“Quella volta che invitai Pasolini a casa per aggiustarmi il televisore”
Incontro con Mila Moretti, eclettica e innovativa esponente del teatro italiano. Un'artista originale, figlia d'arte, portavoce di un teatro in continua evoluzione
E’ una figlia d’arte Mila Moretti, il padre Mario, fondatore dello storico teatro dell’Orologio a Roma, è stato una figura importante per il nostro teatro: intellettuale, regista, drammaturgo, mecenate. Mila è non a caso un’artista eclettica: anche lei attrice, regista, autrice. La conoscenza di varie lingue l’ha portata a collaborare con artisti della portata di Fernando Arrabal. I sodalizi con interpreti e autori teatrali internazionali sono continui e consolidati anche dai seminari che Mila organizza con successo da anni a Siena, coinvolgendo nomi importanti nell’ambito della recitazione e della regia, provenienti da tutto il mondo.
Hai vissuto in un ambiente particolare, avevi una casa sempre piena di ospiti importanti: scrittori, poeti, drammaturghi. Ma tu che bambina eri?
Pacifica, un po’ civetta, ma quasi sempre imbronciata. Non mi piacevano le foto e scappavo via non appena mi sentivo in odore di click. Dopo i 7 anni sono cambiata, complice la polio e la vita.
Quanto ti ha influenzato l’ambiente familiare e gli intellettuali frequentati da tuo padre, nelle scelte professionali?
Sono sempre stata seduta dietro le porte ad ascoltare, mio papà era professore di francese, prima di essere drammaturgo. Dava lezioni private, io stavo dietro la porta della stanza dove lui teneva lezioni fantastiche con canzoni francesi, frammenti teatrali. Io sognavo, ascoltavo e ripetevo. Mia madre e mio padre davano feste in cui mamma faceva i salti mortali per far mangiare tutti “comme il faut”. Ma i miei avevano una vita pubblica che escludeva me e mia sorella Marina. Ho conosciuto Pier Paolo Pasolini quando avevo sei anni. Ma i miei non c'entrano, lo avevo invitato io per riparare il televisore che si era rotto (era un vicino di casa), e quella sera dovevo vedere l'operetta in tivù! Il signor Pierpaolo accolse il mio invito e venne a trafficare con il nostro televisore, con mia madre atterrita e deliziata (lei amava tutto cioò che Pasolini scriveva) che ogni tanto mi guardava male promettendo cose terribili a me seduta accanto allo scrittore. Mio padre rientrò in casa in quel momento. Lui e mamma litigarono, perché mio padre credeva che fosse stata mamma a scomodarlo. Fu invitato a cena per la sera dopo, con sua madre e tale padre Mariano. Purtroppo questo episodio piacevole fu funestato dal fatto che proprio quella sera mi ammalai di poliomielite.
Avevi già dei miti di riferimento artistici, oltre a Pasolini?
Amo molto il cinema, ma prima di far teatro ero proprio innamorata del sogno che “ripescava” la mia infanzia: i film in bianco e nero. Poi amavo Marcello Mastroianni e attrici come: Sofia Loren, Audrey Hepburn, Anna Magnani. Il mio grande mito canoro invece è stata Caterina Caselli, adoravo i Rolling Stones e odiavo i Beatles, che ora amo molto.
E cosa ti aspettavi dal teatro?
Niente di niente. Sapevo che mio padre non mi avrebbe amata più di quello di cui era capace di fare: sapevo che il teatro non mi sarebbe servito per essere amata di più. Una sola cosa non ho mai superato fino in fondo: la puerile convinzione che quella sera a vedere lo spettacolo ci fosse qualcuno che potesse cambiarmi la vita. L'inatteso, ciò che non immaginavo. Naturalmente non è mai successo niente. Come dicevo prima, niente di niente.
Oltre a recitare e curare regie, ti occupi anche di seminari e masterclass di recitazione tenuti da artisti italiani e internazionali nella tua scuola vicino a Siena. Cosa si aspettano le nuove generazioni dal teatro?
E' un momento difficile per lo studio vero e proprio del teatro. Le nuove generazioni, allevate a Mediaset e Talent Show, si aspettano tutto subito. Riportare gli studenti a lavorare su se stessi, prima ancora di darsi in pasto agli altri, è diventato per me il compito principale. Creo i gruppi di lavoro, invito donne e uomini di teatro di fama internazionale a tenere stage intensivi, sperando di allontanare i miei studenti dalla mentalità comune, provinciale, stereotipata. E poi mi ispiro ai grandi drammaturghi che non perdo mai di vista, anche classici, come fossero numi tutelari: Cechov. Strindberg , Pirandello, Pinter e Shakespeare.
