‘Per amore di una donna’: in cerca degli antenati e dell’amore che salva
Il film, diretto dal regista Guido Chiesa, premiato come miglior film italiano al Bif&st, racconta la storia di due donne legate da un filo invisibile e indissolubile
Mercoledi, 18/06/2025 - Vincitore del Premio Bif&st come miglior film del concorso per il Cinema Italiano, è in sala con Fandango ‘Per amore di una donna’ di Guido Chiesa (fra le sue opere; ‘Il partigiano Johnny’, ‘Lavorare con lentezza’), scritto dallo stesso regista insieme alla sceneggiatrice e sua compagna di vita Nicoletta Micheli.
Il film è liberamente ispirato al romanzo ‘The Loves Of Judith’ di Meir Shalev - uno dei massimi esponenti della letteratura israeliana del ‘900 - un’opera sulla forza e indipendenza delle donne e sulla genitorialità 'adottiva' oltre i legami di sangue.
Sono tante le storie che, al cinema, raccontano di come donne e uomini, in un momento imprecisato della loro vita, scoprono di non essere chi pensavano di essere o in cui, vengono rivelati ai protagonisti segreti sulle loro origini, spesso neppure lontanamente sospettati, come accade anche alla protagonista femminile del film ‘Per amore di una donna’. Queste rivelazioni, al cinema, sono spesso sinonimo di sconvolgimenti ma anche di scoperta, trasformazione, apertura di nuovi orizzonti capaci di rinnovare vite e destini.
Così accade infatti ad Esther, un’inquieta e un po’ cinica quarantenne americana che, negli anni Settanta, alla morte della madre, riceve una lettera misteriosa: deve cercare e ritrovare una donna vissuta negli anni ’30 in Palestina – all’epoca sotto mandato britannico – che nasconde un segreto sulla sua vita. Esther è molto dubbiosa ma alla fine Giunta in Israele, Esther incontra Zayde, un professore dal passato ingombrante, che l’aiuterà nella sua ricerca addentrandosi, fra foto, viaggi e testimonianze, in una storia avvenuta negli anni ’30 in un villaggio di contadini, in un’atmosfera rurale.
In quegli anni il contadino Moshe, rimasto vedovo con due bambini, si vede costretto a farsi aiutare, nelle faccende di casa e della fattoria, da una giovane donna, Yehudit, che con i sui modi indipendenti sconvolgerà la sua vita e quella di altri due uomini, il sognatore Yaakov e il commerciante Globerman: da questa vicenda, intrecciando i fili che legano passato e presente, Esther e Zayde scopriranno una sorprendente verità sulle proprie vite, qualcosa che potrà aprire anche nuove prospettive esistenziali per entrambi.
“Nel film c’è un mistero che coinvolge due donne, legate da un filo invisibile eppure indissolubile – racconta Guido Chiesa - una, Yehudit, è vissuta negli anni ’30 in un villaggio rurale dove il suo arrivo ha scatenato una bizzarra saga amorosa. L’altra, Esther, è un’americana senza alcun legame con la terra dove è nata, pessimi rapporti familiari e una vita dedicata al lavoro. La vicenda degli anni ’30 è tratta dal romanzo di Meir Shalev mentre l’indagine di Esther, liberamente ispirata dal libro, è invece frutto della nostra invenzione e di una sceneggiatura ‘cinematografica’ più adatta alla trasposizione del romanzo in film.”
Una storia avvincente dal respiro internazionale, incentrata sulle due protagoniste femminili, capaci di autodeterminarsi e rialzare la testa nonostante le difficoltà della vita, un film ben diretto e ben interpretato da un cast di ottime attrici e attori, fra cui in particolare spiccano Mili Avital ed Ana Ularu, Ori Pfeffer, Alban Ukaj, Marc Rissmann, Serhii Kysil, Anastasia Doaga, Sira Topic, Limor Goldstein e Vincenzo Nemolato. Con la partecipazione di Menashe Noy e Moni Moshonov.
“Nonostante la distanza che ci divide - prosegue il regista - in questa storia abbiamo rintracciato qualcosa in grado di interrogarci profondamente, perché, come tutte le grandi storie, tocca temi universali. Temi che ci hanno permesso di intraprendere un viaggio incontro alle diverse facce dell’amore. Mostrando quanto sia doloroso, e allo stesso tempo fondamentale, scoprire la verità della propria storia. E alla fine, Esther e Zayde, dopo aver ripercorso lo stesso cammino di amore, morte e rinascita dei loro antenati, comprendono l’importanza di entrare nella vita con empatia, con tutte le sue cadute e i suoi drammi: infatti, anche durante i momenti bui della storia, donne e uomini si innamorano, formano famiglie, comunità, nascono bambini. E allora non c’è più distinzione tra passato e presente, o tra culture e popoli, e possiamo riconoscerci parte di uno stesso destino comune e universale, dove è l’amore che salva.”
Prodotto da Iginio Straffi e Alessandro Usai per Colorado Film Production, Marta Donzelli e Gregorio Paonessa per Vivo film, con Rai Cinema, distribuito da Fandango, il film ha ricevuto il sostegno del MIC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo.
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