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“La Madre” di Maksim Gor’kij

“La Madre” di Maksim Gor’kij

Il romanzo - Ancora oggi i critici russi definiscono “La Madre” come l’opera che diede origine alla progenie letteraria del reali-smo socialista

Cristina Carpinelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2008

Con questo romanzo lo scrittore evidenzia i problemi del movimento del proletariato dell’epoca, non ripudiando con ciò il canovaccio di vita quotidiana familiare dei suoi personaggi. Il fulcro delle opere degli scrittori contemporanei di Gor’kij è sempre quello della narrazione del destino delle avanguardie del movimento proletario, ma il loro tratto psicologico e spirituale è contenuto. In Gor’kij, al contrario, la narrazione è intrinsecamente collegata alla struttura mentale e psicologica dei suoi personaggi. Se per lo slavista, E. Lo Gatto, “La Madre” risente del tono ampolloso e idealizzato con cui i personaggi rappresentano le idee dello stesso autore, tuttavia, dal punto di vista psicologico il romanzo è sicuramente una tra le pagine più belle scritte da Gor’kij, anche nel commento di personaggi secondari. All’inizio del romanzo, la noia domina la vita del villaggio. Una noia turbata solo dai bestiali eccessi nel bere e nel picchiarsi l’un con l’altro, che finiscono con il renderla solo più disperata. Il vivere senza ragione e senza scopo ap-pare alla maggior parte della gente del villaggio come ineluttabile. Gli abitanti della palude, dunque, vegetano nel grigiore d’ogni giorno, passando da una sbornia all’altra. Vivono una vita squallida, senza sbocco, nella quale cia-scuno agisce isolatamente. La protagonista centrale, Pelageja Vlàsova è, dapprima, una donna avvilita e percossa dal marito, che si sforza persino di muoversi “senza far rumore e quasi di fianco come se temesse sempre di urtare contro qualcosa”. I suoi stati d’animo sono sempre pieni di paura. Poi, spinta dall’esempio del figlio, in rivolta con-tro la vita apatica e senza prospettive del sobborgo, modifica poco alla volta il suo comportamento. Cresce in lei il sentimento di libertà e del diritto alla vita. Questa contadina, in cui ogni ricordo del passato è stato cancellato a for-za di pugni, acquista a contatto con il figlio e i suoi amici una visione chiara della propria vita. Per lo scrittore, l’ottusità e l’inconsapevolezza degli individui appaiono anche nella vita privata come la conseguenza più orribile dell’inumano regime dello knut (frusta) della Russia zarista. Pochi scrittori hanno odiato profondamente, come lui, la crudeltà della vita russa feudale, la sua barbarie originaria. Ma l’inestinguibile odio di Gor’kij contro questa bar-barie non è fine a se stesso. Egli ama davvero il popolo, e mette in campo nel suo dramma le qualità umane necessa-rie al processo d’emancipazione degli uomini. Queste qualità sono l’intelligenza e l’altruismo, che si contrappongo-no all’isolamento e all’egoismo degli individui immersi nella soffocante atmosfera del sobborgo.
La prima parte del libro si sofferma a descrivere l’affinità crescente della madre con le idee del figlio operaio (Pavel Vlàsov) e degli amici che frequentano la loro casa. La seconda, invece, racconta gli eventi dopo l’incarcerazione del figlio. La madre si trasferisce in città e volontariamente inizia a distribuire materiale clandestino nei villaggi. Diven-ta membro a pieno titolo del circolo rivoluzionario, di cui il figlio fa parte, e quando Pavel è deportato in Siberia, ella assume il suo ruolo. La persecuzione della polizia zarista passa dal figlio alla madre. Un giorno, in cui Pelageja Vlàsova sta per recarsi in un’altra località per diffondere le idee per le quali Pavel è stato confinato, viene calpestata e ingiuriata, fino a che il martirio, che le strappa frasi di ribellione in mezzo alla folla circostante, fa di lei un vero e proprio simbolo dell’ideale rivoluzionario.
Per Gor’kij, la ricettività dello scrittore non deve affondare nella passività ma deve amalgamarsi con la vita e i suoi problemi. La ricerca della verità sta nel combattere l’elemento bestiale che è nell’uomo, liberando le sue energie so-pite, compresse e snaturate, ed esercitando su di lui, nel contempo, un’influenza profonda e catartica per restituirgli la pienezza e la dignità della vita. Questo è il fine di chi scrive, sostiene l’autore. Fine non perseguito da altri lettera-ti russi suoi contemporanei, a cui manca il cuore intelligente di questo scrittore, il suo “sguardo” e la sua sollecitu-dine per l’uomo per vivere operosamente il battito della loro epoca. Costoro parlano del popolo come di un moltitu-dine scomposta, per lo più amorfa. Agli albori della sua carriera di scrittore, anche Gor’kij è il poeta delle esplosioni spontanee del popolo generate da una disperazione distruttiva senza prospettive. Ma, poi, il legame sempre più in-timo con il movimento operaio assolve una funzione decisiva nel modo diverso di raffigurare le rivolte del movi-mento operaio. Nelle pagine de “La Madre”, il popolo russo è, infatti, rappresentato nella sua evoluzione. Esso as-surge man mano a “principio energico del processo storico capace non solo di spiegare la società, ma anche di rivo-luzionarla”. Con la storia di Pelageja Vlàsova, che attraverso il figlio emerge da un’antica rassegnazione e capisce il valore della ribellione, lo scrittore indica un’alternativa alla vana ricerca di libertà dei suoi precedenti bosjaki (strac-cioni).
