Sabato, 22/02/2020 - Tre donne, tre galleristartiste, hanno deciso di invitare ciascuna 12 artiste ad esplicitare, attraverso i linguaggi visivi, il tema della violenza sulle donne. Mavi Ferrando per la Galleria Quintocortile di Milano, Ilia Tufano per Movimento Aperto di Napoli e Teresa Polidori per Studio Arte Fuori Centro di Roma.
Le opere realizzate dalle 36 partecipanti saranno esposte nei tre spazi espositivi secondo il seguente calendario:
- "Studio Arte Fuori Centro” di Roma dal 26 febbraio al 13 marzo 2020
- “Movimento Aperto” di Napoli dal 25 marzo al 17 aprile 2020
- “Quintocortile” di Milano dal 28 aprile al 12 maggio 2020
Le artiste hanno indagato il tema riferendosi chi alla violenza fisica, chi a quella psicologica; chi al pericolo che, il più delle volte, si annida nelle case, e chi alla possibilità di costruire rapporti armonici tra i sessi.
Sfogliando il catalogo ho riflettuto su ciò che Luce Irigaray ha scritto in un breve testo che ho sempre amato “Come costruire la nostra bellezza?”
Luce indaga lo strazio che appare nelle opere di diverse donne e, alla esplicitazione del dolore, della sofferenza, risponde con “la bella scrittura che possa attenuare l’effetto di desolazione che queste rivelazioni possono produrre”. E aggiunge:”Mi sforzo anche di scoprire o di definire qualcosa di positivo, mentre enuncio qualcosa di negativo”.
Fatta la debita differenza tra l’espressione scritta e quella visiva, mi ritrovo, e ritrovo l’opera di diverse artiste, nel dire di Irigaray.
La lingua si evolve, una parola è entrata nel vocabolario parlato e scritto, un termine che, sino a non molti anni fa, non esisteva.
Femminicidio è un termine linguistico necessario perché, con una sola parola, si intende che è stato commesso, da un uomo, un omicidio su una donna, perché donna. E’ per questo che, nonostante il computer, ignorante, sottolinei in rosso la parola, si deve continuare ad usarla.
A fronte della quantità di femminicidi che avvengono nel nostro e in altri paesi spesso si attribuisce la causa ad un aumento della violenza maschile. E’ così; lo penso anch’io, ma credo che questa violenza sia originata da una forza. Una forza contro la quale non è possibile vincere e che, per questa ragione, si ritiene di dover sopprimere. Una forza femminile; quella semplicemente di dire, anche quando è tutt’altro che facile:”La nostra relazione è terminata”. Credo che ragionare su questa enorme debolezza maschile, quella che conduce all’uso della violenza per incapacità di adattarsi ad una situazione di perdita, possa costituire una chiave di soluzione.
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