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‘Si tacciano le donne nelle assemblee’…

‘Si tacciano le donne nelle assemblee’…

…ovvero l’ABC della cultura di genere (maschile)

Venerdi, 24/12/2010 -
La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni ha organizzato qualche settimana fa un convegno dal titolo “DEMOCRAZIA, DIRITTI UMANI, LIBERTÀ RELIGIOSA: rapporti con il pensiero laico, il cattolicesimo e le altre confessioni religiose”.

Stupisce che fra i relatori invitati a parlare non ci fosse alcuna donna.

Stupisce inoltre che, nonostante le rimostranze di qualche interessata, la Consulta non abbia nemmeno dato una spiegazione. Né in privato (a quanto ci risulta) né tanto meno in pubblico.

Ma forse non ci dovremmo stupire, se è vero che vanno di moda entrambi gli atteggiamenti: il primo è quello che esclude le donne dai contesti più svariati, e il secondo è rifiutare il confronto. Quando a rifiutare il confronto sono organismi o associazioni che dovrebbero avere come missione quella del dialogo (interreligioso, interconfessionale, fra istituzioni e cittadinanza…) viene automatico chiedersi quanta autorevolezza possano effettivamente avere tali soggetti in questo campo.

Pochi mesi fa un altro convegno di grandi pretese vedeva al tavolo dei relatori 20 uomini e 1 sola donna; temi: il relativismo e i linguaggi. Mandai una mail di poche righe osservando questo squilibrio, con l’aggravante che il tema si prestava perfettamente a far parlare voci diverse; per lo meno ebbi una risposta, che riporto qui fedelmente:

“Infatti, mancano anche tante altre prospettive… o l’unica che conta è il genere?”.

Non ho potuto fare a meno di spiegare che la prospettiva di genere è erroneamente considerata una cosa 'di donne'. Quando si parla di prospettiva di genere, ed è questa la cosa molto difficile da far capire, si parla proprio delle prospettive… maschili! Le quali spaziano in tutti i campi dell'essere e del pensiero, dalla politica all'economia, dalla filosofia alla letteratura, dal giornalismo alla religione. E così via…

Pensare che le prospettive di genere (maschile e femminile, tanto per cominciare…) sia del tutto superflua, significa negare l’evidenza della realtà. Faccio alcuni esempi. Negare la prospettiva di genere significa negare che esistono i generi.

Significa pensare che la categoria ‘maschile’ non sia una categoria ‘di genere’, ma che ‘maschile’ voglia dire ‘universale’.

Significa negare il fatto che sui mass media la maggior parte delle persone rappresentate per competenze politiche o professionali sono maschi.

Significa negare il problema che la Storia abbia per lo più dimenticato le figure femminili che hanno avuto rilevanza politica, sociale, filosofica.

Significa negare che i Canoni letterari e artistici per secoli abbiano impedito a grandi donne di essere ricordate, apprezzate, con le loro opere che in molti casi non hanno potuto sopravvivere all’oblio.

Significa negare la fatica con cui quelle poche eccezioni di nomi e cognomi di donne del passato giungessero fino a noi.

Semplificando molto, questa ignoranza porta alla segregazione del pensiero delle donne, relegato a dimensioni e significati minori, inferiori, insignificanti, nonostante le donne rappresentino non solo la metà della popolazione mondiale, ma anche una molteplicità di punti di vista, di esperienze, di capacità, di sapienze.

La prospettiva del genere maschile che si arroga il diritto di dire la sua in ogni campo dello scibile, risulta perciò l’unica accessibile, l’unica ‘degna’ di essere detta e tramandata, pubblicizzata, venduta, spacciata come neutrale e oggettiva.

Tornando al tema iniziale, quello della democrazia, della laicità e della libertà religiosa, temi del convegno organizzato dalla Consulta torinese laicità, ci chiediamo anche come sia possibile che siano state, di fatto, messe a tacere, tutte le ‘voci potenziali’ che avrebbero potuto arricchire il dibattito. Pensiamo alle numerose filosofe, sociologhe, avvocate, teologhe, pastore, diacone che da anni, se non da decenni, rivoluzionano il modo di sentire e di pensare le religioni e la fede, il modo di interpretare il mondo e anche il modo stesso di interagire con gli altri e le altre.

Ma forse è ancora troppo comodo restare appigliati alla rassicurante misoginia patriarcale (chiedo perdono per il termine vetero-femminista, ma non riesco a trovarne altri) che la Bibbia riassume tanto bene in 1^ Corinzi 14:34: “le donne tacciano nelle assemblee, perché non è loro permesso di parlare”.



(24 dicembre 2010)

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