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‘Taranto Chiama’ alla Festa del Cinema di Roma. Intervista alla regista Rosy Battaglia

‘Taranto Chiama’ alla Festa del Cinema di Roma. Intervista alla regista Rosy Battaglia

Nella sezione 'Festa per il Sociale e l’Ambiente', a cura dell'Associazione ‘Roma Green’, giovedì 16 ottobre è presentato il documentario sulle comunità territoriali impegnate per un futuro più giusto e sostenibile

Giovedi, 16/10/2025 - Non solo cinema, ma anche impegno, ambiente, attivismo, legalità, ecologia e coraggio, tanto coraggio. Tutti ingredienti necessari, anzi indispensabili, per essere giornalisti d’inchiesta oggi e per perorare cause ‘giuste’ ma volutamente dimenticate, troppe volte, dalle istituzioni o dai media. Ma lei, la regista Rosy Battaglia non dimentica, anzi vuole fare memoria e chiama a raccolta con coraggio e determinazione i ‘cittadini reattivi’ attraverso i suoi documentari.

In un momento storico in cui gli occhi del Paese sono puntati su Taranto e sul futuro dell’ex Ilva, la regista e giornalista Rosy Battaglia è in tour nazionale con il suo documentario-inchiesta “Taranto Chiama”: dopo l’anteprima nella città dei due mari e la partecipazione al Festival Cinemambiente di Torino, il film verrà proiettato per la prima volta a Roma, dove approda al “Visioni dell’AntropoCine”, ed il suo percorso proseguirà al Parlamento europeo.

Sarà la regista in persona, Rosy Battaglia, insieme a Marino Midena e Federica d’Urso a presentare il documentario a Roma, giovedì 16 ottobre 2025, alle ore 20.30, presso il Cinema delle Province (Viale delle Province 41, ingresso 4 euro), nel corso della manifestazione ‘Visioni dell’AntropoCine’, un appuntamento di proiezioni, anticipazioni e riflessioni sui diversi modi di raccontare l’ambiente e l’ecologia attraverso il cinema, curato dall'Associazione culturale Roma Green in collaborazione con la Festa del Cinema di Roma ed il Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo (SARAS) della Sapienza, Università di Roma.

L’evento rientra tra le manifestazioni collaterali della Festa del cinema di Roma, nella sezione “Festa per il Sociale e l’Ambiente” e si prefigge di dare parola ai protagonisti del cinema green di oggi attraverso micro incontri con docenti universitari, giornalisti, scrittori, attori e filmmakers, ma anche di sottolineare il ruolo dei protagonisti del pensiero ecologico al cinema.

“Il tentativo era ricostruire - afferma la regista Rosy Battaglia - la solidarietà tra i popoli ‘inquinati’. Con il documentario il tentativo è riuscito e oggi il film porta alla luce una rete di comunità che non si arrendono e che indicano la strada per un futuro più giusto e sostenibile”.

Coprodotto dall’autrice con Cittadini Reattivi ETS, è stato realizzato con il sostegno di Banca Etica (crowdfunding su Produzioni dal Basso), Fondazione Finanza Etica, Fondazione Marcellino De Baggis, Saperenetwork e con il patrocinio del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, oltre che grazie al contributo di più di 300 donatori e associazioni di tutta Italia.

La proiezione del documentario, nell’opening del 16 ottobre, sarà preceduta dai saluti d’apertura di Livio De Santoli (Prorettore alla Sostenibilità Sapienza, università di Roma), di Damiano Garofalo (Docente Cinema, SARAS) e Fabrizio Rufo (Assessore alla Cultura Municipio II di Roma) e sarà un evento tra cinema, ambiente e sociale, all’insegna dei valori dello sviluppo sostenibile.

