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Arte sotto le tende

Arte sotto le tende

Conversazione con Lea Contestabile - Dopo la tragedia del 6 aprile, docenti e allievi dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila hanno concordato una nuova didattica, finalizzata alla ricostruzione, non solo fisica

Di Sabatino Guendalina Lunedi, 22/06/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2009

“Noi siamo la nostra casa.

Averla persa significa aver perso il luogo

che costituisce la nostra identità.”



L’Accademia di Belle Arti dell’Aquila è l’unica facoltà rimasta in piedi, non ha avuto il minimo danno, e ha avuto la fortuna di poter riaprire immediatamente. I suoi spazi sono stati messi a disposizione di altre istituzioni come l’Istituto Nazionale di Restauro e il Conservatorio, ma anche dei tanti comitati cittadini che hanno bisogno di riunirsi per progettare la ricostruzione. Tra le attività proposte c’è “Arte sotto le tende”, coordinata e diretta da Lea Contestabile artista e docente di Didattica dell’Arte.

“Quando sono tornata in Accademia ero priva di energie, cercavo, ma non riuscivo a riorganizzare la didattica, ho ricevuto dagli studenti la forza che mi mancava. La loro responsabilità e il grande senso di appartenenza alla città mi hanno incoraggiato con un entusiasmo che mi ha commosso. Così è nato il Progetto “Arte sotto le tende” con il contributo organizzativo del Mubaq (Museo dei bambini L’Aquila) che prevede laboratori creativi nelle tendopoli per i bambini dalla scuola materna alla scuola media, con la possibilità in futuro di estenderli agli adulti. Ora con gli allievi della Cobsalid (Corsi di formazione per docenti di materie artistiche) giriamo per le tendopoli cercando di coinvolgere i più piccoli in questo nuovo percorso di ricostruzione comunitaria. A volte al gruppo si aggiungono volontari, papà, nonne...”

Qualche mese prima del terremoto lei ha dedicato una mostra alla casa “Home sweet Home”, guardare oggi una delle sue installazioni: sedie bianche in circolo davanti ad un imponente camino bianco, fa pensare al vuoto, alla solitudine delle cose che non hanno più senso senza gli abitanti. Cose morte con i crolli delle case che inviano messaggi di memoria, come spiriti senza pace.

Sedie in circolo, come intorno al focolare; su ogni sedia un oggetto bianco di ceramica che narra il rapporto con mia madre: un gatto, un libro, un gomitolo con i ferri, un libro, una bambola. Chi ha vissuto il terremoto non potrà più essere la persona che era prima. Il sisma ha minato le fondamenta non solo delle nostre case, ma delle nostre vite. Molti amici artisti hanno lasciato sotto le macerie i lavori di una vita. Ho visto ruspe spianare intere palazzine portando al macero insieme ai sassi al cemento al ferro, i mobili, i libri, gli oggetti. Cose, alle quali le persone avevano dato un’anima: senso e ricordi della propria vita. Questo, oltre al dolore per le vittime, è ciò che mi ha colpito maggiormente.

Lei lavora da anni sulla casa come metafora dell’identità propria dell’individuo, è un tema che tratta anche con i bambini?

Ho sperimentato percorsi didattici sui diversi modi di raccontarsi. Ce n’è uno che raccoglie molti consensi e consiste nel presentarmi a loro con una bella scatola rossa chiusa con un grande nastro, contiene oggetti legati alla mia storia, che è fatta, come tutte le storie, di affetti, ricordi, sogni, paure, desideri. Questa scatola rappresenta il mio universo, è in piccolo la mia casa: foto, piccoli oggetti, scatoline che emanano profumi particolari, vecchi quaderni dalla copertina nera, letterine di natale lette tanto tempo fa su sedie di paglia. Ci sono anche garze e cerotti che raccontano il dolore della malattia. I bambini capiscono subito e vogliono preparare la propria scatola con le loro cose.

Noi siamo la nostra casa. Averla persa significa aver perso il luogo che costituisce la nostra identità. Ricostruire le nostre esistenze non sarà facile. Non sarà facile neanche per coloro che il proprio tetto ce l’hanno ancora, ma hanno perso i propri riferimenti: un’edicola, un bar, un negozio, l’odore del forno, il rumore dell’acqua della fontanella…



 

(22 giugno 2009)

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