Il nuovo film di Ken Loach racconta la tragedia del lavoro precario e la disintegrazione dei legami familiari, denunciando il neo-liberismo
Mercoledi, 18/12/2019 - Torna Ken Loach, l’83enne regista inglese, menestrello degli ultimi e della ‘working class’ britannica, due volte vincitore della Palma d’Oro (per «Io, Daniel Blake» nel 2016 e per «Il vento che accarezza l’erba» nel 2006): per lui l’attenzione ai lavoratori, alle donne, alla gente comune ed ai loro problemi quotidiani, viene sempre ‘first of all’. Anche la sua ultima opera, "Sorry we missed you" (trailer) - ideale prosecuzione di «I, Daniel Blake» - presentata al Festival di Cannes 2019, non fa eccezione e racconta le disgraziate vicende di una famiglia come tante alle prese con questioni molto concrete. In ogni opera di Ken Loach che si rispetti non può mancare almeno una scena che si svolga in un ufficio di collocamento o in un’agenzia per un colloquio di lavoro, dove si riempiano lunghi e complicati formulari: anche in questo caso, infatti, il film inizia quando Ricky, il protagonista, poco più che quarantenne, risponde alle domande di un potenziale datore di lavoro con un formulario in mano: ha fatto mille lavori manuali, sa fare un po’ di tutto, non ha mai dato problemi, ed è interessato a lavorare in franchising con un furgone per fare consegne a domicilio.
La continuità con “I, Daniel Blake” arriva allo spettatore ma il nuovo film cuce insieme anche tante altre pellicole di Ken Loach, come una collana di perle molto simili ma diverse una dall’altra : infatti il vero focus di «Sorry We Missed You» (titolo ispirato alla frase impressa sulla scheda lasciata dai fattorini quando non trovano a casa nessuno per le consegne), data anche l’età del protagonista che ha un figlio adolescente e una figlia poco più piccola, sono le conseguenze che la pressione del lavoro, il numero senza fine delle ore lavorate fuori casa, i figli lasciati tutto il giorno da soli, hanno sulla famiglia, sulla sua unità e sull’educazione.
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