Martedi, 24/10/2017 - Dopo il successo di “Gloria”, il regista e sceneggiatore cileno Sebastián Lelio torna a raccontare la società cilena, e non solo, nelle sue più riposte pieghe di cecità e conservatorismo bieco con il film “Una donna fantastica”, vincitore dell’Orso d’argento per la Migliore Sceneggiatura al Festival di Berlino 2017.
La pellicola, girata con grande originalità estetica e narrativa, racconta la storia di Marina, una donna transgender giovane e attraente, legata sentimentalmente ad un uomo di vent’anni più grande, Orlando, che una sera rientrando da una festa improvvisamente ha un malore e muore.
Oltre allo sgomento ed alla sofferenza per la scomparsa dell’amato, Marina deve fare fronte a quanto accade dopo, trovandosi risucchiata come in un vortice dagli interrogatori della polizia e dal rifiuto e dalla violenza della famiglia del defunto, in particolare dal figlio, che da subito le chiede le chiavi di casa e le prepara le valigie invadendone la privacy, e dalla ex-moglie, inizialmente comprensiva ma che rivela presto tutto il suo livore e la sua sete di vendetta.
La vita di Marina sembra sgretolarsi mentre prende coscienza sulla propria pelle di come la sua natura transgender, lungi dall’essere accettata, la metta seriamente in pericolo a causa del machismo, della grettezza e dei pregiudizi della società in cui vive. L’unico parente che la capisce è il fratello di Orlando che però non ha però la forza di fare nulla contro l’onda d’urto dei benpensanti che lo circondano.
“Penso che il film entri intimamente in contatto con l’identità della protagonista - afferma il regista - In spagnolo, la parola usata per riferirsi all’identità sessuale è la stessa utilizzata per alludere allo stile narrativo: genere. In questo senso, il film stesso è “trans-genere”.
È un film romantico, un film di fantasmi, un film di fantasia, un film sull’umiliazione e la vendetta, un documento della realtà, uno studio di carattere. L’identità del film stesso fluttua, non si fissa, non si ferma, e rifiuta di ridursi ad una singola cosa. Il fatto che non possa essere spiegato in un solo modo è forse uno dei maggiori aspetti contemporanei di “Una donna fantastica”.
Marina, alla quale viene negato anche il diritto di andare al funerale dell’amato, si rivelerà però una donna forte e coraggiosa e si batterà contro tutto e tutti per difendere la propria identità e i propri sentimenti, scegliendo però di non cercare la vendetta ma di coltivare la vita, il canto, la bellezza in memoria dell’uomo che ha amato e che le compare al cimitero guidandola alla sua bara, in una bellissima scena onirica e visionaria, che riassume l’intero senso del film.
“Vedo 'Una donna fantastica' - continua Lelio - come un film dallo splendore estetico, dal vigore narrativo, un film di tensione e sentimento, politonale, multi sperimentale, multi emozionale e che allo stesso tempo celebra e indaga il suo personaggio principale: Marina Vidal. Cosa vedranno gli spettatori quando vedranno Marina? Una donna, un uomo, o la somma di entrambi? Vedranno un essere umano che cambia continuamente sotto ai loro occhi, che fluisce, vibra, e modifica se stessa. Ciò che stanno vedendo non è esattamente quello che vedono, e questa condizione trasforma Marina in un vortice che trascina la fantasia e il desiderio dello spettatore, invitandolo ad esplorare i limiti della sua stessa empatia”.
Il film è prodotto da Pablo Larrain, regista impegnato e da sempre legato alle tematiche sociali.
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