Martedi, 04/02/2020 - L’orrore del nazismo visto attraverso gli occhi di un bambino che cerca il suo posto nel mondo, e che ha scelto come amico immaginario un Adolf Hitler umanizzato: ironico e graffiante, scoppiettante ma terribilmente serio, il film “Jojo Rabbit” del regista Taika Waititi, (trailer) racconta così la storia di un ragazzino di 10 anni, Jojo Betzler (interpretato dal biondo e delizioso Roman Griffin Davis) e della sua infatuazione per il nazismo nella Germania devastata dal regime, dove vive con la sola, amatissima madre (nei panni Scarlett Johansson, che nasconde dietro la sua apparente frivolezza un’attività segrete di propaganda contro il partito) avendo presumibilmente perso il padre al fronte ed essendo la sorella più grande Inge morta di malattia. Jojo ed il suo buffo migliore amico Yorki partecipano ad un raduno della Gioventù Hitleriana, descritto parodicamente come un campo scout dove si tirano le bombe e si incitano i ragazzini ad odiare e uccidere gli ebrei, attraverso un indottrinamento basato sui più biechi stereotipi e falsi storici. Jojo rifiuta di uccidere un coniglio, come prova di essere un vero uomo, e da quel momento gli viene affibbiato il nomignolo di ‘Jojo Rabbit’. Un giorno, mentre è alla ricerca di una sua qualche identità ariana, scopre che la madre tiene nascosta in soffitta una ragazzina ebrea (nel ruolo Thomasin McKenzie), ex compagna di scuola della figlia Inge: dopo un iniziale, diffidente approccio contro il presunto nemico, che viene affrontato con coltellino e mestolo, Jojo inizia ad apprezzare la compagnia della ragazza, intelligente e spiritosa, che disegna per lui e lo aiuta a realizzare un libro sui falsi modi in cui sono visti gli ebrei.
Ma un triste giorno Jojo trova sua madre impiccata in piazza, insieme ad altri oppositori politici, e con la fine della guerra per l’arrivo degli alleati si avvicina anche traumaticamente la fine dell’infanzia di Jojo, cui rimane solo una finta sorella ebrea, con la quale ormai esiste un legame indissolubile: entrambi hanno perso tutto ma sono ancora insieme e, per celebrare la vita come voleva sua madre e la ritrovata libertà, i due ragazzi iniziano a ballare in strada una danza catartica. Un simbolico calcio ben assestato scaraventa l’ex ‘amico’ Hitler (interpretato dal regista stessa) fuori dalla finestra, determinando la fine del coinvolgimento nazista del piccolo Jojo, che a poco a poco ha dissipato la sua confusione indotta.
"Mio nonno ha combattuto i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale - racconta il regista - e sono sempre stato affascinato da quel momento storico e da quegli eventi, così come dalle storie in cui il mondo è visto attraverso gli occhi dei bambini. Quando mia madre mi parlò del libro di Christine Leunens, 'Il Cielo in Gabbia' fui attratto dal fatto che fosse raccontato attraverso gli occhi di un bambino tedesco indottrinato all’odio dagli adulti. Avendo figli io stesso, sono ancora più consapevole del fatto che gli adulti dovrebbero guidare i bambini nella vita e allevarli perché diventino la migliore versione di se stessi, eppure spesso accade il contrario. In effetti, dal punto di vista di un bambino, gli adulti di questi tempi sembrano essere piuttosto caotici e assurdi, proprio quando tutto quello di cui il mondo ha bisogno è una guida e un po’ di equilibrio. Da ebreo maori, ho fatto esperienza di un certo grado di pregiudizio, quindi lavorare a ‘Jojo Rabbit’ è stato un modo per ricordare, soprattutto oggi, che i bambini non nascono nell'odio, vi vengono addestrati e che dobbiamo educare le nuove generazioni alla tolleranza e continuare a ripeterci che non ci deve essere posto per l'odio in questo mondo sperando che l'ignoranza possa essere sostituita dall’amore".
Ispirato al romanzo “Il Cielo in Gabbia” di Christine Leunens, il film è stato presentato in anteprima al Torino Film Festival come film di apertura e distribuito poi nelle sale cinematografiche italiane dalla Walt Disney Studios Motion Pictures con l'etichetta di 20th Century Fox Italia.
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