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Appello disperato delle madri di Napoli, che non si arrendono

Appello disperato delle madri di Napoli, che non si arrendono

Violenza e morte di giovani nel capoluogo campano - tre solo negli ultimi venti giorni - non è un destino a cui sottostare ma una realtà che la società e le istituzioni possono impegnarsi ad affrontare

Martedi, 12/11/2024 - Il femminile di giornata / Trentatré. Appello disperato delle madri di Napoli, che non si arrendono
Anna Elia è la madre di Renato Caiafa. Pochi giorni fa, in quello che Renato afferma fosse ”solo” un gioco, ancora una volta a Napoli, ha ucciso il suo amico del cuore, Arcangelo Correra.
Anna Elia va oltre il dolore e lancia un appello disperato e disperante: “chiedo allo Stato di disarmare i ragazzi di Napoli che rovinano la vita propria e quella delle famiglie. Sono distrutta da questa vicenda - dice attraverso il suo avvocato - chiedo scusa ad Antonella (la mamma di Arcangelo, ndr), vorrei abbracciarla ma comprendo il momento”.
Anna Elia, le cui vicende sono davvero emblematiche tanto da avere trovato coraggio e volontà di far si che suo figlio non si sottraesse alla legge, sicuramente interpreta il sentimento di quella rete delle “Mamme per la sicurezza” che a Napoli - avendone buoni motivi - dichiarano di essere terrorizzate per i loro figli e che per questo, nell’occasione, si sono subito mobilitate una volta in più, partecipando a un presidio nel centro storico con sindacati e associazioni.
La morte di Arcangelo per mano del suo amico è la terza di un giovanissimo in poco meno di 3 settimane; ad ucciderlo è stato Renato, che sostiene di avere sparato per sbaglio. Lui la pistola l’aveva trovata, afferma, poco prima, appoggiata al pneumatico di una macchina. Non pensava fosse vera e il colpo, dopo avere verificato se era carica, è partito per sbaglio colpendo Arcangelo alla testa. Quello che dà il senso della situazione di Napoli e dei giovani, è che le indagini devono ovviamente verificare se sia vero che Arcangelo quell’arma l’abbia trovata o diversamente sia una menzogna, ma nessuno si stupisce o mette in dubbio che a Napoli sia possibile e veritiero che un'arma possa essere trovata appoggiata e/o dispersa in un punto qualunque. Infatti non è poi così inusuale. Tale è il livello di presenza e di giro di armi e anche “lo status simbol” che può rappresentare averle a disposizione e scoprire quella falsa idea di essere uomo nel portarle, oltre alle connivenze con “pessime compagnie malavitose” con cui si può essere in rapporti.
Ma tornando a questa ultima tragedia di cui stiamo parlando, entrare nel merito è necessario ma incredibilmente doloroso.
Anna Elia, la mamma di chi ha sparato, un altro figlio, di nome Luigi lo ha perso circa 4 anni fa perché partecipe di una rapina a cui - si legge - che per ironia della sorte avesse partecipato con un'arma giocattolo. Ma non basta, solo due anni fa anche suo marito è stato ucciso in un agguato. Ed è alla luce di questo tragico “percorso” che tanto più significativa è la sua voce e le sue parole ed anche la determinata convinzione che Renato, che è assolutamente un bravo ragazzo, il suo migliore amico non lo volesse uccidere.
Un'amicizia che doveva essere vera se, come abbiamo letto, Arcangelo sia stato portato all’ospedale in motorino proprio da Renato e a lui abbia detto, poco prima di morire, non mi lasciare.
Una tragedia che avveniva in contemporanea ai preparativi di una festa per Arcangelo che aveva compiuto 18 anni da pochi giorni.
Ed è allora a sua mamma Antonella che va il pensiero, lei che Anna Elia vorrebbe abbracciare ma si rende conto che non può, non è questo il momento, perché comunque siano andate le cose è suo figlio la causa di tanto dolore che anche lei conosce bene.
Soffermarsi a conoscere l’intreccio di dolore e tragedia che coinvolge e segna in modo indelebile questi giovani e le loro famiglie è indispensabile. Molti di questi ragazzi, come ha detto Saviano proprio in occasione di questo ultimo episodio di morte: ”non sono mostri, sono vittime anche quando sono colpevoli”.
La struttura sociale a tutt’oggi non riesce a bloccare questi avvenimenti che inquinano la vita della citta, dai quartieri storici allo stesso centro, sempre più attraversato da migliaia di turisti che di Napoli e della Campania cercano la bellezza, la cultura, le tradizioni.
Eppure ci piace pensare che come delle madri, delle donne disperate non rinuncino a chiedere d’intervenire per difendere i loro figli, il loro futuro e conseguentemente le loro famiglie coinvolte nel peggiore degli incubi, ci sia una reazione delle istituzioni davvero capace di interrompere e cambiare le aspettative di una società, e di tante madri e famiglie che non credono che violenza e morte siano un destino ma piuttosto una storia che può essere cambiata.
Paola Ortensi

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