“Un altro me”: dopo la violenza, cambiare è possibile
Il documentario di Claudio Casazza, girato nella Casa di Reclusione di Bollate, sul lavoro di un’équipe specializzata nella riabilitazione degli autori di reati sessuali, mostra che un cambiamento è possibile
Lunedi, 30/01/2017 - Reduce dal Concorso Internazionale al Festival dei Popoli 2016, dove è stato proiettato in prima assoluta nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ottenendo il premio “MyMovies dalla parte del pubblico”, sarà presentato questa sera a Roma, nell’ambito del “Mese del Documentario” (IV edizione), presso la Casa del Cinema, alla presenza del regista, il film “Un altro me” di Claudio Casazza, incentrato su un’esperienza sperimentale avviata in Italia presso la Casa di Reclusione di Bollate a Milano e relativa ad un intervento innovativo messo a punto per i responsabili di violenze sessuali.
La pellicola documenta il lavoro portato avanti dall’Unità di Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali, un’ équipe di criminologi, psicologi e terapeuti coordinata dal criminologo Paolo Giulini, il cui obiettivo è quello di affrontare in gruppo esperienze drammatiche e vissuti devianti, attraverso le testimonianze di alcuni autori di violenza sessuale, per cercare di elaborarle ed evitare il rischio di reiterazione di tali reati. “L’interesse per il trattamento degli aggressori sessuali - afferma Giulini - nasce dal fatto che le violenze sessuali rappresentano un problema grave per la nostra società che genera esiti distruttivi nelle menti e sui corpi delle vittime e delle loro famiglie. La pena detentiva, per gli autori di reati sessuali, si è dimostrata inadeguata e insufficiente come unica forma di tutela e risarcimento nei confronti delle vittime e della società in generale. Il nostro progetto è una sfida tesa a dimostrare che un approccio scientifico e sistematico di riabilitazione è un modo etico ed efficace di proteggere la collettività, ridurre le vittime e prevenire i comportamenti devianti.” Nel documentario, da un lato, Sergio, Gianni, Giuseppe, Valentino, Enrique, condannati per reati sessuali, si raccontano, anche alla luce del percorso interiore e riabilitativo fatto in detenzione, dall’altro le riunioni degli operatori, coordinati da Paolo Giulini, vengono riprese in diretta, mettendo in luce dilemmi, scelte e osservazioni tecniche relative ai casi. Il regista, Claudio Casazza, che ha seguito per un intero anno il lavoro dell’équipe dell’Unità di Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali all’interno del carcere di Bollate, apre per la prima volta lo sguardo su chi sono queste persone e cosa pensano, inoltrandosi negli alibi culturali, nei tentativi di deresponsabilizzazione, nelle dinamiche profonde che li hanno portati a commettere violenza sulle donne.
Un anno trascorso accanto a loro, “abitando” i luoghi delle riprese e girando con una troupe minima che non interferisse con quanto accadeva, aiutano a capire che un cambiamento è possibile. “Ho deciso di fare questo documentario - racconta il regista - dopo aver assistito a un incontro aperto di due ore tra condannati ed operatori che fanno parte del progetto: da entrambe le parti ho visto l’incredibile materiale umano che avevo di fronte. Per restare il più possibile aperto durante le riprese, senza pregiudizi e senza avere già delle sentenze in mano, ho scelto di non sapere che tipo di reati avessero commesso i detenuti che filmavo nel percorso di trattamento. E volevo che questo atteggiamento si riflettesse nel film. Credo che il documentario non rappresenti solo un dialogo tra condannati e terapeuti, ma anche un confronto costante con lo spettatore perché ciascuno possa farsi delle domande e fare un percorso di consapevolezza”. La pellicola pone inoltre l’accento su temi quali la fiducia, gli stereotipi, la relazione con l’altro, la consapevolezza verso il proprio reato, il danno fatto alle vittime. Dei 248 casi di autori di reato seguiti dall’Unità di Trattamento Intensificato, solo 7 hanno reiterato una violenza.
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