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“L’anima mia dissolta”

“L’anima mia dissolta”

Chiara Passarella - Versi che ci raccontano “il passaggio di un’esistenza per i sentieri inquieti dell’amore”

Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2008

Goethe diceva che per “fare qualche cosa” bisogna prima di tutto “essere qualche cosa”. La poesia, che è forse la massima espressione del linguaggio, della facoltà dell’essere umano che gli è più propria, risponde in modo preciso al pensiero del poeta tedesco. Cosa è la poesia senza un cuore, un’anima, un corpo, un respiro dolce col suo alone di nebbia sullo specchio della vita? In barba a chi pensa che il fare poesia sia un mero esercizio linguistico, un divertimento a volte distruttivo sul linguaggio e sul senso, la grande scrittura è sempre espressione del palpito, sempre frutto maturo e sofferto dell’indicibile lacerazione della vita, del transito dell’esperienza che ci rende donne e uomini su questa terra.
“Frammenti di un’anima in lapislazzuli” di Chiara Passarella, edito dalle edizioni Tracce nel 2007, ci racconta il passaggio di un’esistenza per i sentieri inquieti dell’amore, dell’abbandono e della vita; un percorso nel quale l’anima si frammenta negli infiniti rivoli del sogno e della realtà, dell’illusione e del disincanto, di un amore vissuto con tutta la potenza generativa dell’essere donna, capace di interrogare le regioni dello spirito. La poetessa filtra il limo greve dell’emozione, i frammenti di un’esistenza, per coagularli in versi netti nei quali si percepisce la consapevolezza di ogni accadimento, la ricerca della verità, la paura, il senso di colpa, il coraggio di essere donna e saper amare. C’è in questi testi un cromatismo affettivo ed emozionale che impregna la carta con poesie dal nitore classico, sonore e fulminanti negli esiti migliori, dove si percepiscono echi di Alceo, Saffo, Callimaco, Catullo, l’amore per la natura di Lucrezio, ma anche il senso della follia di Dino Campana e Alda Merini.
Questa poesia sembra guardare alla ricerca di se stessi mediante un processo introspettivo e Chiara Passarella lo fa attraverso il dialogo con la natura, con lo scorrere delle stagioni, con l’alternanza degli autunni e delle primavere, con i blu del cielo, i verdi, i marroni accesi della sua terra umbra. Scrive Marcia Theophilo nella prefazione al volume: “la voce di Chiara Passarella ha una lontana reminiscenza pascoliana, svolge un discorso unitario in cui si legano natura e sentimenti. La lirica di Pascoli tesse le lodi del castagno a cui foglie e fiori spuntano tardivamente ma offre un’ombra soave e anche Chiara stabilisce una sorta di dialogo di intonazione quasi colloquiale con la natura, come un parlare a se stessi, alla propria anima, ad una persona vicina amica e compagna di spirito.” In ogni cosa, ogni albero, in una foglia caduta, un ciottolo di fiume, nella pioggia che si posa sulle panchine e su tavolini del bar, nelle espressioni minime del vivere di ogni giorno, Chiara ritrova il segno del ricordo, della passione, il senso del dovere che imbullona la vita al suo transito quotidiano, alla dimensione sociale e familiare dove pure la quiete gorgoglia come un ruscello canoro. Eppure mai manca in Chiara la consapevolezza di un’ostinazione verso l’esistenza, la volontà di un viaggio controcorrente, in direzione contraria al flusso degli eventi, alla ricerca di un destino che smascheri le apparenze, le ipocrisie, sempre alla ricerca di un vivere da affrontare con l’anima, sapendo che è meglio amare e lasciarsi che non aver amato mai.


TESTI:

VIAGGIO CONTROCORRENTE

Ostinata
in controsenso
e gonne corte
risali
la piena del fiume

gialli occhi invidiosi
ti spiano
travestiti
da rami secchi
addobbati a festa
pronti per il rogo

né schiava né regina dell’harem
di azzurro trafiggi
chi adorandoti
prega la metamorfosi
purificatrice di coscienze
immature

sorda alle suppliche
schiacciata dal dolore
lentamente
a fatica
risali la corrente

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OFELIA (PER ALDA MERINI)

Strapperò le mie vesti alla luna
pregando il vento
di riportarne i lembi
e farne corolla di fiore
annegato

Ghirlande di fiori
alle donne di corte
ho donato
cantando melodie
da povera pazza:
la musica è folle
come folle è l’amor mio
che l’umore ha cambiato

Ascoltate
mie care compagne
la bestia è in agguato:
che vi afferri e travolga
vi morda e vi disperi
d’Amore e di Senso
è là, vi guarda,
sulla spalla
è salita
vestita da uomo

ed ha ucciso mio padre.


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NOTTE E AURORA

In consapevolezza di ebbrezza di vino
sensi affinati gridano alla pazzia
ombre di penna su foglio bianco
ti chiamano
nel buio del mio corpo
la notte scivola in
sogni appagati
e nel risveglio anticipato
di un attimo d’amore
luce soffusa
di giorno che arriva
precede ciò
che di me rimane
e attende l’ora
di libertà
rubata al dovere

(domani la musica mi troverà)


(27 maggio 2008)

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