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Approvazione mozione Tarabella - L'Europa verso una cittadinanza di genere

Approvazione mozione Tarabella - L'Europa verso una cittadinanza di genere

Parliamo di bioetica - Diritti sessuali e riproduttivi delle donne, libertà di aborto e contraccezione: approvazione della mozione Tarabella dell’Europarlamento.

Battaglia Luisella Giovedi, 02/04/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2015

Una data indubbiamente importante quella del 9 marzo - immediatamente successiva alla festa della donna - che ha visto l’Europarlamento chiamato a esprimersi sulla mozione Tarabella, riguardante anche la libertà di contraccezione e di aborto. A leggerne i punti principali - il riconoscimento del pieno controllo da parte delle donne dei loro diritti sessuali e riproduttivi, in particolare attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto; il sostegno delle misure e delle azioni volte a migliorare il loro accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva; una migliore informazione sui loro diritti e sui servizi disponibili; l’attuazione di misure e di azioni rivolte a sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva - non si può non salutare con favore una normativa che sembra configurare finalmente una ‘cittadinanza di genere’.

Guardando al dibattito sui diritti riproduttivi - a partire dalla legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza fino alla legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita - emergono in effetti una serie di interrogativi sia sul potere delle donne che sulla possibilità di una cittadinanza di genere. Un primo quesito, relativo al potere, mette al centro la possibilità da parte delle donne di decidere liberamente in relazione ai propri progetti di vita e alla proprie scelte riproduttive. Un secondo quesito, relativo alla cittadinanza, si interroga sul fatto se tale concetto tenga oggi conto delle Pari Opportunità di genere relativamente alla salute psico-fisica delle donne e ai loro diritti riproduttivi. Ne discendono talune (amare) riflessioni su quanto le ideologie e le credenze abbiano condizionato la costruzione delle leggi - si pensi, in particolare, alla legge 40 e al pesante impianto dottrinario su cui è stata modellata - e quanto, invece, tale costruzione sia ispirata ai concreti bisogni delle persone cui le leggi dovrebbero essere rivolte.

A Strasburgo si è affermata la linea più laica e liberale: il Parlamento Europeo ha infatti approvato ad ampia maggioranza una risoluzione che invita l’Unione a migliorare le politiche per raggiungere un’effettiva parità di genere mettendo in evidenza le principali sfide per il futuro, a partire dalla lotta contro le violenze sulle donne. I deputati esortano gli stati membri ad applicare pienamente la direttiva relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento e di Pari Opportunità in materia di occupazione e impiego; a sbloccare i progetti di legge sulle quote femminili nei Consigli di Amministrazione e a promuovere le politiche educative che incoraggiano le donne a scegliere carriere nel campo della scienza e delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni; ad affrontare le problematiche delle donne che lavorano a tempo pieno, garantendo che siano assicurate cure di qualità ai bambini e alle persone non autosufficienti. Cruciale è il capitolo sulla condivisione delle responsabilità familiari (dovrebbe essere garantito un congedo di paternità retribuito di almeno 10 giorni) e sulla flessibilità nell’organizzazione del lavoro che potrebbe agevolare la partecipazione femminile. La competenza in materia sanitaria e di diritti sessuali e riproduttivi resta tuttavia degli Stati membri. L’invito è comunque assai chiaro: su questa e su altre materie eticamente sensibili il ritardo legislativo deve essere recuperato.

Nel nostro paese l’affermazione dei diritti riproduttivi è stata al centro di un aspro conflitto che non ha tardato ad assumere i toni di una vera e propria crociata. Si riproporrà anche ora tale scontro, come sembrano annunciare certi bollettini di guerra? Ancora una volta una biopolitica autoritaria pretenderà di ingerirsi nella vita privata, entrando nelle decisioni più intime e sofferte della vita personale? È così difficile riconoscere che ogni persona ha una propria scala di valori che dovremmo rispettare, anche se personalmente non la condividiamo? L’esistenza di una netta separazione tra la sfera della morale personale e la sfera giuridica o, se si vuole, tra ciò che può essere giudicato ‘peccato’ e ciò che viene definito ‘crimine’ è ciò che caratterizza lo stato liberale.

Occorrerebbe infine ricordare che tali diritti devono essere ricompresi a pieno titolo tra i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e connessi, pertanto, ad una serie di altri diritti come quello alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale, a un trattamento equo, a ottenere lo standard di salute più alto possibile. Si tratta di diritti che, in quanto bioeticamente rilevanti, sono da collocare tra i diritti di cittadinanza e, in tal senso, rivestono un irrinunciabile significato per la popolazione femminile. La quale vedrebbe finalmente garantita quella sfera di liceità che dovrebbe consentire ad ognuno, in piena libertà di coscienza, di assumere decisioni relative ai suoi progetti, anche procreativi, che corrispondano alla sua idea di ‘vita buona’.

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