Martedi, 24/04/2018 - La libertà totale, la dimensione del movimento, della non-narrazione e della fusione con la natura: questi alcuni degli elementi che caratterizzano “Untitled-viaggio senza fine”, (trailer) l’ultimo lavoro del regista, fotografo e scrittore austriaco Michael Glawogger, reso noto a livello internazionale dal pluripremiato “Workingman’s Death”, un documentario che presentava cinque ritratti sul lavoro manuale nel XXI secolo, presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia (2006) e nella selezione ufficiale del Toronto Film Festival, e da “Whore’s Glory”, Premio Speciale della Giuria Orizzonti alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 2011.
Il 3 dicembre del 2013 Glawogger decide di partire alla ricerca di storie ed immagini, per un viaggio che attraversa paesi e continenti, tra Europa e Africa. Gira e riprende con la fame e con l’occhio del filmaker appassionato e mai pago per 4 mesi e 19 giorni, fra Ungheria, Austria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Serbia, Montenegro, Albania, Italia, Marocco, Mauritania, Senegal, Guinea Bissau, Guinea, Sierra Leone.,
"Ero su un treno dalle parti di Los Mochis e Chihuahua - scrive Glawogger nei suoi diari - e mi sono detto che il più bel film che potevo immaginare era un film che non si fermasse mai: è il mio progetto più estremo sul movimento e il viaggio." Purtroppo è stato davvero un progetto estremo perché, giunto in Liberia, il regista contrae la malaria ed, il 22 aprile 2014, muore inaspettatamente durante le riprese all’età di 54 anni.
La sua scomparsa improvvisa rattrista e sgomenta ma, fra i collaboratori ed amici più cari, c’è Monika Willi, storica montatrice di Glawogger, che decide di raccogliere i materiali e l’eredità spirituale del regista, e continuare il suo percorso, fino al montaggio ed all’uscita del film.
Immagini di lavoro e di vita incredibili ed ancestrali, quotidiani impensabili, volti e luoghi sofferenti, consapevoli o ignari, da cui scaturisce prepotente la vita, nelle sue forme a volte arcaiche a volte minute, sempre incredibilmente potente. Tutto secondo il criterio stilistico e narrativo scelto dal regista, la ‘serendipity’, la concatenazione di eventi che portano a trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un'altra. Una sorta di non-racconto, di descrizione pura, di atto creativo che cattura lo spettatore trascinandolo all’interno di una visione più complessiva.
Su tutto dominano gli elementi naturali, il volo degli uccelli, il fuoco nella savana, il vento nel deserto, la luce e il buio che si contrappongono in Africa in maniera quasi violenta, il lavoro e la fatica degli uomini per prevalere sulla natura, o quantomeno per non soccomberle. La voce fuori campo di Nada Malanima, la grande cantante italiana, lega insieme storie e immagini, con suono grave e lieve al tempo stesso: sono brani estratti dai diari del regista, che scriveva per sé ma forse anche per un eventuale altro da sé, una sorta di road map che svela e non svela. Nella versione originale i testi sono letti dall’attrice irlandese Fiona Shaw. Il docu-film è distribuito da ZaLab.
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