Hai affiancato grandi registi nazionali e internazionali, con quali ti sei trovata più in sintonia?
Il mio regista di sempre si Chiama Sergio Aguirre, con lui condivido i progetti più ambiziosi. E' attento, mi lascia libera. Lo ammiro: la nostra è una disarmonia armonica, una sintonia sospettata. E per la prima esperienza in video direi che Ricky Farina mi ha saputa condurre là dove non avrei pensato di andare.
Un altro regista con cui ti piacerebbe collaborare?
Eugenio Barba, Serena Sinigallia, e per il cinema Sivano Agosti, Nanni Moretti e Enrico Ghezzi...Basta?
Trovi che il teatro sia terapeutico?
Per molti si, non per me. Il teatro mi ha scoperto le ferite, mi ha messa a nudo, cosa che assolutamente non desideravo. Poi mi ci sono confrontata, godendone anche. Questo percorso, forse, potrebbe essere anche considerato terapeutico.
C’è un personaggio nel cassetto che vorresti interpretare?
Riccardo Terzo, o Salomè. Contrastanti? Forse.
Tra gli autori-registi con cui hai collaborato c’è il maestro Arrabal, tra di voi è nato un sodalizio?
Fernando non è stato solo un maestro, è stato l'incontro teatrale più importante della mia vita. Io sono la sua attrice per l'Italia, lui è il mio “tutto” teatrale, per ora. Ci vogliamo bene e ci stimiamo, è una cosa meravigliosa. Rara direi.
Che significato ha, nel nostro Paese, continuare a fare teatro, e cultura in genere, contro tutto e tutti?
Ti dico la verità, mi prendi in un momento di amletico dubbio. Fare del teatro la mia vita, continuare a farlo sempre contro tutto e tutti, o rinchiudermi nelle mie stanze a coltivare i sogni del mio adorato '900. La parola cultura mi fa paura: a volte arriva da bocche improbabili, da sguardi bovini che chiedono il passivo assenso. E’ una domanda alla quale oggi non so rispondere. Anche se nella mente riecheggia l’affermazione di Artaud: “Che cosa mi può impedire di credere al sogno del teatro quando credo al sogno della realtà?”.
Riesci a ritagliarti un po’ di tempo libero, e cosa ti piace fare?
Ho tempo libero perché lo desidero. Detesto le donne molto occupate che non hanno un momento per sé. Leggo tanto, osservo cose e panorami, ascolto le persone al telefono. Progetto cose, guardo film di notte. E poi dedico tempo a mia nipote Caterina tutte le volte che posso: sono diventata nonna!
Nota biografica
Mila Moretti vive e lavora a Siena dal 1986. Traduttrice simultanea per l’inglese, il francese, lo svedese, ha collaborato negli anni ’80 con la Cineteca Comunale e il cinema Lumiére di Bologna. Traduce e adatta per il teatro diversi testi di autori come Claude Rich e Jean Anouhil. Nel 1992 fonda con Francesco Burroni e altri attori toscani la “Lega italiana improvvisazione teatrale”. Nel 1993 interpreta “Medea” per la regia di Sergio Aguirre, con cui inizia un sodalizio artistico tutt’ora in essere. Nello stesso anno diventa allenatrice per la Lega Italiana Improvvisazione teatrale, e conduce la squadra alla vittoria per il Campionato 93/94. Dal 1985 promuove e organizza i corsi del Laboratorio Permanente Teatro O2, fondato con l’attore Martino Convertino. Nell’ambito del Laboratorio, mette a punto un sistema di interazione improvvisata di tutte le maestranze che agiscono creando lo spazio degli attori, mentre si svolge l’azione. Nel 2009 interpreta “Carta de Amor” di Fernando Arrabal, iniziando anche con il grande drammaturgo un rapporto di costante collaborazione.
Nello stesso anno scrive e porta in scena “Sigfrido”, ispirato all’opera di Sabina Spielrein, che debutta al teatro dell’Orologio a Roma. Nel 2010 dirige lo spettacolo-evento “Per una sana e robusta Costituzione”, in scena al Teatro dei Rozzi di Siena, primo progetto di residenza artistica nella città, e coordina e dirige “Il cielo sopra Calvino”, maratona di letture nell’ambito della ricorrenza: “Siena ricorda Calvino”.
Nel 2011 cura la regia e l’adattamento de “I giusti” di Albert Camus. Nel 2012 interpreta un testo scritto appositamente per lei da Fernando Arrabal: “Rien ne meurt sur les étoiles”, rappresentato in varie occasioni nelle maggiori città italiane con la regia di Sergio Aguirre.
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