è violenza, e chi la usa per seminare terrore non è un musulmano, ma solo un criminale.
Le donne velate, una lunga catena umana sul ponte di Westminster, un centinaio di mamme, figlie, sorelle, mogli, nonne, le tante età dell’altra metà del cielo islamico, hanno voluto dire un no corale al terrorismo, ma anche agli uomini che seminano morte nel nome della fede in cui queste donne credono (La Stampa 4 Aprile 2017).
Le donne velate, tenendosi per mano su ponte di Westminster, mostrano come un semplice fazzoletto possa diventare un simbolo di pace, espresso dalle donne, le prime vittime degli integralisti religiosi di qualsiasi credo. Non è vano ricordare una grande donna, una grande scienziata, Ipazia, che fu barbaramente uccisa dai fondamentalisti cristiani.
Non è vano far presente, nell’ondata islamofoba seguita alla strage di Charlie Hebdo, la convinzione di molti di noi che Islam e Jihad coincidano.
Ma a quanti continuano a sostenere che l’Islam e la Jihad siano in fondo la stessa cosa e affermano che siamo di fronte a una contrapposizione senza scampo, rinviamo l’immagine di oltre mille musulmani intorno alla Sinagoga di Oslo (“Anello di Pace”). Una catena umana di musulmani ha circondato la Sinagoga come segno di solidarietà con la comunità ebraica locale, dopo gli attentati di Copenaghen. “Se i jihadisti voglio usare la violenza nel nome dell’Islam – dicono i partecipanti all’”Anello di Pace”, - devono prima passare attraverso noi musulmani.” (M. Delle Donne 2015, A Nord a Sud del Mediterraneo, Ediesse).
Lascia un Commento