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True Mothers: madri biologiche, intermedie o adottive, comunque ‘vere’

True Mothers: madri biologiche, intermedie o adottive, comunque ‘vere’

Distribuita da Kitchen Film, l’ultima opera di Naomi Kawase esce nelle sale il 13 gennaio

Mercoledi, 12/01/2022 - “True Mothers”, l’ultimo film di Naomi Kawase, regista, sceneggiatrice, e produttrice giapponese nota per film quali “Still The Water” (2014), “Le ricette della signora Toku” (An) (2015), “Hikari” (2017), che puntano uno sguardo al femminile sulla realtà relazionale e sociale, ci riporta ad un tema scottante dei nostri tempi, in epoca di famiglie complesse e diversificate: chi può dire di essere la nostra vera madre? E chi sono o possono dirsi i nostri ‘veri’ genitori? Quelli biologici, quelli acquisiti, quelli adottivi, quelli che semplicemente ci amano di più?

Liberamente ispirato al romanzo 'Asa ga Kuru' di Mizuki Tsujimura (internazionalmente tradotto col titolo ‘Morning Comes’), il film racconta una delicata e drammatica storia di adozione in cui sono coinvolte ben tre madri, quella biologica, Hikari, un’ingenua ragazzina che rimane incinta di un coetaneo a 14 anni e viene convinta dalla famiglia a dare il bambino in adozione, quella adottiva, Satoko, che ha tentato con notevole sofferenza insieme al marito Kiyo Kazu una serie di trattamenti della fertilità senza successo, ed una terza donna, l’intermediaria dell’associazione adottiva, che si considera mamma/nonna di tutti i bambini adottati.

Oggetto del contendere è il piccolo Asato, che vive con la famiglia adottiva ormai da sei anni quando una giovane, che dice di esserne la vera madre, chiede indietro il bambino oppure che le siano dati dei soldi. Satoko la invita a casa per parlare ma alla sua porta si presenta una giovane donna che non somiglia in alcun modo all'adolescente che ha dato alla luce il suo figlio adottivo: Satoko sente istintivamente che questa donna non è Hikari e vuole scoprire la sua vera identità, mettendo in atto quanto in suo potere per farlo, finché non scoprirà alcune verità scioccanti sul passato di Hikari.

Il film, basato su una narrazione poetica e destrutturante, che intreccia piani temporali diversi grazie ad un uso sapiente dei flashback, rincorre i temi classici dell’autrice: l’abbandono (la regista stessa, abbandonata dai genitori, è stata cresciuta dai nonni), la maternità, l’incertezza che mina le vite di tutti, la ricerca dei difficili equilibri esistenziali, il destino, le scelte. Non conta tanto la destinazione finale, quanto il percorso, che mostra quanto imponderabile sia talvolta la ricerca della felicità nelle relazioni con gli altri, di certo nel rapporto con la propria madre.

Usando le parole dell’Awards Watch, si può definire questo film "una celebrazione profondamente toccante delle donne che assumono doveri di amore, sostegno e compassione".

Il film, interpretato da Arata Iura, Hiromi Nagasaku, Taketo Tanaka, Aju Makita e Miyoko Asada è co-sceneggiato da Izumi Takahashi e si avvale della musica di Akira Kosemura e An Tôn Thât, della direzione della fotografia di Yuta Tsukinaga e Naoki Sakakibara e del montaggio di Tina Baz, Yoichi Shibuya e Roman Dymny.

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