Il film (100’), già selezionato ai festival CinemAmbiente Torino e Clorofilla Film Festival, nasce da quasi dieci anni di riprese e da un’inchiesta giornalistica avviata da Rosy Battaglia nel 2022, che restituisce con rigore giornalistico e potenza visiva le storie di madri, operai, attivisti, medici e avvocati, intrecciate con i grandi snodi politici e giudiziari che hanno reso Taranto una “zona di sacrificio” riconosciuta dall’ONU e costata allo Stato italiano cinque condanne della Corte europea dei Diritti dell’Uomo (2019-2022).

Un viaggio che parte dall’abbattimento della Ferriera di Trieste, impianto siderurgico altamente inquinante nel quartiere di Servola, fino al quartiere Tamburi di Taranto, dove il 7 maggio 2025 è andato a fuoco l’Altoforno 1 del polo ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia.

‘Visioni dell’AntropoCine’, progetto promosso da Marino Midena e Federica D'Urso, prevede una programmazione di autori italiani, a testimonianza di come i nostri filmmakers siano sempre più attenti alle tematiche ambientali e di come, ormai, si possa parlare a pieno titolo di un “Ecocinema italiano”.

NOIDONNE ha intervistato la regista Rosy Battaglia sui temi dell’ambiente e della parità di genere.

Com'è nata l'idea di questo documentario e quanto sei legata alle idee che veicola?
'Taranto Chiama' nasce da un’inchiesta giornalistica e da un progetto iniziale ad alto impatto civico, nati per raccontare e documentare la vita e le lotte delle comunità italiane colpite da inquinamento industriale e violazioni dei diritti ambientali e sanitari. Il progetto ha dato il via alla produzione di alcuni documentari inerenti un tema di storie resilienti, storie di riscatto possibile in aree che appunto, come Taranto, sono state definite dall'ONU ‘zona di sacrificio’. La leva che ha fatto scattare la possibilità di un racconto in tutte e tre le storie, compresa quella di Taranto, non è però solo la tragedia, ma anche, come dicevo, un possibile riscatto, altrimenti non le avrei affrontate, perché penso che ci siano già altri che fanno una ‘tv del dolore’. La mia idea e il senso di questo lavoro è intanto una restituzione alle stesse persone coinvolte, ma anche e soprattutto una restituzione alle nuove generazioni, che oggi sono quelle che pagano per le ricadute dell'inquinamento - quelle che arrivano dal passato, dal nostro passato e presente industriale come a Taranto - e non lo dico io, ma lo dice il Rapporto Sentieri dell'Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute, e quindi è la generazione ‘Friday for Future’, oltre che quella degli adulti, che paga in perdita di qualità della vita e dell'ambiente e questa è la leva forte che mi ha spinto a proseguire questo lavoro.”

Hai dedicato 'Taranto Chiama' a Celeste Fortunato, giovane madre del quartiere Tamburi, ed all'attivista Emilia Albano...che ruolo hanno le madri, e le donne in genere, nella storia che racconti?
Si, ‘Taranto Chiama’ è dedicato a Celeste, Emilia, Massimo, che sono ahimè ad oggi tutte persone che compaiono nel film e che sono venute a mancare, la prima delle quali appunto è stata Celeste Fortunato, che è mancata mentre io ero in montaggio. È stato per me un momento molto doloroso, che ha richiesto anche poi un passaggio con i suoi familiari per capire se potevo e dovevo portare avanti la sua testimonianza.
Chi vede il film non capisce cosa accadrà a Celeste, lo apprende dai titoli di coda e questa era l'unica modalità che io potevo pensare per restituire dignità e forza a delle figure come lei e come Emilia Albano, che ho avuto l'onore di conoscere e con la quale, alla fine, sono anche diventata amica perché è stata una delle prime fra le tante madri e genitori tarantini che ho incontrato nei molti anni di andata e ritorno verso Taranto. Si tratta di persone che hanno dedicato diversi anni della loro vita a cercare un riscatto per la loro terra e per i più deboli e hanno pagato in prima persona per questo loro impegno, anche ahimè con malattie correlate all'inquinamento, e non potevo ovviamente non ricordarle. Le donne in generale hanno un fortissimo ruolo e un peso non solamente nelle storie, nelle inchieste che io racconto, ma nella migliore gestione dell'ambiente e della cura della casa comune, parafrasando Papa Francesco, molto più degli uomini. Questa è una costante che ho notato in tutti questi anni e le donne sono spesso quelle che cercano in tutti i modi di creare le connessioni che non sempre un mondo maschile, di gestione del potere economico, politico, industriale, è in grado di fare. Sono coloro che custodiscono la vita, insomma, e questo aspetto emerge con forza da tutti e da tutte queste figure che ho raccontato negli anni”.

