La regista Alexandria Bombach racconta l’impegno di una giovane sopravvissuta al genocidio del popolo Yazidi da parte dell’Isis. A Nadia Murad sarà assegnato il Nobel per la Pace
Martedi, 04/12/2018 - Difficile per noi mettersi nei panni di Nadia Murad, una ragazza sopravvissuta al genocidio del popolo Yazidi da parte dell’Isis ed allo sterminio della sua famiglia nel 2014, quando aveva 20 anni, catturata, sottoposta a ogni tipo di violenze e ridotta in schiavitù, fortunosamente sfuggita ai suoi carcerieri ed oggi, a 23 anni, testimone privilegiata di una tragedia quasi sconosciuta.
“Appena comincia a raccontare la propria storia, che ho sentito più e più volte, si potrebbe pensare che ormai ci si sia abituata - racconta la regista – ma ogni volta gli incontri comportano un grande impegno emotivo. Dai campi per rifugiati in Grecia ad una manifestazione in occasione dell’anniversario del genocidio a Berlino, alla Camera dei Comuni di Ottawa e agli uffici delle Nazioni Unite a New York, la vita di Nadia è in costante movimento. Ho seguito Nadia e le persone con cui lavora più a stretto contatto durante l’estate del 2016 e quello che ho trovato è un processo estenuante, senza una vera mappa ad indicare il successo. Iniziai a vedere che stava perdendo la fiducia nei media a cui si era affidata per raccontare la sua storia. Sembrava che l’incessante raffica di domande da parte dei media diventasse più spesso “Come ti hanno stuprata?” invece di “Cosa può essere fatto per gli Yazidi?”. Il palco della vittima, del sopravvissuto, non è da prendere alla leggera. Nadia stessa sa che le sue parole hanno spinto alcune persone all’azione. La mia speranza è che questo accesso intimo e privilegiato alla vita di Nadia, al di là del palcoscenico, riveli le reali fatiche che una comunità senza voce è obbligata ad affrontare per spingere il mondo ad aiutarla”.
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