Martedi, 29/12/2015 - Lo spazio di pochi chilometri fra Bologna e Ferrara diventa un abisso di memorie.
C’è una madre che ripercorre i vicoli della sua adolescenza, stradine senza porte e finestre, gravide di segreti.
C’è un padre che cita l’Eneide perché si sente più sicuro all’ombra delle somme parole degli antichi.
C’è un marito che fa la spola fra città vicine e generazioni lontane.
C’è un’anziana che riannoda il filo dei ricordi, intrecciandolo con le pagine di una Storia da non dimenticare.
C’è un ragazzo scomparso nel nulla, che ha inghiottito, nel buio della sua assenza, brandelli di altrui vite.
C’è una figlia che cerca uno zio e, nel graffiare sui marmi dei suoi morti, trova le sue origini.
C’è un feto, dal nome provvisorio, che presto cambierà i ruoli: la madre sarà nonna e la figlia sarà madre.
“La misera Giuturna si strappa i capelli sciolti
con le unghie, da sorella, rovinando il volto ed il petto con pugni:
” In cosa adesso, Turno, tua sorella ti può aiutare?
O cosa ormai resta a me (pur) tenace?”
Virgilio, Eneide
Sullo sfondo di un thriller esistenziale, definizione che piace all’autrice, Daria Bignardi costruisce una storia di famiglia estremamente avvincente.
Grazie all’alternanza di voci fra Alma, la madre, e Antonia, la figlia, il lettore è condotto sapientemente in due dimensioni temporali parallele, destinate ad incontrarsi, per sciogliere l’enigma che lega ogni esistenza ad un reticolo di strade, da percorrere in bicicletta, con il bocca il sapore di maccheroni dolci.
L’amore che ti meriti qual è? Quello che è il risultante delle tue azioni? Quello che ti sei guadagnato? O semplicemente quello che hai ricevuto, senza pesi e stadere, fin dal tuo primo vagito, inconsapevomente?
A voi la risposta.
“In piazza, davanti al grifone di marmo, il nostro punto di ritrovo, c’era solo Benedetti. Era domenica, qualcuno era andato al mare e non era ancora tornato. […] Quella sera il tramonto non finiva mai.
Avevo diciassette anni, non lo sapevo che eravamo felici”.
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