Venerdi, 04/08/2017 - Per non cedere in mistificazioni o anacronismi, la città di Siracusa è cresciuta nel mito di Alfeo e Aretusa, uniti nella chimera di un amore completo e assoluto e scoprire invece che la loro unione e’ frutto di un amore malato, morboso e ossessivo, ci riporta inorriditi alla contemporaneità. Alfeo, prepotente, supponente, incalzante di certo non era proprio l’uomo che anelava la bella e giovane Aretusa che, per liberarsi da cotanta irruenza, preferisce uscire di scena silenziosamente e pedissequamente. Un’altra sopraffazione. Forse la prima. Di certo non l’ultima. Un’altra donna vittima e oppressa del solipsismo del maschio egoista ed individualista. Aretusa, una donna depauperata di ogni identità, impoverita dei propri sogni, vittima di una scelta obbligata, illusa da un destino avverso. E così, pellegrina, allevia il suo dolore depauperandosi con umiltà verso l’oblio infinito ed eterno. E Alfeo dannato, la rincorre e la insegue in un viaggio senza fine, eterno. Illuso. Aretusa come Sara,Laura, Giulia, Elena non torneranno più a casa. Umiliate, maltrattate, offese da uomini fragili e dagli orizzonti chiusi, schiavi della loro ignoranza. Donne colpevoli solo di aver detto no e basta alla loro quotidianeita’, sopportando in solitudine il dolore, l’umiliazione, la vergogna. Un atto di eroismo? No, semplicemente pensare che l’amore che c’era stato un tempo possa ritornare nuovamente, più forte ed impetuoso di prima. Credere che sia stato solo un gesto unico, isolato, senza ripetizioni. Donne, non è così. L’amore e il rispetto non torneranno. Occorre allora denunciare e fuggire da quell’indicibile violenza domestica. Ancora tante, troppe sono le morti di femminicidio:vittime e carnefici, senza equivalenza, l’uno contro l’altro, in una lotta impari dove a soccombere è sempre e solo la donna. Il mito di Alfeo e Aretusa, una storia di ordinaria mostruosità. Una storia di oggi. Una storia infelice. Una storia come tante. E così svanisce il sogno di un mito...Forse. Graziella Fortuna
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