“STOP AL FEMMINICIDIO": quello che può fare l'imprenditoria. La parola a Pellerucci
Imprenditoria e maternità, informazione e femminicidio: intervista a Sauro Pellerucci, che racconta un progetto ambizioso e nobile: “Stop al femminicidio”
Martedi, 15/10/2013 - Femminicidio: tutti ne parlano, tutti lo contrastano. Un fenomeno tanto radicato quanto all’ordine delle cronache ogni giorno il cui dibattito è stato finalmente riconosciuto attuale in seno alla politica e anche all’imprenditoria. Sauro Pellerucci, presidente di PagineSì, ci racconta come intende declinare l’iniziativa “Stop al femminicidio”.
Un motto che racchiude i moventi di un’azienda impegnata nel lancio di un progetto dai nobili, per quanto difficili, intenti. Pellerucci spiega come, attraverso i canali storicamente imprenditoriali, si possa aspirare alla sensibilizzazione reale del grande pubblico.
La campagna nasce online, con un sito www.stopalfemminicidio.it dove Ida Dominijanni e l’attuale Viceministro con delega alle pari opportunità Maria Cecilia Guerra hanno già lasciato la propria impronta in termini di tutela della donna e contrasto alla violenza domestica.
Scegliere di mettere in campo risorse ed energie per affrontare una tematica come quella del femminicidio in questo momento è un’impresa che ha del titanico: la prospettiva è quella di immergersi in un panorama di idee, opinioni e fatti di cronaca frastagliati, numerosi e, alle volte, contraddittori. Quale energia si può veicolare scegliendo di schierarsi per la sensibilizzazione rivolta al contrasto della violenza sulle donne?
Riconosco la delicatezza dell'impegno richiesto dall'argomento difficile, tragico e oggetto di passata insensibilità. L'energia proviene dalla consapevolezza di trattare situazioni tristemente reali troppo spesso relegate a fenomeni mediatici o di intrattenimento. La violenza è il frutto di difetti educativi privati che portano a un grado di inadeguatezza sociale e che sfociano in pensieri e comportamenti aggressivi; ovviamente le parti più deboli del sistema sociale sono quelle maggiormente esposte a subirne le conseguenze.
Quello imprenditoriale è un comparto storicamente declinato al maschile, ciò in maniera preminente nel nostro Paese ha rappresentato un gap di grande sostanza nel corso degli ultimi decenni. Ad ogni modo al momento sono oltre 1,4 milioni le imprese femminili in Italia, sono più diffuse al Centro-Sud e operano preferibilmente nel commercio, in agricoltura e nei servizi alle persone, dove guidano 1 impresa su due. Si sente di dare un’opinione sulla base di questi due elementi?
Sono dati piuttosto contrastanti, in tutta franchezza. Penso siano frutto di una politica di sostegno e di indirizzo economico che viene utilizzata in maniera impropria e temo che sia il riflesso di un utilizzo distorto degli strumenti regolamentatori in zone economicamente meno solide. Sono certo delle capacità imprenditoriali che le donne sanno esprimere; esse possono e debbono ampliare la propria area di competenza nella gestione del mercato senza utilizzare forme rigide di tutela, quali sono le cosidette "quote rosa", che indicano una via errata e diseducativa. Le donne non hanno bisogno di scorciatoie, necessitano soltanto di una migliore forma di riconoscimento per il principale ruolo che sempre rivestono in ogni propria espressione.
Giochiamo un po’ con forme e colori: quanto è rosa e che forma ha la partecipazione femminile nel mondo aziendale, secondo il suo punto di vista?
Dal mio punto di vista il rosa e il celeste creano armonia di colori. Le aziende, oggi più che mai, hanno l'esigenza di ampiare gli orizzonti, valorizzando i diversi punti di vista e confrontando i risultati ottenuti dalle organizzazioni produttive. Ritengo, inoltre, che in ogni ambito umano si debbano valorizzare le competenze di ciascuno e apprezzare la pluralità delle visioni. Da queste mie affermazioni risulta chiara la predilezione per un ambiente aperto, di libera espressione, in cui la donna possa apportare le proprie competenze, la sensibilità, la capacità comunicativa, organizzativa, di indirizzo e controllo, ma anche la femminilità e la propria maternità, in particolar modo.
Stop al Femminicidio: si tratta di un progetto ambizioso sin dal nome. Qual è l’urgenza che muove la volontà di questo programma?
Innanzitutto la necessità di creare un luogo culturale che permetta l'incontro delle idee per un loro pacato confronto. Ritengo che la conoscenza porti sempre dei buoni frutti e che molto spesso ottenerla significa superare o, meglio ancora, non incontrare le difficoltà che possono rovinare le vite nostre e quelle dei nostri cari. Quindi Stop al Femminicidio non rappresenta una presa di posizione di parte ma vuole essere un punto di incontro in cui poter individuare ogni forma di violenza, psicologica e/o fisica, per identificarne le cause e poterle intimamente rimuovere.
Facebook, web ed un marchio d’impatto. Come si snoda questa campagna? Quale linea ha intenzione di perseguire?
Sì, Pagine Sì! S.p.A. non è nuova a campagne sociali di particolare interesse. La proposta dell'iniziativa Stop al Femminicidio segue e seguirà quattro principali percorsi di comunicazione; il primo si sviluppa tramite i social network, il secondo segue il sito istituzionale www.stopalfemminicidio.it, il terzo si inerpica tra le maglie delle agenzie stampa che ci accompagnano nel nostro percorso di comunicazione sociale e il quarto procede con l'inserimento del messaggio in tutte le copertine degli oltre otto milioni di ElencoSì! distribuiti ogni anno, il primo dei quali verrà presentato il 18 ottobre ad Ancona con l'Olimpionica Valentina Vezzali quale prima testimonial.
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