Lo svolgersi dell’azione nel romanzo è filtrato attraverso gli occhi della Vlàsova, che, con il figlio, è il per-sonaggio chiave dell’allegoria, incarnando la prima il popolo, e il secondo il movimento rivoluzionario socialista, un’allegoria che, attingendo da fatti concreti, salda tra loro romanticismo e realismo. Tuttavia, il riflettore non è diretto principalmente su Pavel Vlàsov, ma su sua madre e sulla sua graduale e piena consapevole adesione alla causa rivoluzionaria. Con ciò Gor’kij valorizza non solo straordinarie figure rivoluzionarie di primo piano, ma anche personaggi semplici, “i più umili degli umili”, non per questo meno capaci di significative gesta eroiche. E poiché i soggetti rivoluzionari devono preparare la rivolu-zione, uno dei loro compiti è quello d’istruirsi. Gor’kij si sofferma ripetutamente sull’importanza dell’educazione dei lavoratori. Uno dei più importanti step della “conversione” di Pelageja alla causa ri-voluzionaria riguarda proprio la sua istruzione. Ella, recuperando alla memoria quei pochi rudimenti d’alfabeto che aveva appreso dalla scuola molti anni addietro, impara di nuovo a leggere. Il tema del pregiudizio religioso nei villaggi è ripreso più volte da Gor’kij. Descrivendo il cammino d’emancipazione di Pelageja, egli rimarca la liberazione della donna e, più in generale, dell’umanità, dai valori patriarcali e da ogni antico timore religioso. Senza offendere il sentimento religioso, l’autore concentra la sua critica sull’uso strumentale della fede, come mezzo di sottomissione dei popoli. La nuova società prefigurata da Gor’kij è permeata sì da valori spirituali e da una certa religiosità, ma il fervore religioso, limitatamente all’accettazione del “Dio giusto, buono e misericordioso” in cui crede Pelageja Nilovna, è stemperato dal “Dio di luce e di verità, Dio della ragione e del bene”. I critici letterari insistono molto sull’influenza della cristianità ortodossa sullo scrittore “del popolo”. Pure il tema della condizione delle campagne è affron-tato nel romanzo quanto quello della condizione operaia nelle fabbriche. Gor’kij anticipa qui la grande questione dell’alleanza e della solidarietà tra operai e contadini. Lo spietato sfruttamento degli operai, l’inasprimento dei rapporti tra contadini e proprietari fondiari, le sopravvivenze del servaggio e della pa-triarcalità feudale agevolano quest’alleanza e solidarietà. Il tema della fratellanza dei popoli, ripreso ne “La Madre”, s’inserisce nel clima politico della Russia all’inizio del XX secolo. Qui ci si richiama chiara-mente ai motti insurrezionali pietroburghesi e a quelli della Russia meridionale. È in corso in Russia la prima rivoluzione, quella del 1905-1907, che apre un periodo di aspre lotte interne, che culmineranno poi con la caduta dello zarismo nel 1917. Il romanzo, scritto proprio nel pieno svolgimento della prima rivo-luzione, circolerà molto presto in Europa con forti ripercussioni. Lo scrittore austriaco Stefan Zweig ave-va all’epoca affermato: “È difficile descrivere con quale forza naturale l’opera di Gor’kij avesse scosso l’Europa intera. È come se questa avesse squarciato una tenda o rotto un muro, e tutti avessero compreso con stupore, quasi impauriti, che per la prima volta prendeva la parola un’altra Russia sconosciuta, la cui voce proveniva dal petto oppresso e sofferente di un popolo intero”. Per quanto riguarda, infine, la veste letteraria del romanzo, bisogna dire che con “La Madre” Gor’kij introduce uno stile in cui il pathos posi-tivo della rappresentazione epica è estremamente dilatato. Come afferma G. Lukács: “Nei primi romanzi di Gor’kij, gli uomini ‘non possono più vivere come in passato’, ne ‘La Madre’, l’avanguardia degli ope-rai e dei contadini ‘non vuole più il passato’. Mutando la direzione fondamentale del movimento che ca-ratterizza uomini e vicende cambia pure, di conseguenza, la forma espressiva che l’accompagna. Ecco, al-lora, che “le singole scene, nonostante la grande stringatezza, pervengono ad un’ampiezza di respiro mai raggiunta altrove in Gorkij”.


Per chi volesse vedere il film di V. Pudovkin del 1926 “La Madre” (Mat’) si può collegare a:
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Search&testo=+pudovkin&tipo=testo


DIDASCALIA
Il disegno è stato realizzato da Rosanna Avogadro, liberamente tratto da un fotogramma del film di V. Pudovkin del 1926 “La Madre” (Mat’) dall’omonimo romanzo di Maksim Gor’kij.


(13 dicembre 2008)

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