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“Quanto è brava la scuola che...”

“Quanto è brava la scuola che...”

SPECIALE SCUOLA ELEMENTARE/2 - Le opinioni di una dirigente scolastica, ex maestra, che insieme a genitori e docenti ha costituito un coordinamento contro il decreto Gelmini e il maestro unico

Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2008

Simonetta Salacone è dirigente della scuola elementare Iqbal Masih, intitolata al bambino pakistano simbolo della lotta contro il lavoro infantile. Venduto dal padre ad un commerciante di tappeti, Iqbal lavorò in condizioni di schiavitù dall’età di sette anni. Lottò per i diritti dei bambini e per la liberazione dal lavoro schiavizzato. Intorno al suo impegno si animò una pressione internazionale che indusse il governo pakistano a chiudere decine di fabbriche di tappeti: furono liberati circa tremila bambini. Iqbal è stato ucciso nel 1995 all’età di 13 anni.
Simonetta Salacone è anche stata per cinque anni la Presidente dell’IRSSAE (Istituto Regionale di Ricerca Sperimentazione e Aggiornamento Educativi) per il Lazio. È tra i fondatori della rete delle scuole del 14° e 15° distretto, Municipi VI e VII di Roma est, che comprende scuole dalle materne alle superiori. Abbiamo raccolto le sue opinioni questo grande tema della scuola.

Secondo Lei, che è un’esperta e ha una lunga esperienza, dove stiamo andando, dove dovremmo andare?
È un incubo che a ogni cambio di governo si torni indietro. Il sistema educativo avrebbe bisogno di continuità e di investimenti. Il problema è che ognuno, anche persone completamente al di fuori della scuola, si sente in diritto di pontificare sull’argomento, senza ombra di dubbio. Servirebbe, invece, un ampio dibattito nel paese sulle finalità e i nuovi compiti del sistema formativo nel suo complesso. Ai tempi della riforma Moratti erano stati convocati a tale scopo gli ‘Stati Generali, la ministra Gelmini invece non ha consultato nessun esperto di scuola. Afferma che al bambino serve il riferimento unico e in un’intervista sul Corriere ha dichiarato che la nuova scuola deve portare avanti concetti quali autorità, gerarchia, disciplina. Mi sembra che ci sia una bella differenza rispetto all’idea di trasferire l’amore per lo studio. Quanto alla reintroduzione del voto di condotta, forse si dimentica che in caso si voglia bocciare, ci sono già tutti gli strumenti per farlo. Durante un’intervista televisiva ho sentito un Preside dichiarare “noi bocciamo il 37% dei ragazzi”, quasi fosse un vanto. Il punto non è “quant’è brava la scuola che boccia”, ma “quanto è brava la scuola che trattiene e che recupera”. I ragazzi vanno presi là dove stanno e fatti progredire fin dove possono.

Cosa c’è, secondo lei, che non funziona nella scuola?
Manca, nei confronti della scuola, una grossa ‘simpatia sociale’. C’è una preponderanza di messaggi negativi, che puntano l’attenzione sulla presunta inutilità della scuola, come fonte di spesa eccessiva. Si ribadisce che ci sono professori non all’altezza che licenziano alunni 'somari'. La scuola ha invece bisogno di un forte rilancio culturale. È vero che è sempre più lontana dai ragazzi, nei programmi e nella organizzazione della didattica, in particolare per quanto riguarda la scuola secondaria, segmento non riformato. Ma non è possibile fare un salto indietro di 30 anni sulle elementari, andando a toccare proprio ciò che funziona bene. Sarebbe più onesto dire, come ha fatto Tremonti, “non ce lo possiamo permettere”.
Si pensa alla scuola come a una spesa e non come un investimento per il futuro. I tagli diventano quindi indicativi di quali siano le priorità del nostro paese. Sulla scuola si deve investire, si può tutt’al più razionalizzare, ma non tagliare.
Con il governo Prodi avevamo almeno stabilizzato precari, ora mancherà la copertura del turnover per la chiusura delle cattedre e la riduzione degli orari, in particolare nelle superiori, dove l’orario, in alcune tipologie di Istituti, è dilatato per la necessità di realizzare attività di laboratorio. È discutibile anche la riduzione a quattro anni per le superiori, con il quinto solo per chi sceglie di andare all'università. O si investe in un progetto complessivo, come ad esempio nel progetto Berlinguer (che prevedeva 7 anni per il primo ciclo + 2 di biennio obbligatorio + 3 anni di indirizzo), sulla quale si poteva discutere ed essere anche in disaccordo, oppure non c’è significato.