Chi sono per te i 'Cittadini reattivi', dal nome dell'associazione che hai fondato?
Sono i cosiddetti cittadini ‘scientifici’, che non si lamentano, che pagano per primi la perdita di qualità della vita in termini di salute, lavoro, ambiente, giustizia. Sono i cittadini che diventano attivisti, le madri che lottano per i propri figli, i medici impegnati a contrastare gli effetti dell’inquinamento sui bambini del quartiere Tamburi, gli attivisti diventati “cacciatori di dati” per trasformare le prove scientifiche in battaglie civili. Di fatto ‘cittadini reattivi’ era il titolo della mia prima inchiesta che diede vita poi a una piattaforma di giornalismo investigativo che dopo 10 anni mi ha portato a produrre tre film, il cui apice è 'Taranto Chiama’.

Perché secondo te, e così emerge dalle tue opere, i temi dell'ambiente sono strettamente legati a quelli della giustizia e della legalità?
Dove c'è illegalità di Stato, proliferano le eco-mafie e il crimine d'impresa, come dicevo prima, quindi l'inquinamento non è solamente un fattore di centraline, di rilevamenti, di emissioni, ma può essere poi legato a tante illegalità, allo sversamento di liquami, di polveri, di discariche e tutti i siti di interesse nazionale, compreso quello di Taranto, hanno questo problema. Non ci dimentichiamo che l'Ilva di Taranto è un sito di interesse nazionale, quindi c'è una gravissima contaminazione che dovrebbe essere bonificata dallo Stato, ma così non sta avvenendo, perché le emissioni stanno proliferando e continuando.

Hai incontrato ostacoli ad essere una documentarista donna ed hai dovuto lottare contro pregiudizi per essere riconosciuta in un mondo soprattutto maschile, in particolare quello delle inchieste giornalistiche?
Per quanto riguarda questa domanda sui pregiudizi al maschile, devo dire con profondo rammarico che quando ho iniziato a lavorare come vera e propria giornalista d'inchiesta, nella seconda parte della mia vita, ero illusa da quella che definiamo ‘parità di genere’, mi sembrava che esistesse la parità di genere in questo lavoro, ahimè, mi ero veramente illusa. Negli anni ho notato invece un atteggiamento abbastanza pesante, quindi comunque devi essere la più brava, quella che fa meglio, ma possibilmente quella a cui vengono tagliate prima le gambe, vengono bloccati progetti, finanziamenti, firme e tante altre cose, quindi sicuramente essere una donna non ha giovato alla mia carriera, soprattutto una donna non più giovanissima, questa combinazione in Italia è mortale, per il mondo giornalistico italiano dovrei già essere sparita, in realtà grazie al sostegno dei cittadini, di tanta gente che mi stima e anche delle fondazioni per il giornalismo indipendente europee, io e il mio lavoro non siamo scomparsi ad oggi.

