Lavoro/ Conciliare e/o condividere - Una riflessione sulla questione della condivisione dei ruoli domestici, nella realtà europea e in quella italiana, nonostante i dati Istat pubblicati di recente
Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2006
“Concilia?” Questa domanda, questo verbo mi fa ricordare un vecchio film di Alberto Sordi, vigile urbano. E, con questo senso per anni l’ho conosciuta: ma non solo io. I vocabolari, anche quelli moderni spiegano questo verbo, con un significato giuridico, nel senso di “ far venir meno una contravvenzione tramutandola in illecito amministrativo mediante il pagamento dell’ammenda all’autorità competente”, ma significa anche armonizzare cose tra loro contrastanti. Insomma questo verbo “conciliare” mi ha da sempre incuriosito. Da un po’ di tempo però ha incominciato a piacermi sempre meno, specialmente da quando è stato usato per descrivere le misure legislative e organizzative insieme ad altre che permetterebbero di “conciliare lavoro/famiglia”. E mi è piaciuto sempre meno perché rimanda a misure faticose da realizzare, faticose quasi sempre solo per le donne. A livello europeo, ugualmente si parla di conciliazione per indicare quelle misure volte ad armonizzare vita lavorativa e vita familiare per facilitare l’accesso e la permanenza al lavoro delle donne. Lo stesso è avvenuto in Italia, anche se da noi dobbiamo mettere in campo alcune differenze rispetto al resto dei Paesi europei.
Come stiamo infatti, in Italia su questo fronte? Piuttosto male!
La sfida lanciata dall’Unione europea a Lisbona parla di livelli minimi di occupazione femminile del 60% entro il 2010. L’Italia rischia seriamente di non raggiungere l’obiettivo prefissato e nel contempo rischia anche di continuare nel suo trend di crescita negativo rispetto agli indici di natalità. Siamo in presenza di un paradosso: siamo il Paese dell’Unione Europea con il più basso tasso di occupazione (a parte Malta, anche rispetto ai nuovi Paesi entrati lo scorso anno) ma anche quello con il più basso tasso di natalità. Ma siamo anche quello dove la redistribuzione dei ruoli all’interno della famiglia è ancora molto difficile, se non al di là da venire e, per dirla forse grossolanamente, quello dove la flessibilità nel lavoro è quasi tutta giocata sulla disponibilità delle sole donne. E sarà ripetitivo, ma un serio giudizio sulle tipologie di lavoro emanate attraverso la legge 30/03 dovremo darlo, anche per distinguere tra le varie forme e per vedere quale opportunità reali, per uomini e donne, essa offra o meno. Per non parlare della scarsa offerta di servizi (asili nido, assenti o altamente insufficienti in intere parti del paese).
Allora, quando sento parlare di conciliazione, mi sembra quasi che stiano per dare “un’altra multa alle donne”!
In un lungo e documentatissimo articolo scritto dalla direttora Centrale dell’Istat, Sabbatici, e da una ricercatrice dell’Istat, Romano, apparso recentemente su “Famiglia Oggi” vengono, con grande quantità di dati, cercate le tendenze positive che dimostrerebbero che gli uomini si stanno accingendo ad occuparsi di più dell’organizzazione della vita familiare e della vita quotidiana: ma nonostante la marea di dati, come si diceva molto interessanti, la condivisione appare lontana. Fatti alcuni conti e osservando questi dati che studiano le modifiche avvenute in 14 anni, c’è da essere molto ottimiste per non disperarsi: in tutto questo tempo: ben il 6% in più di uomini si dedica alla cucina rispetto a quelli che lo facevano 14 anni fa! Con questo trend di crescita raggiungeremo una condivisione nel cucinare forse verso il 2100 per essere ottimiste, e parliamo delle attività dove gli uomini affermano di eccellere…i grandi cuochi sono tutti maschi! Per ancora molti anni sentiremo le più “fortunate” dire mio marito mi sparecchia, mi aiuta in cucina, dove dietro quel pronome “mi” c’è la vera indicazione sulla titolarità del lavoro domestico. Quindi ancora molti anni per “conciliare” prima di condividere il lavoro domestico? Sembra proprio di sì. Allora forse hanno ragione le amiche egiziane dall’altra parte del mediterraneo, che propongono la bigamia per condividere un marito e dividere i carichi familiari per dedicarsi al lavoro e alla carriera? Più realiste di noi?
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