Come state gestendo questa delicata fase nella scuola elementare Iqbal Masih di Roma?
Abbiamo costituito un coordinamento di cittadini, genitori e docenti contro il decreto Gelmini e il maestro unico. È partito dalla nostra scuola e si è diffuso rapidamente, tanto che hanno già aderito oltre 70 scuole con diverse iniziative.
Entrando nel merito della questione, c’è da dire che una scuola di 24 ore è povera e inadeguata per bambini che devono arrivare a dominare molteplici linguaggi, nei quali spesso arrivano a scuola con competenze già elaborate. Ad esempio occorre accompagnarli a essere fruitori critici e attivi dei linguaggi audiovisivi. In altri Paesi fervono iniziative culturali, ci sono biblioteche aperte fino a tardi anche nei piccoli centri; nella nostra realtà più si scende nella Penisola meno risorse culturali si trovano. Uno dei fattori che influiscono su questa situazione è che stiamo solo oggi scolarizzando i figli di adulti che hanno fatto la media unificata; fino a qualche anno fa, in alcuni territori, la cultura media dei genitori consisteva nella quinta elementare, quindi siamo di fronte a diversi livelli e capacità di seguire i figli.
Quanto alla didattica, è consolidato che una pedagogia attiva, che aiuti gli alunni a guardare alle cose da diversi punti di vista disciplinari e che specularmente aiuti bambini e ragazzi a riunificare le conoscenze disciplinari quando esaminano la realtà circostante, sia fondamentale per l’obiettivo di un apprendimento che abbia senso per gli alunni. Ma ‘unitario’ non significa delegare questo percorso al ‘maestro unico’: le maestre non ce la farebbero da sole a gestire un approccio integrato e armonico, laboratori informatici, artistici, motori, musicali, linguistici, di scrittura e di indagine d'ambiente. Io sono dirigente scolastica dal 1979 e per 15 anni ho fatto la maestra elementare ‘solitaria’. Ricordo che piangevo, perché da maestra unica non sapevo con chi confrontarmi; l’approccio con le colleghe e con il collegio docenti aiuta, anche in caso di inesperienza, inoltre la collegialità è una garanzia che l'approccio a un singolo problema non si fermi alla frustrazione del singolo docente. Da anni studiamo contaminazioni didattiche fra ordini diversi di scuola e nuove metodologie, ben sapendo qual è l’impegno di maestri e maestre che lavorano quotidianamente contro gli abbandoni e per l’accoglienza degli stranieri. Bisognerebbe aiutare gli insegnanti a proseguire con fiducia in questo lavoro per il futuro.







Dal volantino del Comitato Cittadino Genitori e Insegnanti c/o Scuola Iqbal Masih di Roma


• NO ALL’ABOLIZIONE DEL TEMPO PIENO di 40 ORE, GARANTITO DA 2
INSEGNANTI PER CLASSE
• NO ALLA RIDUZIONE DELL’ORARIO SETTIMANALE a 24 ORE
• NO AL MAESTRO UNICO “TUTTOLOGO”




Lettera aperta alla Ministra Gelmini

Signora Ministra,

noi da tempo ci battiamo perché vadano più donne al potere, affinché siano loro a portare avanti quei valori che la politica spesso trascura. Ma le Sue scelte, come donna Ministro della Pubblica Istruzione, ci riempiono d’indignazione.
Alla base del Suo progetto politico c’è solo l’idea di una scuola che deve costare sempre meno. Lei, per risparmiare soldi, vuole tornare alle vecchie elementari col maestro unico di 24 ore, cancellando di fatto l’attuale modello di scuola a tempo pieno; vuole tagliare gli organici chiudendo le scuole dei piccoli Comuni come quelli del nostro entroterra, e vuole portare avanti il Suo programma fondamentale di un taglio di 87.000 posti in 3 anni.
Noi, come insegnanti, mamme, cittadine, ci dichiariamo contrarie a questi Suoi progetti. Non possiamo accettare che per scelte di natura solo economica si ostacoli di fatto il diritto allo studio sancito dalla Costituzione: l’abolizione dell’attuale scuola a tempo pieno, l’unico tipo di scuola italiana valutata nel mondo a livello di eccellenza, significa infatti ridurre le possibilità di apprendimento per tutti i bambini e in particolare per quelli che hanno minori opportunità educative al di fuori della scuola; significa penalizzare la qualità dell’offerta formativa, vanificando anni di ricerca pedagogica, impegno di generazioni e risultati positivi.
La riduzione dell’orario scolastico a 24 ore non aiuterà le esigenze delle famiglie e in particolar modo le esigenze delle mamme che lavorano; ma – ha detto Lei in un’intervista – saranno tenute in considerazione e per questo motivo “non solo manterremo il tempo pieno, ma addirittura riusciremo ad estenderlo ad un numero maggiore di classi”. Ma ci sta prendendo in giro, signora Ministra?
Il progetto di accorpamento delle scuole elementari di piccoli Comuni o frazioni creerà ulteriori gravi disagi per gli studenti del nostro entroterra che già ora hanno difficoltà, per questioni di trasporto, a frequentare le scuole superiori; ed inoltre togliere il presidio scolastico significherà togliere un elemento essenziale per la sopravvivenza stessa delle famiglie.
Non vogliamo stare a guardare la demolizione di quella parte migliore che la scuola pubblica ha prodotto. Chiediamo a tutte le donne amiche di Penelope di mobilitarsi, di dare una scossa positiva alla politica. Chiediamo a Lei, signora Ministra Gelmini, di ascoltare anche la voce delle donne.

Gruppo donne ponente per pari opportunità
PENELOPE


(6 ottobre 2008)

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