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“Sottodiciotto”

“Sottodiciotto”

Torino - Il Cinema per i ragazzi, nona edizione del festival cinematografico, visto da Sara Cortellazzo

Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2008

Sara e il Cinema per i ragazzi
Sara Cortellazzo è l’anima di un’iniziativa che ha superato le più ottimistiche aspettative: il Sottodiciotto di Torino. Molto felice del successo entusiasmante della nona edizione del suo festival cinematografico, sorridente e compunta come certe fate madrine delle fiabe, ci introduce in quel mondo di birichinate e di allegria, ma terribilmente serio, che lei ha schiuso al pubblico insieme al codirettore Aldo Gabarini, rappresentante della Città di Torino.
Da dove spunta Sara?
Dall’esperienza della direzione a Torino dell’Aiace (Associazione Italiana Amici del Cinema di Essai) che ha un patrimonio radicato legato all’insegnamento del cinema nelle scuole e al conseguente formazione di studenti e di insegnanti. La città di Torino, divisione dei servizi educativi, che è il nostro partner, da tempo si era dedicato alla produzione di video fatti con i ragazzi. Abbiamo unito le forze, anche grazie al Torino Film Festival, che riceveva prodotti realizzati dalle scuole. Scopo della prima edizione del 2000 era di valorizzare i lavori prodotti su territorio nazionale.
Esistevano altre realtà simili ? Sì, a Pisa, Brescia, Bergamo. La nostra scommessa era di offrire un contenitore più ampio delle creazioni dei ragazzi, intrecciando intorno una serie di iniziative estese a tutta la cittadinanza, per non ghettizzare il festival destinandolo solo a loro uso e alle loro produzioni.
Chi lo ha finanziato? Inizialmente la Città. Poi gli alti enti locali hanno abbracciato l’iniziativa per la sua valenza culturale ed educativa.
In che misura e in che veste i ragazzi sono protagonisti? Lo sono sia perché producono, sia perché il cuore pulsante della manifestazione. Grazie all’ampio lavoro nelle scuole di educazione alle immagini e di produzione degli audiovisivi, sono in tanti. I piccoli autori vengono a Torino per seguire i loro film esattamente come i registi affermati fanno con i loro prodotti nei festival. La rassegna è tutta gestita dagli studenti. Sono loro a curare l’accoglienza, i servizi fotografici, i Tg del festival. E con lena e serietà si mettono al servizio dei loro compagni che arrivano da fuori.
Questi sono ospitati ? No, vengono a loro spese. Anche per questo non si fa pagare il biglietto d’ingresso.
Quale genere va per la maggiore? Tutti i generi sono accolti. Abbiamo scelto di non imbrigliare dettando un tema ogni anno. La libertà totale ha fatto sì che con il tempo Sottodiciotto è diventato un osservatorio straordinario di ciò che di anno in anno per la sua urgenza richiama particolare attenzione.
Qual è quello attuale? Spicca il bullismo. Accanto si trova lo spot con taglio sociale, le storie intime, i problemi sentimentali, i rapporti con i pari e con la famiglia. Quest’anno abbiamo scelto di lavorare sul tema dei diritti in occasione del 60° anniversario della loro dichiarazione.
Le retrospettive da tre o quattro anni sono un punto di forza. Perché quella di quest’anno dedicata a Michael Winterbottom? Perchè richiama anche un pubblico adulto; perché è importante far conoscere in Italia autori di qualità meno noti e perché si assegna un valore aggiunto al festival di ricerca. Winterbottom, che costantemente si sperimenta, non ha mai avuto in Italia una retrospettiva completa, ci sembrava l’autore adatto. Ai ragazzi è piaciuto molto.
I premi in cosa consistono? Sono simbolici e molto numerosi. Non si assegnano premi in denaro, perché è una festa, una festa dei prodotti realizzati dai ragazzi. Numerosi altri enti e organizzazioni legate al festival - dall’Unicef alla Fiera del Libro – offrono video, libri, videocamere, attrezzature per le scuole.
Sembra che ci sia una certa indifferenza dei media, come mai? È vero, è un punto che mi sta a cuore. Sottodiciotto non ha la stessa risonanza degli altri festival. Ma non parlerei di indifferenza. Direi che i media non aiutano a valorizzarlo. I progetti educativi e le vetrine in genere che non puntano sulla mondanità e le apparenze sono penalizzanti. Qui si privilegiano sostanza e contenuti e a questi è assegnato meno spazio. Quanto ai ragazzi, quando diventano soggetti o oggetti di episodi truci, se ne tratta. Nel momento in cui dimostrano di essere persone attive, propositive, creative, non interessano più.
Ma da voi l’atmosfera c’è. Sì, eccome. Per i ragazzi è una festa che li rende felici. Poi c’è un pubblico vastissimo che ci segue. Lo scorso anno abbiamo avuto 26.000 presenze contate. Noi li contiamo gli spettatori. Con il contapersone. Quest’anno le presenze sono aumentate di oltre il 25% e si è dovuto prolungare la manifestazione.
In futuro cosa si augura? Di proseguire così. Il pubblico c’è già ed è intergenerazionale. In un festival la soddisfazione più grande è vedere gli spettatori do ogni età che escono contenti dopo aver visto dei bei film o dopo avere preso parte a dibattiti come “Ora d’aria”, che vertono su temi attuali.
Qualche titolo fra i premiati? “Sposa differenziata, sposa fortunata” degli allievi di una scuola di Santa Caterina Villarmosa (CL), che hanno girato uno spot efficace su cinema, comunicazione, simpatia, divertimento. Oppure “La giornata di un timido”, che ha toccato un tema affine alla sensibilità degli adolescenti. ancora “La migliore amica”, dove è osservato con acume il fenomeno del bullismo scolastico femminile.


(18 dicembre 2008)

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