Venerdi, 11/12/2015 - “Mentre parlava ancora, ecco una folla; e colui che si chiamava Giuda, uno dei dodici, la precedeva, e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Ma Gesù gli disse: «Giuda, tradisci il Figlio dell’uomo con un bacio?”
Luca, 47-48.
Un bacio… quale gesto è più dolce?
Labbra su altrui labbra, labbra su altrui gote, labbra su altrui fronte, affinché, come in un morso d’amore, si nutra e si venga nutriti, per diventare, da due, uno.
Eppure, in cambio di metaforici trenta denari, un bacio può divenire osceno suggello di un tradimento perpetuato nell’ombra, a danno di chi ha riposto, ingenuamente, non ricambiata fiducia.
Nell’infanzia di Sveva Casati Modignani, narrata nel suo romanzo, i Giuda da cui viene insegnato difendersi sono molteplici: gli uomini, quasi tutti dei “cretini viziosi”; i parenti, detrattori e avidi di denaro; i ricchi, che possono comprare regali di Natale a scapito della purezza della coscienza; le spie fasciste, prima osannate poi trucidate; i Tedeschi, che conducevano i bambini nei campi di sterminio; i partigiani “dell’ultima ora”, usciti a sventolare un fazzoletto rosso il 25 Aprile, eroi e impavidi solo a guerra conclusa.
La terra di Palestina, in cui Gesù venne crocefisso, è solo lo scenario lontano di brani del Vangelo letti dal parroco della Chiesa nella quale una bambina, dai boccoli a cannolo, assiste, spettatrice e protagonista, allo svolgersi della Storia.
“Il bacio di Giuda” è, infatti, ambientato nella Milano del secondo dopoguerra, dove, nel freddo e nella povertà, prendono forma, lentamente, le promesse sia di una rinascita economica che di una rivoluzione dei costumi, prima ammantati di bigottismo e perbenismo.
Non si tratta, tuttavia, di un romanzo storico, quanto di un diario autobiografico, un florilegio di aneddoti intimi e personali, descritti con uno stile semplice ma estremamente curato, che segnano le tappe della crescita della scrittrice nel suo diventare Donna tramite, soprattutto, un confronto intenso e duro con la imponente figura materna.
“Mamma, mi dispiace tanto”, sussurrai, posandole un bacio sulla guancia. Lei mi allontanò da sé.
“Non voglio il tuo bacio di Giuda”, sibilò”.
Sveva, destinata ad un futuro di monaca, si rivela, invece, una sognatrice, una ribelle, una da baci senza sospetto, una paladina che agita i vessilli della rivolta e rifiuta i cilici del martirio.
“Il bacio di Giuda” è, pertanto, un’ennesima, e ben riuscita, analisi del legame fra madre e figlia, ossia di una relazione “amniotica”, non sempre facile, che segna il percorso di ciascuna, qualunque sia il ruolo ricoperto in quel gioco d’amore a due che in un gesto di fiducia dovrebbe culminare, nel momento in cui ci si passa il testimone, da Donna a Donna.
“Allora le domandai:
“Perché adesso non porti più la biancheria di seta?”.
“Perché non ho più l’età per queste frivolezze”, tagliò corto lei.
E concluse: “Tra qualche anno andremo dalla biancherista a ordinare qualche capo in seta per te”.
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