Cosa diresti a ragazze/i oggi rispetto al mestiere del documentario d’inchiesta?
Il documentario è un lavoro molto complesso, nel mio caso poi copre archi temporali lunghissimi, quindi è un lavoro impegnativo, che richiede, come dire, anche coraggio, ma soprattutto pazienza e tanto impegno, però può donare poi grande soddisfazione e il senso di aver costruito un pezzo di storia, di aver reso giustizia e reso a queste comunità, persone e territori, parte della loro storia. Quindi ha una valenza storico-civile fortissima, che dà senso, come portare a termine il film su Taranto, che mi è costato tantissimo in termini personali, economici e molto altro. In realtà poi, la proiezione di Taranto, di grandissima emozione, così come quella di Genova ed Udine e le altre che sto portando in giro, mi hanno ripagato di tutto, perché vedere gli stessi familiari delle persone che non ci sono più non solo commuoversi ma ringraziare, perché la visione di questo film aiuta a reagire, ecco, devo dire che questo mi ha ripagato di tutte le fatiche. Perciò l'invito alle giovani leve è sicuramente - io stessa sto lavorando con due giovani colleghi in associazione con Cittadini Reattivi, con Elisa Rossi e Nicola Petrilli - e anche a chi vuole lavorare con me, con Cittadini Reattivi, che le porte sono aperte perché è un metodo questo, il metodo del giornalismo d'inchiesta, ad alto impatto civico, di interesse pubblico, non è così usuale nel nostro paese e sicuramente c’è bisogno di formazione, quindi alle giovani ragazze lancio anche un invito a candidarsi”.

Rosy Battaglia
Rosy Battaglia è una giornalista investigativa e documentarista italiana, il cui lavoro unisce il giornalismo d’inchiesta e il linguaggio del cinema per raccontare ingiustizie ambientali e dare voce alle comunità.
È fondatrice di Cittadini Reattivi, piattaforma di giornalismo investigativo di interesse pubblico nata nel 2013, dedicata ai temi dell’ambiente, della salute e della legalità. Attivista per il FOIA e gli open data, è anche presidente dell’associazione omonima, impegnata nella promozione della trasparenza e del diritto di sapere in Italia.
Al giornalismo d’inchiesta ha accompagnato il racconto visivo, attraverso un lavoro di documentazione a lungo termine e un forte radicamento nei territori. Con il progetto multimediale Storie Resilienti, selezionato da Banca Etica come uno dei migliori progetti nazionali di narrazione sulla sostenibilità nel 2017, ha diretto due doc-inchiesta finanziati dal basso: La rivincita di Casale Monferrato (Italia, 2018, 30’) e Io non faccio finta di niente (Italia, 2020, 51’), entrambi dedicati a comunità colpite da contaminazione industriale. I film sono stati selezionati e premiati in diversi festival nazionali e internazionali.
Taranto chiama è il suo terzo documentario-inchiesta, sempre finanziato dal basso, di cui è anche la maggiore co-produttrice. Girato nell’arco di quasi un decennio, indaga la complessa realtà di una delle città più inquinate d’Europa. Dal film ha preso forma anche l’inchiesta giornalistica europea Taranto, zona di sacrificio, realizzata in collaborazione con il network CORRECTIV.Europe.
Rosy Battaglia continua a esplorare il confine tra giornalismo narrativo e cinema documentario, utilizzando lo sguardo cinematografico come strumento di memoria, giustizia e cambiamento.

Cittadini Reattivi ETS
Cittadini Reattivi nasce nel 2013 come un’inchiesta giornalistica ad alto impatto civico, ideata da Rosy Battaglia, per raccontare le lotte delle comunità italiane colpite da inquinamento industriale e violazioni dei diritti ambientali e sanitari.
Dal 2015 è diventata un’associazione di promozione sociale e, successivamente, un ente del Terzo Settore, impegnato a difendere il diritto di sapere, a promuovere trasparenza, open data e partecipazione civica. Con la campagna nazionale per l’introduzione del Freedom of Information Act (FOIA) in Italia, ha contribuito a garantire un accesso più ampio alle informazioni detenute dalla Pubblica Amministrazione.

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