Oltre cento opere di 26 artiste attive nella capitale tra gli anni Dieci e gli anni Quaranta del Novecento sono esposte a Roma nel Casino dei Principi di Villa Torlonia, fino al 6 ottobre 2024
Curata da Federica Pirani, Annapaola Agati, Antonia Rita Arconti e Giulia Tulino, l’esposizione riunisce un centinaio di lavori tra dipinti, sculture, opere su carta e fotografie di ventisei artiste di varie generazioni e di diversa formazione. Qualcuna di loro, come Adriana Pincherle, è nata a Roma, ma la maggior parte giunge nella capitale da altre città italiane o dall’estero, e questa grande varietà di provenienza geografica mostra quanto la scena artistica romana fosse allora attrattiva, internazionale e cosmopolita.
Per rendere a queste artiste il dovuto omaggio, e mantenere vivo il loro ricordo, è bene in questa sede nominarle tutte, anche se sono tante. Ecco i loro nomi in ordine alfabetico: Evangelina Alciati, Teresa Berring, Wanda Biagini, Edita Broglio, Benedetta Cappa Marinetti, Ghitta Carell, Katy Castellucci, Leonetta Cecchi Pieraccini, Angela Cuneo Jacoangeli, Deiva De Angelis, Emilia de Divitiis, Maria Grandinetti Mancuso, Bice Lazzari, Pasquarosa Marcelli Bertoletti, Costanza Mennyey, Vittoria Morelli, Marisa Mori, Adriana Pincherle, Milena Pavlovic Barilli, Eva Quajotto, Mimì Quilici Buzzacchi, Antonietta Raphaël, Virginia Tomescu Scrocco, Maria Immacolata Zaffuto, Emilia Zampetti Nava e Rouzena Zatkova. Tra questi nomi vi sono figure ormai storicizzate, ad esempio, la pittrice astratta Bice Lazzari o la futurista Benedetta, oppure la pittrice e scultrice Antonietta Raphaël, anima della Scuola di Via Cavour, o ancora Pasquarosa, divenuta all’epoca “un caso” perché da semplice modella di Anticoli Corrado era riuscita, autodidatta, ad affermarsi come pittrice. Alcune di queste artiste decidono di firmarsi col solo nome di battesimo, una scelta dettata anche dal desiderio di farsi valere di per sé e senza i vincoli rappresentati dal cognome del padre o del marito. Tuttavia, a parte alcuni casi, la notorietà della maggior parte delle pittrici e scultrici presentate in questa mostra oggi non travalica i confini di una ristretta cerchia di studiosi e appassionati. La scelta, naturalmente, è voluta. Scopo dichiarato della mostra, infatti, è anche quello di accendere i riflettori su figure ancora dimenticate o poco conosciute e di far uscire dai depositi museali opere inedite o poco note, per stimolare nuovi studi e ricerche. Molte delle opere esposte, del resto, sono in prestito dai musei della Sovrintendenza Capitolina, che da tempo sta dedicando una particolare attenzione alle artiste e all’immagine della donna nella storia dell’arte.
Il percorso espositivo è articolato in sei sezioni. Nella prima, intitolata Tra Simbolismo e Secessione, si trova un bel Ritratto di giovinetta (1920 circa) in marmo, opera della scultrice Teresa Berring, un’artista nata in Cile e allieva a Roma di Arturo Dazzi, della quale non si sa quasi nulla. Spiccano, inoltre, due paesaggi fauves di Edita Broglio, che nel primo dopoguerra sarà una protagonista del cosiddetto Ritorno all’ordine e della stagione di “Valori plastici”, come attestano due splendide nature morte esposte al piano superiore. Segue la sezione Attraverso il futurismo dove, oltre alle opere di Benedetta, intrise di dinamismo ed energia, colpiscono i lavori di Rouzena Zatkova, dalle tredici tavole dedicate alla vita del Re David (1917-18) ai dipinti materici e al celebre ritratto di Marinetti (1921-22). La terza sezione, come una sorta di intermezzo, riunisce opere di Costanza (Tina) Mennyey, Mimì Quilici Buzzacchi, Pasquarosa e Adriana Pincherle, caratterizzate da un uso libero, originale ed espressivo del colore. Molto ricca e articolata la sezione Linguaggi del quotidiano tra Metafisica e Ritorno all’Ordine, dove, oltre alla già citata Edita Broglio, vi sono numerose altre artiste da Maria Grandinetti Mancuso a Bice Lazzari, da Leonetta Cecchi Pieraccini a Milena Pavlovic Barilli, da Antonietta Raphaël a Marisa Mori. Quest’ultima, nota soprattutto per la sua adesione al futurismo negli anni Trenta (si veda Aviatrice addormentata al piano terra), è qui presente con La lettura (1928). Il quadro (dipinto anche al retro dove figura un’inquietante Maschera nel mio studio, 1928-29) è pervaso da un’atmosfera sospesa ed enigmatica tipica del Realismo magico. Altrettanto ricca è la sezione Altri realismi dove, tra le tante opere, campeggiano gli Operai (1940 circa) e Cantiere con figure (1940 circa), due dipinti realizzati con l’antica tecnica a encausto da Maria Immacolata Zaffuto. Conclude la mostra una piccola ma preziosa sezione di fotografie di Ghitta Carell, la fotografa ebrea ungherese che, con i suoi raffinati ritratti delle celebrità dell’epoca, da Maria José a Mussolini, ha contribuito a creare l’estetica del regime.
L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata in collaborazione con Sapienza Università di Roma, Dipartimento SARAS (Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo), e con Zètema Progetto Cultura. Accompagna l’esposizione un bel catalogo edito da De Luca Editori d’Arte.
Per ulteriori informazioni si rimanda al sito ufficiale: https://www.museivillatorlonia.it/it/mostra-evento/l-arte-delle-donne-roma
Didascalie
Benedetta Cappa Marinetti, Velocità di motoscafo, 1922, Roma, Galleria d'Arte Moderna
Maria Grandinetti Mancuso, Astrazione di natura morta, ante 1930, Roma, Collezione F. Lombardi
Pasquarosa, Cabine/Capanne sulla spiaggia /Portoferraio, 1927, Roma, Galleria d'Arte Moderna
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