Nodi e snodi/2 - Un dialogare che mette in relazione
Confaloni Elisabetta Lunedi, 19/09/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2011
Ciò che a Siena si è reso visibile è stato un originario essere insieme intenzionale e pubblico, volto innanzitutto ad una dimensione in cui non si fa fatica a riconoscere ciò che Hanna Arendt chiama dialogare e che si distingue dall’agire perché è reso possibile solo dalla relazione con gli altri (Che cos’é la politica, 2001).
Ma questa assemblea, che ha dialogato per due giorni, secondo la misura paritetica di tre minuti, ‘ha accolto al suo interno diverse presenze, collettive e indiduali, comitati, gruppi locali, che si richiamavano, in parte o completamente, ad appartenenze politiche così come a sfere a lato della politica. Inevitabile che nello spazio di riflessione che a Siena ha fatto seguito, ci si sia interrogate su come intendere, includere e dare valore a quella che da alcuni è stata chiamata ‘trasversalita’’.
Per chi scrive, raccogliere anche il senso di incertezza e disagio che può accompagnare questa dimensione plurale di provenienze e linguaggi, significa provare a contestualizzarlo nel contesto più ampio delle società ‘globali’ che sociologi come Beck e Bauman hanno ricordato caratterizzate da contraddizioni estreme e individualismi sociali e politici. L’ottica della bioetica consente da alcuni decenni di fissare il diagramma pluralistico che compone le società odierne, tessuto di figure poco conformi alla tipologia classica dei cittadini degli stati liberali, con un gradiente sempre maggiore di atipicità, di matrici culturali e morali difformi. Nel caso del movimento SNOQ le matrici politiche, dove presenti, suscitano una domanda sugli sviluppi di una operatività che voglia fondarsi su una messa in comune.
La lettura di un ‘essere insieme’ che pur richiamandosi alla storicità del movimento delle donne manifesta comunque la sua specificità nell’oggi credo richieda una lettura della trasversalità libera da etichette, innovativa e sperimentale. Alla molteplicità dei dialoganti giova il gesto di narrazione di sé e di dichiarazione delle appartenenze che la bioetica raccomanda ai diversi che compongono oggi la comunità, in vista di un agire deliberativo: alla matrice pluralista deve corrispondere, cioè, un metodo sensibile alla differenza e capace di farsene carico. Ma applicato alla materia sensibile individuata nel rapporto al concreto che tanto riguarda il pensiero e l’agire delle donne così come ai significati antichi della democrazia ricordati di recente da un saggio di Gustavo Zagrebelsky (2007). Qui non è la tolleranza la medicina delle differenze, ma ancora una volta un dialogare che, educando cittadini e cittadine, attinge la concordia possibile dalla visione del bene/i comuni.
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