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“La donna è mobile”, se non addirittura folle

“La donna è mobile”, se non addirittura folle

Teatro musicale - le protagoniste delle opere hanno sempre ricalcato i modelli di donna della propria epoca. Solo Violetta, eroina della Traviata, ricorda ai borghesi seduti in platea le loro ipocrisie e falsità, e il loro rapporto distorto con le donne

Bertolini Tatiana Lunedi, 31/10/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2011

Per concludere la serie di articoli che hanno preso in esame i condizionamenti socio culturali cui è stata sottoposta la donna per secoli, seppur con diverse intensità e caratteristiche, vorrei dare un’occhiata a quello che proponeva il teatro musicale durante l’800.

La cosa mi pare di per sé significativa in quanto il teatro è da sempre uno specchio della società e a maggior ragione in Italia in cui, a causa dell’elevato tasso di analfabetismo o semi analfabetismo, specialmente fra le donne - anche quelle di ceto elevato, il mondo del melodramma aveva sostituto la letteratura nella funzione egemonizzatrice dei valori e dei modelli culturali.

Nel teatro musicale ovviamente agiscono e lavorano anche le donne le quali però fino alla fine del ‘700 devono subire la pesante concorrenza dei “castrati” cui contendono i ruoli principali.

Nella prima metà dell'ottocento però, poiché i castrati vanno per fortuna scomparendo, si crea una sorta di vacatio che viene occupata fino all’avvento del romanticismo, proprio dai personaggi femminili affermandosi così la figura della “primadonna”.

È il periodo cosiddetto del Belcanto Rossiniano, l’apogeo della stagione dell’opera buffa. Opere come L’Italiana in Algeri, La Cenerentola e Il Barbiere di Siviglia hanno per protagoniste donne o ragazze scaltre che non trovano difficoltà a mettere nel sacco uomini più potenti di loro. Come abbiamo visto nel caso dell’abbigliamento, anche nel teatro musicale si sente il vento della Rivoluzione Francese. Non a caso Rossini era il compositore preferito da Stendhal.

Ma tutto questo, sappiamo, cessa con l’avvento della restaurazione e l’affermarsi anche in Italia dell’estetica romantica.

Il punto di svolta lo vediamo nelle opere di Donizetti. Il suo Don Pasquale ha per protagonista una spigliata Norina che accetta di sposare per finta il vecchio Don Pasquale per ridurlo a miti consigli verso suo nipote di cui lei è innamorata e che finirà poi per sposare realmente.

Mentre la più celebre Lucia di Lamermoor, tratta da un dramma di Walter Scott ci presenta il prototipo dell’eroina romantica, costretta o disposta a seconda dai casi a sacrificarsi per amore, alla quale resta solo la libertà di impazzire. Il tema della follia femminile attraverserà buona parte del melodramma italiano, oltre a fornire il pretesto per scene teatralmente tragiche e musicalmente intense, rispolvera e ripropone il vecchio tema della fragilità femminile e quindi la necessità che la donna sia guidata e protetta poiché da sola non saprebbe reggere le avversità della vita.

Il già citato Don Pasquale è l’ultima delle opere buffe del secolo XIX, con Bellini e Verdi le vicende saranno sempre drammatiche e a farne le spese saranno soprattutto le donne.

Certo, i personaggi femminili di Verdi hanno certamente maggiore spessore. Anche vocalmente presentano una tessitura più grave, in sintonia con i nuovi ruoli che vanno a ricoprire. Nelle opere buffe infatti il registro sopranile spesso è più acuto, versato nell’agilità e nei vocalizzi, che danno l'idea di personaggi nel complesso brillanti, disinvolti e soprattutto volitivi, che sanno ciò che desiderano e che alla fine riescono ad ottenerlo

(particolare resta in caso di Rossini che predilige il contralto d’agilità, ovvero una voce femminile grave ma che arpeggia ed esegue ugualmente vocalizzi anche nel registro centrale).

Nelle opere di Verdi dopo la prima fase del soprano drammatico di agilità, ovvero una voce che ha potenza nei suoni gravi ma slancio e agilità nell’acuto, subentra un registro più centrale o lirico che si avvicina maggiormente all’ideale femminino che impera nell’800.

Mogli, fidanzate, figlie sorelle, le protagoniste del melodramma romantico vivono tutte nel fascio di luce proiettato dai protagonisti maschili. Vittime di intrighi, amanti appassionate spesso sono votate al suicidio per salvare il loro amato.

Se all’inizio dell’800 nell’opera buffa la voce maschile del tenore risentiva ancora della leggerezza del timbro dei castrati, con l’affermarsi della nuova estetica romantica emerge la vocalità del tenore drammatico, più scura e possente, che nel giro di poco più di un decennio toglierà di nuovo la scena alle protagoniste femminili. Non a caso i tenori sono considerati “le primedonne al maschile”. E questo comporta un ritorno a posizioni di secondo piano alle cantanti.

Uno spazio a parte merita Traviata, un’opera di ambientazione contemporanea ai suoi tempi, dove la protagonista (una mantenuta che si innamora e tenta invano di riscattarsi dal suo stato) si afferma sia vocalmente che sulla scena a dispetto degli altri protagonisti, esprimendo una vocalità assai complessa (è definita l’opera dei tre soprani poiché per eseguirla si richiede un’interprete che abbia le caratteristiche di soprano leggero, lirico e drammatico) e che coraggiosamente ricorda, ai borghesi seduti in platea, le loro ipocrisie e falsità, e il loro rapporto distorto con le donne. Non a caso la prima rappresentazione sarà un fiasco.

Con il verismo la situazione si fa ancora più pesante, le protagoniste sono quasi tutte donne perdute che muoiono sacrificandosi per il loro amato o in espiazione dei loro peccati -anche Traviata muore ma non prima di aver smascherato il pubblico in sala- mentre i tenori sono sempre più enfatici e retorici.

Ma come vivevano nella quotidianità le prime donne del teatro? Nella realtà, come i loro colleghi uomini, erano dei paria, spesso non potevano nemmeno risiedere all’interno delle mura della città, e venivano confinate in alberghi nei quartieri a luci rosse. Quasi sempre legate alla figura dell’impresario aspiravano a sposarsi prima che le loro carriera (assai più breve di quelle odierne) volgesse al termine.

Così le prime donne sfoderavano un atteggiamento ambiguo, disprezzate in fondo dalla buona società si vendicavano con capricci, pretese a volte assurde, crisi isteriche anche violente quasi per crearsi una sorta di visibilità. Ma ricalcando, forse inconsapevolmente, il cliché di esseri fragili, volubili che non possono essere lasciati a se stessi.

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